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Wendelin - definitivo
- Subject: Wendelin - definitivo
- From: annalisa melandri <annalisamelandri at yahoo.it>
- Date: Fri, 14 May 2010 16:47:29 +0000 (GMT)
Intervista a Walter Wendelin
di Annalisa Melandri
www.annalisamelandri.it Il 28 marzo scorso, l’internazionalista basco
di origine tedesca Walter Wendelin al suo arrivo a Caracas è stato
fermato dalle autorità venezuelane, espulso dal paese e mandato in
Spagna senza che avesse nessun mandato di cattura, richiesta di
estradizione o carico pendente con la giustizia spagnola. Walter,
militante del movimento internazionalista Askapena, la Sinistra
Abertzale (nazionalista), era diretto in Venezuela per illustrare ai
politici e ad altri internazionalisti il processo democratico che la
Sinistra Indipendista basca sta portando avanti da alcuni mesi chiamato
Zutik Euskal Herria (Euskal Herria in piedi).
“E’ stata una questione prevalentemente
politica e scorretta dietro la quale si nasconde la mano occulta
dell’esecutivo spagnolo” ci spiega Walter in questa intervista nella
quale ci fornisce come strumento di analisi la sua visione
rivoluzionaria e militante rispetto a quanto accaduto, invitando a non
“sbagliarsi mai nell’individuare il vero nemico”, essendo note le
difficoltà che deve affrontare il processo rivoluzionario in Venezuela e
come questo sia oggetto di molteplici attacchi sia sul fronte interno
che esterno.
A.M: Walter, ci puoi raccontare come si
sono svolti i fatti nell’aeroporto di Caracas?
W.W. – Semplicemente si sono presentati
agenti del Servizio Bolivariano di Intelligence, la antica DISIP,
chiedendomi di seguirli per rispondere ad alcune domande. Mi hanno
anche detto che poi mi avrebbero accompagnato dove ero diretto. Ho
avvisato quindi le persone che mi stavano aspettando all’uscita
dell’aeroporto informandoli che mi trovavo all’ Helicoidal, l’edificio
del SEBIN. Lì ho parlato con gli agenti e con il personale del
servizio di Immigrazione. Purtroppo alla fine mi hanno invitato ad
abbandonare il paese senza spiegazioni ufficiali; sono stato portato
in un hotel per passare la notte ed il giorno seguente accompagnato
all’aeroporto. Loro stessi hanno provveduto a cambiare il biglietto.
Hanno cercato di farmi firmare una dichiarazione di espulsione, cosa
che non ho fatto perché quanto riportato non corrispondeva al vero. Il
fatto di non averla firmata d’altra parte non ha comportato nessun tipo
di problema. Siccome viaggiavo con i miei documenti era chiaro però che
non si trattava di una espulsione regolare come hanno constatato anche
le autorità francesi all’arrivo all’aeroporto di Parigi dove sono stato
interrogato per circa un’ora su quanto accaduto. Poi ho proseguito il
mio viaggio verso Gasteiz.
A.M. – Hai qualche carico pendente o un
mandato di arresto da parte della giustizia spagnola?
W.W. – Se avessi avuto qualcosa in sospeso
con la giustizia venezuelana, spagnola o francese, o qualche mandato di
cattura da parte dell’Europol o dell’Interpol non potrei rispondere a
queste domande tranquillamente da casa come sto facendo adesso. Quindi
si tratta di una questione meramente politica e scorretta dietro la
quale si cela la mano occulta dell’esecutivo spagnolo. Per impedire che
in Venezuela e nel resto del mondo si conoscano i fatti e le analisi di
quanto accade in Euskal Herria, i Paesi Baschi, da un punto di vista
non gradito al governo spagnolo, vengono utilizzate queste modalità
poco serie e poco degne che dimostrano la sua debolezza ma che non per
questo fanno meno danno e causano meno sofferenza. Alcuni media infatti
hanno raccolto dichiarazioni dell’ambasciata e del ministero degli
esteri spagnolo che affermavano che quello era esattamente il tipo di
collaborazione che si aspettavano dal governo Chávez.
A.M. – Qual è la tua opinione sui reali
motivi della tua espulsione dal Venezuela?
