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Appello agli zapatisti
Appello agli zapatisti
di Alain Touraine
E’ assolutamente possibile che, dopo il primo dicembre (giorno dell’
insediamento ufficiale del presidente messicano, ndt.), il nuovo presidente
Fox prenda iniziative molto importanti in Chiapas: ritiro dell’esercito,
ratifica degli Accordi di San Andrés, ecc. Il nuovo governatore (del
Chiapas, ndt.) Salazar agirà probabilmente, dal canto suo, nel senso del
ritorno alla pace. Niente di tutto ciò è certo, ma bisogna riconoscere che
il principale elemento di incertezza è oggi il silenzio degli zapatisti. Per
definizione, è impossibile interpretarlo in modo certo, ma si può già da
oggi interrogarsi su quel che può accadere il primo dicembre. L’Ezln può
trovarsi in una falsa posizione: non può rispondere alla pace con la guerra;
non gli servirebbe a nulla trascinare in lungo i negoziati, ciò che darebbe
l’impressione che ha paura di un accordo. Se non prenderà alcuna iniziativa
rilevante nel prossimo futuro, il movimento zapatista rischia di diluirsi,
di sciogliersi dentro la vita politica o di decomporsi.
Per anni, Marcos è stato convinto che il movimento zapatista doveva entrare
nella vita politica, benché col pericolo di essere divorato dagli apparati
dei partiti. L’idea di una alleanza con il Prd (partito di centrosinistra,
ndt.) è meno convincente, dacché questo parito, come il Pri (il partito
regime, ndt.) e lo stesso Pan (il partito del nuovo presidente Fox, di
destra, ndt.), sono minacciati da scissioni o per lo meno da gravi crisi
interne. Quanto a creare un nuovo partito politico, sarebbe un progetto
senza contenuto, data l’influenza attuale dei tre grandi partiti.
Queste osservazioni negative portano a presentare un’altra prospettiva sull’
avvenire possibile, in relazione a quel che il movimento zapatista ha
significato in Chiapas, a Città del Messico, in tutto il Messico e all’
estero. Esso ha offerto un progetto tanto innovativo quanto rilevante: fare
della difesa delle identità culturali un mezzo per estendere la democrazia
politica ed economica in tutto il paese. Il contrario delle guerriglie del
passato, che mobilitavano una forza rivoluzionaria, formata soprattutto da
giovani colti e urbanizzati, contro lo Stato nazionale. Il movimento
indigeno dell’Ecuador, il più cosciente di se stesso, ha riflettuto nello
stesso senso; lo stesso, qualche anno fa, il neo-catarismo in Bolivia.
Oggi gli zapatisti possono creare un movimento nazionale chiamando il
Messico a riflettere sulla sua identità e in particolare sul ruolo che
devono occupare nella vita nazionale non solamente le minoranze etniche ma
anche tutti coloro che sono travolti dall’esclusione e della
discriminazione. Non è il programma di un movimento politico, questo, ma di
un movimento sociale. Che può, partendo dal Chiapas, risvegliare iniziative
in molti stati messicani – anche se movimenti come quello del Guerrero sono
ancora vicini al modello antico della guerriglia. Non mancherebbero le
associazioni o gli intellettuali o i giornalisti disposti ad appoggiare un
tale movimento, allo stesso tempo in nome dei diritti culturali degli
indigeni e dei bisogni della democrazia messicana che si deve costruire.
Non si tratta solo, in effetti, del futuro delle idee zapatiste, ma allo
stesso titolo delle sorti della democrazia in Messico, che non sono ancora
al sicuro. E’ difficile, per partiti che si sono definiti in rapporto allo
Stato – e non solo il Pri, che nello Stato era incorporato – diventare
attori indipendenti di un sistema politico a sua volta libero dallo Stato.
Questo grande programma di liberazione delle forze politiche dalla tutela
dello Stato non può essere condotto a buon fine, se i partiti politici non
sono spinti in avanti, rafforzati nella loro volontà di indipendenza, da
movimenti popolari. E tra questi il movimento zapatista è il più importante,
perché impone una ridefinizione dello "spazio pubblico", dei diritti
culturali degli indigeni e della stessa identità messicana. Ciò che può
anche tradursi in iniziative in altri campi, in quello della
decentralizzazione o in quello del rispetto di diritti dell’Uomo.
Queste suggestioni riposano su un’idea semplice: la missione storica del
movimento zapatista non è esaurita; al contrario, l’avvenire prossimo può
dargli un’importanza ancora più grande di quella che ha acquistato dopo il
1994. La società messicana è la più violenta, la più creativa del
continente. E’ capace di realizzare grandi cambiamenti, andando oltre la
distruzione del partito-Stato. Il movimento zapatista, che ha ottenuto ampi
sostegni nella capitale così come nei paesi stranieri, come la Francia, l’
Italia e la Spagna soprattutto, non deve dissolversi in lotte e rivalità
subalterne. Potrebbe anzi essere l’agente di iniziative molto ampie, molto
mobilitanti, che rafforzerebbero la democrazia nascente dandole quel
contenuto sociale che, finora, non ha avuto.
Il subcomandante Marcos e quelli che condividono le sue convinzioni e i suoi
progetti dispongono di una influenza, di una autorità politica e morale che
permette loro di prendere grandi iniziative. E’ già magnifico che gli
zapatisti siano usciti dall’impasse delle guerriglie e abbiano conciliato la
difesa comunitaria con la democrazia nazionale. Ma ora essi possono e devono
andare più lontano e lanciare una campagna e un’azione per la creazione di
una democrazia sociale, capace di lottare cointro le discriminazioni. Posso
aggiungere, a titolo personale, che avendo fatto parte di quelli che da
lungo tempo hanno sostenuto la causa zapatista, sono convinto che gli
zapatisti possono servire la democraziua e la causa indigena ancora più
utilmente ch enel passato, formando un movimento aperto ad altre
preoccupazioni, rafforzato in particolare dall’azione delle donne e da
quella dei movimenti di quartiere e che sarà capace di "inventare" la
democrazia in Messico.
Io mi auguro che da diverse parti della società messicana, e anche dai paesi
stranieri, si moltiplichino degli appelli agli zapatisti come quello che io
pubblico qui. Noi abbiamo tutti bisogno, come democratici, di un movimento
zapatista più vasto e più forte.
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