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elezioni in Chiapas
Pierluigi Sullo
"In Chiapas c’è più che una elezione, in gioco, più che un po’ voti o un
posto da governatore: è in gioco la guerra o la pace". Sono parole di Pablo
Salazar Mendiguchía, il candidato che tenterà di sconfiggere, nelle elezioni
statali in calendario per domenica 20 agosto, il candidato del Pri (Partido
revolucionario institucional), che, fino a domenica 2 luglio, quando si votò
per eleggere il presidente della repubblica, aveva detenuto il potere,
ininterrottamente, dal 1929. Questa volta, finalmente, il candidato
ufficiale, Francisco Labastida Ochoa, fosco ministro degli interni del
presidente uscente Zedillo, è stato sconfitto, sebbene dal candidato della
destra, Vicente Fox.
Ma in uno stato della federazione Labastida aveva comunque stravinto: in
Chiapas. Nello stato meridionale, dove il primo gennaio 1994 esplose l’
insurrezione indigena zapatista, il Pri si era assicurato 11 dei 12 posti da
deputato federale e tutti e due i seggi da senatore (si trattava anche di
elezioni legislative). E aveva vinto, il Pri, con i metodi
clientelar-ditattoriali per i quali è diventato famoso nel mondo. E forse
anche peggiorandoli. Programmi di spesa sociale come il Servicio Estatal de
Empleo o Procampo (per i contadini) sono stati sfacciatamente usati per
comprare voti, grazie anche a una sorta di consorzio di finanziamento
formato dai governatori degli stati vicini, un comitato d’affari noto come
il "sindacato". "E’ stato usato molto denaro liquido", dice il candidato
anti-Pri, che cita anche i rapporti di Alianza Civica, una organizzazione
cittadina che ha monitorato il voto in tutto il paese, secondo cui in molti
seggi persone che avevano appena votato mostravano a tutti le schede come
assicurazione della loro fedeltà al Pri.
E del resto il posto di governatore del Chiapas, dato appunto lo stato di
guerra contro gli zapatisti che ha convogliato nella regione un terzo degli
effettivi dell’esercito federale (ovvero tra 60 e 70 mila militari), è un
posto chiave. L’ultimo governatore regolarmente eletto, Ruiz Ferro, dovette
dimettersi all’inizio del ’98, travolto dallo scandalo delle complicità
statali con gruppi paramilitari come quello responsabile della strage di
Acteal, del dicembre ’97, quando una quarantina di indigeni cattolici furono
assassinati durante una funzione religiosa. Il governo federale nominò
allora un sostituto, Roberto Albores Guillén, che ha tranquillamente
proseguito nella politica di fiancheggiamento dell’esercito e dei gruppi
paramilitari nella persecuzione degli indigeni zapatisti. Il candidato
attuale del Pri, Sami David David, non sembra di un’altra pasta: e le prove
di uso di denaro pubblico per sostenere la sua campagna cominciano ad
apparire evidenti.
Ma dall’altra parte, per la prima volta nella storia messicana, si è
formata, sotto l’insegna "Alianza por Chiapas", una alleanza che raduna ben
otto partiti, tra i quali soprattutto il Pan (Partido de acción nacional),
la formazione politica del neopresidente Fox, e il Prd (Partido de la
revolución democratica), di sinistra. Partiti entrambi sconfitti, nel voto
chiapaneco del 2 luglio, e di forza quasi equivalente. Ma che, insieme,
potrebbero riuscire ad eleggere Mendiguchía. A sottolineare l’importanza
della questione, a fine luglio, in un albergo di Città del Messico, gli otto
partiti si sono riuniti, alla presenza di diversi governatori di stati della
federazione e della stessa Rosario Robles, attuale sindaco della capitale e
militante del Prd, per stringere il patto anti-Pri e approvare un programma
comune. Che ha al suo centro, ovviamente, la riapertura del processo di pace
in Chiapas.
Riusciranno a sconfiggere finalmente il Pri? E’ la domanda da porsi,
domenica 20 agosto, all’apertura delle urne, sapendo che anche dal governo
dello stato passa la possibilità di un cambio significativo nella politica
nazionale e, in questo ambito, della questione indigena.
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dormono perchè hanno fame e quelli che non dormono perchè hanno paura di
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