W:W. – Immagino che da parte del Venezuela o
della sua intelligence si sia voluto compiere un gesto di buona volontà
e di collaborazione con il Regno di Spagna dopo aver firmato una serie
di contratti con importanti multinazionali spagnole. Non bisogna
dimenticare le pressioni della opposizione “escualida” che
attacca il governo accusandolo di complicità con il “terrorismo
internazionale” – FARC, ETA-Batasuna, Iran… - e con tutto l’asse del
male e che si presenterà alle elezioni legislative in settembre o in
ottobre. La situazione del governo Chávez è complicata sia rispetto a
questa opposizione che all’ amministrazione USA ma anche internamente
rispetto allo stesso chavismo e dalla sua vittoria dipende non
soltanto il futuro dei venezuelani e delle venezuelane ma anche il
successo di tutto il processo bolivariano in America.
Anche da parte del Regno spagnolo ci sono due
ragioni che sono abbastanza evidenti. La prima è che la Spagna ha
dovuto dimostrare al suo padrone, l’impero statunitense e
principalmente alla sua amministrazione e alle sue multinazionali
finanziarie che nonostante abbia firmato con il Venezuela contratti
vantaggiosi per il capitale spagnolo ma anche per la rivoluzione
bolivariana, non vuole contribuire a favorire il processo
rivoluzionario bolivariano nemico degli Stati Uniti.
La seconda è che esiste una campagna
iniziata alcuni mesi fa da parte del Ministero dell’Interno spagnolo per
criminalizzare, danneggiare e impedire il processo democratico – ZUTIK
EUSKAL HERRIA – che sta portando avanti la Sinistra Indipendentista
Basca. Si tratta di una iniziativa unilaterale senza ricorso alla
violenza e secondo principi democratici (come sempre ha fatto la
Sinistra Abertzale) che riporta il confronto in un terreno
prevalentemente politico dove lo Stato spagnolo è ogni giorno più
debole; proprio per questo lo Stato spagnolo preme per collocare il
conflitto politico facendolo rientrare nello schema della lotta
“antiterrorista” anche sul piano internazionale.
A.M. – Walter, tu sei sempre stato molto
solidale con la rivoluzione bolivariana. Nell’intervista rilasciata a
Miguel Suarez di Radio Café Stereo fai un appello a non cadere nella
“trappola mediatica” che può offrire quanto è accaduto a Caracas. Cosa
significa?
W.W.- Ho voluto dire principalmente che non
dobbiamo mai sbagliarsi nell’individuare il vero nemico e a maggior
ragione per un incidente di questo tipo. Quindi non voglio dare
importanza all’accaduto poiché, come ho detto prima, è la dimostrazione
delle reali difficoltà pratiche che soffre il processo rivoluzionario
in Venezuela a causa del criminale e immorale attacco dell’imperialismo
yankee, del sub-imperialismo spagnolo e con la complicità della
borghesia “escualida” venezuelana con il suo progetto capitalista
neoliberale.
Detto in altre parole: si deve cogliere la
differenza tra gli errori e le debolezze delle compagne e dei compagni
di lotta e gli attacchi del nemico, bisogna inoltre saper individuare
molto bene le quinte colonne nei processi rivoluzionari. Facendo tali
distinzioni è molto importante non aggrapparsi ai propri principi
individuali considerandoli come valori assoluti, i principi
rivoluzionari devono sempre essere collettivi. Dall’altra parte troviamo
la manipolazione mediatica. Ne è esempio il titolo di un giornale
venezuelano che parlava di “detenzione illegale di un etarra”. Senza
entrare nel merito della valutazione dei principi deontologici dei
giornalisti, né della loro etica professionale, che lascia molto a
desiderare, dobbiamo stare molto attenti all’influenza che hanno le loro
menzogne e le loro mezze verità, che vengono ripetute mille volte, come
disse Goebbels, per trasformarle in verità, e per suggestionare le
nostre valutazioni, analisi ed opinioni. Coloro che strumentalizzano i
mezzi di comunicazione per i loro propri interessi personali in quanto
élite capitalista perseguono una strategia tesa a colpire la lettura
critica della realtà di coloro che pensano di avere una visione
progressista.
