Il golpe brasiliano è una applicazione della Shock Economy? Diciamo "no" allo shock, ma anche "si" a un nuovo progetto post-estrattivista che i movimenti popolari devono elaborare insieme.
Brasil de Fato (Rafael Tatemoto) intervista Naomi Klein, São Paulo 1 giugno 2016
La Klein sosteneva in Shock Economy (2007) che le crisi e il caos sono utilizzate dalle elite per sostenere politiche inaccettabili che le arricchiscono e impoveriscono la maggioranza.
In Brasile " Stanno sfruttando una situazione di caos, di mancanza di democrazia per imporre qualcosa che non riuscirebbero a imporre senza una crisi e con una democrazia reale".
Brasil de Fato - Nel suo libro "Shock Economy", lei denuncia, quel che considera la falsa relazione tra neoliberismo e democrazia politica. Le dittature militari latino-americane occupano un ruolo importante nella sua tesi. Ce lo potrebbe spiegare?
Naomi Klein - La tesi che sviluppo in quel libro è che ci hanno raccontato storia di fate su come questa forma estrema di capitalismo ha colonizzato il mondo. Questa versione fantasiosa è che si sarebbe diffusa in modo pacifico, attraverso le democrazie che l'avrebbero scelta. Invece, se guardiamo alla storia dei primi luoghi in cui il neoliberismo è stato imposto, le cose sono andate esattamente all'opposto. E' stato necessario stravolgere la democrazia perchè si sviluppasse.
Le radici del pensiero neoliberista sono all'Università di Chicago, che ricevette un grande appoggio dalle industrie nord-americane, che erano abbastanza preoccupate rispetto ad una svolta a sinistra negli USA. Ricevette appoggio, per esempio, dal presidente della Citibank. C'era molta preoccupazione che, negli anni 60, lo spettro ideologico si stesse muovendo molto a sinistra. Quel che è davvero interessante è che, quando c'è stato un presidente statunitense di destra tra fine anni 60 e inizio anni 70, Richard Nixon, nonostante egli avesse contrattato consiglieri che venivano dall'Università di Chicago, loro non sono riusciti a imporre queste idee neoliberiste estreme in una democrazia, perchè queste idee erano molto impopolari. E' noto il fatto che Nixon era contrario ai consigli degli economisti della Scuola di Chicago, come Milton Friedman. Lui introdusse una serie di regolamenti ambientali e misure di controllo di salari e prezzi perchè l'inflazione era molto alta. Friedman ha detto che "Richard Nixon è stato il presidente più socialista degli Stati Uniti". Quello che è importante è che mentre questo progetto è fallito negli Stati Uniti, questi stessi economisti hanno introdotto le idee neoliberiste in America Latina durante gli anni 70, ma solo dopo la realizzazione di colpi di Stato.
L'esempio più famoso è quello del Cile: dopo la caduta del presidente Allende, quando i militari hanno instaurato una collaborazione con gli economisti della Scuola di Chicago, facendo diventare il paese un laboratorio per queste idee. Friedman ha sempre affermato che la realizzazione di queste idee con mezzi brutali non aveva relazione con le idee in sè, ma persone come Orlando Letelier (diplomatico cileno durante il governo Allende) dicevano che erano due lati della stessa medaglia: non è possibile introdurre, in democrazia, questo tipo di idee in paesi con una grande popolazione povera che trae benefici da politiche redistributive.
Lei si è mostrata speranzosa sulla resistenza agli "shock", perchè le persone avrebbero imparato dalle esperienze precedenti. Come vede, per esempio, quel che è successo in Europa dopo il 2008, quando la crisi finanziaria internazionale è scoppiata e le politiche di austerità sono state realizzate nei paesi del sud di quel continente?
Questa è una domanda molto buona. Ho pubblicato Schock Economy nel 2007, poco prima del collasso finanziario. Onestamente, direi che quando l'ho scritto ero un'ingenua. Proponendomi di ostacolare questa tattica, io pensavo che se le persone avessero realmente capito la tattica - cioè che le crisi e il caos sono utilizzate dalle elite per sostenere politiche inaccettabili che le arricchiscono e impoveriscono la maggioranza - avrebbero detto "no" e la resistenza avrebbe funzionato. Ma io penso che quel che abbiamo potuto vedere rispetto a quel che è successo in Grecia e in Spagna e in realtà in tutto il sud d'Europa, è che resistere dicendo soltanto "no" - "non vogliamo l'austerità" - è solo il primo passo, non è sufficiente.
ll caso di Syriza è esemplare: anche quando i governi antineoliberisti vincono, ci sono maniere di condizionarli. E' necessario esprimere un "no" forte alla "dottrina dello shock", ma, soprattutto, in un momento di grandi crisi economiche, ci deve essere anche un "si" nel quale credere: ci deve essere un'articolazione simultanea delle alternative alla "dottrina dello shock", che devono andare oltre lo status quo.
Questi momenti di crisi richiedono una risposta. Le crisi dicono che qualcosa è sbagliato nel sistema. Noi sappiamo che la destra ha questa tattica dello shock, ma ci deve anche essere quel che io chiamo "shock popolare", una forma alternativa di rispondere alle crisi.
