Migliaia di senzatetto occupano il Parco
Indoamericano a Buenos Aires e la Polizia Metropolitana, controllata dal
governatore di destra della città, spara e ne assassina tre. Di fronte al
governo prima di Néstor Kirchner e poi di Cristina Fernández, che dal 2003
hanno proclamato che non si reprimerà la protesta sociale con la forza, la
destra al governo nella capitale, usa i suoi uomini per rinverdire l’uso
della violenza e rinnova l’argomento razzista: tutta colpa dei
migranti.
L’occupazione per la richiesta di case
popolari è cominciata martedì scorso. Immediatamente la polizia
metropolitana, alle dipendenze del governatore Mauricio Macri, ha aperto
il fuoco. Bernardo Salgueiro, un ragazzo paraguayano di 22 anni, e
Rosemary Churupuña di 28 anni, boliviana, secondo alcune fonti, sono stati
praticamente “fucilati” dalla polizia. Da lì non solo l’occupazione non è
cessata, ma centinaia di altre persone sono giunte a dar man forte a chi
chiede un alloggio. I presunti responsabili degli omicidi, membri della
polizia metropolitana controllata dal governo di destra della città, sono
stati immediatamente sospesi dal governo federale e la magistratura ha
ordinato la perquisizione della sede della stessa polizia metropolitana.
Da quel momento è cominciato un rimpallo
di responsabilità tra le due polizie, il governo della città e quello
nazionale. Per Macri la responsabilità è proprio della Polizia Federale
che, dopo essere in un primo momento stata presente sul posto, prima che
la situazione degenerasse si è ritirata. Non avendo appoggiato la Polizia
della città, avrebbe permesso che questa fosse sopraffatta dalla
[inesistente] “immigrazione senza controllo, mafiosa e narcotrafficante”
unica responsabile di tutti i problemi di Buenos Aires (sic). Inoltre
Macri, ha voluto sostenere (vecchia menzogna) che i morti non siano stati
causati dalla sua polizia ma da scontri tra gli stessi dimostranti e si è
rifiutato di commentare il fatto che il suo governo avrebbe sviato ad
altri fini i fondi ricevuti dal governo federale per le politiche
abitative. Nel frattempo un terzo morto, un ragazzo, è spirato in ospedale
e sarebbero comparse squadre di civili armati che avrebbero attaccato gli
occupanti. Intanto il ministro di giustizia e sicurezza del governo
federale, Julio Alak, ha confermato che la polizia federale non può
intervenire perché per le occupazioni di terreni la competenza è di quella
metropolitana e vari esponenti del governo della nazione hanno
stigmatizzato l’operato e le dichiarazioni di Macri.
Le dichiarazioni razziste con le quali
Mauricio Macri e alcuni dei suoi più stretti collaboratori hanno cercato
di sviare l’attenzione e le proprie responsabilità per i tre morti di
Villa Soldati (la zona dove si trova il parco, con la più alta mortalità
infantile della città), non sono una novità e si inseriscono in un
contesto nel quale la legge kirchnerista del 2004 sull’immigrazione, che
ha sostituito quella della dittatura mantenuta per oltre vent’anni dopo
questa, ha garantito il massimo grado di diritti e di regolarizzazione ai
migranti che invece il governo Macri vorrebbe conculcare.
In epoca neoliberale Carlos Menem ha
usato più volte l’argomento xenofobo per incolpare i migranti boliviani,
peruviani e paraguayani per la microcriminalità dovuta al modello di
esclusione economica. In realtà i migranti di paesi latinoamericani più
poveri che vengono a cercar fortuna nel gran Buenos Aires si sono
mantenuti costanti intorno al 3% della popolazione fin dal censimento del
1869. All’epoca del peronismo classico, e più avanti fino alla dittatura
del 1976 dei 30.000 desaparecidos, l’argomento razzista rinverdito da
Macri, è stato uno dei più classici sollevati dai “gorilla” antiperonisti.
I peronisti erano considerati infatti “testoline nere”, immigrati interni
dal nord indigeno del paese che venivano a macchiare etnicamente la
capitale bianca ed europea.
La creazione della polizia metropolitana
è stato uno dei pezzi forti della campagna “legge e ordine” con la quale
Macri vinse le elezioni a governatore di Buenos Aires. Peccato che per
crearla si è affidato spesso agli scarti della già non irreprensibile
polizia federale, chiamando corrotti, espulsi, condannati per depistaggio
nel caso dell’attentato terroristico dell’AMIA e perfino vecchi avanzi
della dittatura
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