A.M.: Walter, tu quasi giustifichi
quanto accaduto a causa della situazione molto difficile che si vive in
Venezuela dove il governo è stretto tra il Regno spagnolo da un lato
e le pressioni molto forti dell’ opposizione interna dall’altro.
Ovviamente, a molti di noi, militanti, attivisti e solidali con le
lotte di liberazione dei popoli, la tua espulsione ci ha spaventato da
una parte e ci ha fatto riflettere dall’altra… la Spagna, inoltre,
continua ad essere un partner economico molto importante per tutti i
paesi dell’America latina. Come pensi si possa coniugare la stabilità di
un paese nell’ambito delle relazioni internazionali e gli scambi
commerciali con la solidarietà rivoluzionaria?
W.W. – Soprattutto va tenuto presente che
non può esserci alcuna stabilità in un mondo nel quale il Capitale ed il
suo sistema sono egemoni poiché questi attori o fanno la guerra
contro qualsiasi alternativa oppure se la fanno tra loro per
l’egemonia. Il capitalismo è proprio questo per definizione. Non esiste
nessuna formula o strumento etico che lo possa evitare. Tuttavia a
volte la tensione diminuisce oppure durante brevi periodi si crea una
apparente stabilità. Il blocco socialista e l’Unione Sovietica hanno
obbligato il capitalismo a sviluppare questi aspetti di stabilità
(attraverso l’equilibrio nucleare, il modello keynesiano, la carta dei
diritti umani e fondamentali dell’ONU, tra gli altri) ma da quando il
modello socialista è stato fatto implodere, la strada è stata
spianata verso la competitività totale.
Ciò significa un aumento di instabilità
globale, che si manifesta in focolai di guerre che sono aumentati
considerevolmente ed aumenteranno ancora di più nei tempi a venire.
Altra espressione è la cosiddetta lotta “antiterrorista” contro “l’asse
del male” internazionale. Pertanto si deve considerare la stabilità come
un obiettivo tattico imprescindibile in alcuni momenti di un processo
di resistenza di un paese di fronte all’imperialismo, ma mai come un
fattore positivo o strategico in un mondo capitalista. Questo crea
valutazioni contraddittorie rispetto a quando sia necessario o
imprescindibile e benefico al processo rivoluzionario e quando invece
favorisca il grande capitale. Tenendo presente questo possiamo
confrontarci purché avvenga sulla base del rispetto nei confronti
dell’autorità che ognuno ha sul suo proprio processo rivoluzionario.
Vale a dire rispettare il principio di non ingerenza nelle questioni
della sovranità nazionale. Questa è la base, il fondamento principale
della solidarietà internazionalista. Per questo dobbiamo rivalutare i
principi di internazionalismo e solidarietà che attualmente sono
concetti confusi dallo stesso sistema che fino a pochi anni fa li
criminalizzava.
Quando si sono resi conto che non potevano
distruggere la solidarietà internazionalista come principio della
sinistra, l’hanno assimilata per stravolgerne il contenuto e
trasformarla in un valore che include nel suo discorso e nella sua
ideologia persino l’estrema destra neoliberale. La concezione sbagliata
del concetto di “solidarietà” è stata promossa dal sistema attraverso le
ONG, che l’hanno introdotta nella sinistra disarmandola. Oggi la
solidarietà si è trasformata in un arma. Ciò è molto pericoloso per la
sinistra. Quando cerchiamo di recuperare la solidarietà
internazionalista come principio rivoluzionario, persino molta parte
della sinistra critica e combatte questo concetto con l’ erronea
giustificazione che non si deve porre in pericolo la “stabilità” e non
bisogna dare occasioni al sistema per reprimere l’avanzata della “nuova
sinistra”. Il sistema non ha bisogno di scuse. Le usa se le ha e se non
le ha, le inventa, sempre. In sintesi: non si deve, né si può mai
coniugare la stabilità d un paese con la solidarietà rivoluzionaria.
Quello che dobbiamo fare – soprattutto come sinistra europea – è
imparare a rispettare i processi rivoluzionari di ogni
popolo, soprattutto se non comprendiamo o ignoriamo le loro ragioni.