Questa la ragione per la quale ho scritto "Una rivoluzione ci salverà" perchè viviamo in un tempo di crisi multiple, nelle quali il sistema sta fallendo in varie dimensioni. Sta fallendo economicamente, ma anche ecologicamente. Quello che io credo è che dobbiamo rispondere a queste molteplici crisi sviluppando una visione coraggiosa su come deve essere l'economia in futuro, per tirarci fuori da questa situazione di crisi in serie.
Il fallimento del centro-sinistra, in genere è stato quello di non riuscire ad articolare una alternativa abbastanza audace, non solo rispetto al neoliberismo ma all'economia estrattivista in senso più ampio.
Come interpreta l'impeachment alla presidente Dilma Rousseff? Alcuni analisti brasiliani utilizzano le sue idee per spiegare quello che sta succedendo. E' d'accordo con loro?
Ho visto che queste analisi applicano la dottrina dello shock a quello che sta succedendo in questo momento in Brasile e io penso che sono convincenti. Il fatto che Dilma sia stata rieletta ha certamente frustrato le elite brasiliane. E' anche chiaro che ci sono timori (da parte dei politici) di essere indagati negli scandali, il che ha spinto verso questo progetto (di vedere Dilma fuori dal governo). Io non so quale sia la motivazione prevalente, ma stanno succedendo diverse cose: il desiderio di liberarsi dalle accuse di corruzione e l'pportunismo di "non sprecare una crisi". Questa è una frase di Rahm Emanuel, sindaco di Chicago. Lui ha imposto una serie di politiche neoliberiste che sono state incredibilmente distruttive, particolarmente per l'educazione e l'abitazione.
Il PT non è stato perfetto da nessun punto di vista. Tuttavia, la redistribuzione ha portato a una riduzione della disuguaglianza ed è stata combattuta la povertà estrema. Questo è significativo e ha creato le condizioni per la rielezione.
Io realmente non so quale è stata la forza motrice, ma la rielezione di Dilma, certamente, ha demoralizzato le elite brasiliane e gli ha fatto capire che non avevano le condizioni di imporre queste politiche lucrative per loro.
Rispondere alle crisi non è una cosa nuova. Quel che sostengo nel libro Shock Economy è che il neoliberismo è stato un modo opportunista di farlo, non per risolvere le cause delle crisi, ma solo per imporre politiche che arricchiscono le elite e causano più crisi. E' questo che stiamo vedendo in Brasile.
Il Fondo Monetario Internazionale ha appena pubblicato un rapporto nel quale dice che il neoliberismo ha completamente fallito: non ha prodotto crescita, ha prodotto massiccia disuguaglianza e instabilità. E queste sono proprio le politiche che vengono imposte in Brasile, come una supposta soluzione alla crisi economica, anche se sappiamo che non funziona. E non succede questo perchè le elite brasiliane non hanno letto il rapporto del FMI, ma perchè sono politiche che producono enormi profitti per una minoranza della popolazione. Stanno sfruttando una situazione di caos, di mancanza di democrazia per imporre qualcosa che non riuscirebbero a imporre senza una crisi e con una democrazia reale.
Lei è d'accordo sull'idea che si tratti di un golpe?
Non c'è dubbio che la democrazia brasiliana sia sotto attacco. La lotta alla corruzione è stata solo un pretesto per liberarsi della presidente eletta democraticamente. E' un tipo di golpe diverso. Non è un golpe militare - con i carri armati nelle strade - e non dobbiamo certo dire che sono la stessa cosa -, ma, realmente, siamo di fronte a un profondo attacco alla democrazia.
La “storia ufficiale” del neoliberismo indica i governi Reagan e Thatcher, in paesi ritenuti democratici, come l'origine di queste politiche. Nel suo libro, tuttavia, lei parla di come la Thatcher ha combattuto i sindacati. Anche nelle democrazie, il neoliberismo è autoritario? Dobbiamo aspettarci la stessa situazione in Brasile?
Quello che spiego in Shock Economy è che la Thatcher non è stata capace di imporre l'agenda neoliberista nel Regno Unito durante il suo primo mandato. Lei ha anche scritto una lettera a Friedrich von Hayek, che cito nel libro: in una democrazia è impossibile fare quel che è stato fatto in Cile. Ciò che è successo dopo è che è esplosa la Guerra delle Malvine (dell'Inghilterra contro l'Argentina) e la Thatcher ha sfruttato il sentimento ipernazionalista e si è reinventata come la "prima-ministra per i tempi di guerra", così come Churchill, ed è riuscita a ottenere la rielezione e allora ha attaccato i sindacati.
I sindacati sono sempre una grande barriera all'instaurazione dell'agenda neoliberista. Io racconto la storia di quel che è successo in Bolivia negli anni 80, quando i dirigenti sindacali venivano sequestrati perchè non potessero organizzarsi mentre era imposto lo shock neoliberista.
Ceramente, ci sarà un qualche tipo di strategia per far cessare le mobilitazioni. Ma io credo che, in Brasile, i giochi non sono ancora fatti. Le storie stanno cambiando continuamente, le persone stanno facendo proprio quello che devono fare, resistere nelle strade. Le rivelazioni delle conversazioni che rivelano la cospirazione prima del golpe cntinuano a creare una situazione di crisi politica. Questo deve essere divulgato fuori dal Brasile, facendo pressione sui governi stranieri. Noi non dobbiamo accettare l'idea che tutto continuerà così com'è ora.
Recentemente, c'è stato un grande disastro ambientale in Brasile. Nella sua ultima opera "Una rivoluzione ci salverà" lei dice che il capitalismo non solo ha accresciuto le disuguaglianze, ma, oggi, rappresenta un rischio per la stessa esistenza dell'umanità? Può spiegarcelo?
Quello che sappiamo è che, se continuiamo a fare quello che stiamo facendo, raggiungeremo un livello di riscaldamento insopportabile. Siamo in un momento in cui il capitalismo e la ricerca di crescita perpetua sono in guerra contro la vita sulla Terra. Stiamo arrivando a un livello in cui buona parte del pianeta sarà inabitabile per gli esseri umani. Sta succedendo più rapidamente di quanto immaginavamo. Lo sbiancamento dei coralli, l'anno scorso, è stato senza precedenti. L'India e il Pakistan stanno attraversando onde di calore di 51º C - qualcosa che gli esseri umani non possono sopportare. E questo rappresenta, nella media globale, un aumento di appena 1°C - e noi stiamo andando verso un aumento di 6º C, a meno che non siano assunti provvedimenti differenti da quelli presi fin qui, da parte dei governi.
Le crisi sono segnali che ci dicono che c'è qualcosa di sbagliato nella forma in cui organizziamo la nostra società. Le crisi economiche indicano il fatto che si tratta di qualcosa di sistemico. Quando pensiamo agli anni 20 e 30, quando ci fu la Grande Depressione, la sinistra rispose con alternative molto forti: proposte su come reinventare quel sistema. Quando noi affrontiamo uno shock climatico - alluvioni, incendi, grandi tempeste - dobbiamo rispondere cercando di cambiare il sistema per cercare di smettere di affrontare questi shock.
L'Accordo di Parigi sul clima non è abbastanza vicino alle necessità e non ha potere vincolante - è per questo che Donald Trump ha detto che cancellerà la partecipazione degli USA.
Questo sta succedendo perchè abbiamo un sistema che ci incoraggia a cercare una crescita infinita a qualsiasi prezzo. Abbiamo economie estrattiviste e vediamo che i governi di sinistra hanno anch'essi fallito nel confrontarsi con questa logica. Questo è vero per il Venezuela, l'Equador e anche per il Brasile.
E' per questo che dico che, in questi momenti di crisi, il sistema si rivela a se stesso come irrealizzabile. Noi dobbiamo dire "no" alla dottrina dello shock, ma dobbiamo anche andare oltre, proporre un "si". Dobbiamo elaborare una visione che vada alla radice, tanto dell'instabilità economica, come di quella ecologica. In questo momento, questa è la vera sfida per i brasiliani e le brasiliane. Quello che sappiamo da altri paesi è che il "no" da solo non è sufficiente, perchè durante le crisi economiche, le persone vogliono soluzioni. Non vogliono la dottrina dello shock. Quindi la domanda è: Qual è la soluzione? Qual è il piano?
Era la mia domanda successiva…
Non posso rispondere per il contesto brasiliano, ma posso dire che in Canada, dove vivo, sono stata coinvolta in un processo, con vari movimenti sociali, che è culminato nel Manifesto del salto [Leap Manifesto]. E' una visione della società che vogliamo: come passare da una economia estrattivista - che sfrutta senza fine la Terra, i corpi e la società - verso un modello che rispetti il pianeta e garantisca il rispetto per l'altro. Abbiamo formulato 15 domande di politiche che ci farebbero arrivare al nostro obiettivo. E' stato un processo meraviglioso di connessione tra movimenti ambientalisti, organizzazioni contro l'austerità, contro i trattati di libero commercio (come il TTPP), a favore dei diritti degli indigeni.
La nostra prospettiva si è basata sulla visione del mondo dei popoli originari, imparando dalle prime nazioni del nostro paese. Sosteniamo, per esempio, l'uso di una energia al 100% rinnovabile, ma vogliamo anche cambiare la forma della proprietà: nè il controllo delle grandi corporation, nè del grande potere statale, vogliamo un controllo comunitario. Otre a questo, i primi beneficiari di questo nuovo modello devono essere le comunità danneggiate dall'industria sporca. Quindi (in Canada), in primo luogo gli indigeni e poi i latini e i negri.
E' quel che chiamiamo transizione giusta verso l'economia futura. Abbiamo tentato di produrre questa elaborazione, magari può essere utile perchè in Brasile la possiate conoscere e ispirandovi a essa realizzare un processo simile: unirsi e immaginare il progetto di una economia post-estrattivista.
(traduzione Serena Romagnoli)