A.M.- Secondo quanto si legge in Rebelión,
“l’Ambasciata di Spagna in Venezuela ha riconosciuto di aver avuto
qualche tipo di influenza nella detenzione e nell’espulsione. Hanno
rivelato di aver collaborato con le autorità politiche venezuelane ed
hanno affermato che la detenzione è una dimostrazione del tipo di
cooperazione che Madrid si aspetta dal Venezuela”. Se non avevi alcun
carico pendente in Spagna, non ti sembra che questo sia un ambiguo
ricatto che il governo venezuelano non avrebbe dovuto accettare per non
creare pericolosi precedenti e soprattutto per non mettersi allo stesso
livello degli Stati Uniti che, come sappiamo, ha approntato “liste nere”
di persone che per le loro idee e per le loro posizioni coerenti non
possono mettere piede nel loro territorio?
W.W. – È un ricatto ma per nulla ambiguo, il
quale dimostra che non ha nulla a che vedere con questioni di giustizia o
di legalità ma con interessi politici. Se il governo venezuelano avesse
dovuto o non avesse dovuto accettare di sottomettersi a questo ricatto è
qualcosa di cui si può discutere ma in ultima istanza sono i
venezuelani e le venezuelane quelli che devono decidere e gli altri
devono rispettare tale decisione. È pericoloso non tanto come precedente
– giacché di cose di questo genere ne sono accadute numerose e più
importanti, soprattutto tra i rivoluzionari colombiani, ma anche con i
rifugiati baschi ed altri – ma il pericolo principale è la
demotivazione, i conflitti, le frustrazioni nella stessa popolazione
rivoluzionaria venezuelana. Il pericolo risiede nel fatto che molti
rivoluzionari si rassegnino e si ritirino dalla lotta o che confondano
il nemico, i principi e gli obiettivi prioritari della rivoluzione
bolivariana. Come internazionalista devo evitare che si utilizzi questo
incidente per promuovere precisamente questo.
Altra questione è che attraverso questo
incidente e molti altri sui quali dobbiamo riflettere, possiamo creare
un fronte internazionalista contro la legalizzazione delle liste nere,
la lotta antiterrorista, la soppressione del diritto di asilo e tutte le
altre espressioni controrivoluzionarie che si introducono come principi
di uno stato di diritto quando con esso non hanno nulla a che vedere
ma sono solo formule per imporre interessi del grande Capitale contro
qualsiasi processo progressista, umano, socialista e rivoluzionario.
A.M. Qual’ era il motivo del tuo viaggio a
Caracas?
W.W. - Il motivo del viaggio era poter
incontrare diversi politici e attori sociali che avevano mostrato
interesse verso le opinioni e le analisi diverse da quelle trasmesse
dai mezzi di comunicazione ufficiali e dagli agenti spagnoli sulla
realtà del popolo basco. C’era anche l’intenzione di organizzare
brigate internazionaliste con giovani disposti a formarsi come
internazionalisti. Uno dei motivi del viaggio era inoltre la diffusione
del processo democratico (Zutik Euskal Herria) iniziato alcuni mesi or
son dalla Sinistra Indipendentista Basca, caratterizzato dalla sua
forma di dare soluzione ai problemi organizzativi, antirepressivi,
politici ed economici e fare un bilancio di questa iniziativa di
azioni unilaterali verso la risoluzione del conflitto. Conflitto che il
governo spagnolo non vuole che si conosca, non vuole negoziare e
rispetto al quale non propone alternative ma considera solo una
soluzione finale in cui il popolo basco accetti di subire la sconfitta
per mezzo della repressione militare, politica,
giudiziaria, amministrativa e poliziesca.
Diverse entità spagnole dicono che stiamo
ingannando la gente raccontando menzogne sulla esistenza del conflitto e
del popolo basco. Questo è di fatto una mancanza di rispetto
paragonabile solo con il reale “porqué no te callas?” diretto ai
venezuelani e alle venezuelane: in questo caso poiché presuppone che i
deputati, i parlamentari, i ministri, i politici, i dirigenti sociali e
la gente in generale non siano in grado di rendersi conto quando
qualcuno gli racconta falsità, che non siano capaci di riconoscere una
verità da una menzogna e che non abbiano le loro fonti per replicare …
in conclusione presuppone che siano idioti. Qualsiasi politico o
politica venezuelana ha un livello professionale perfettamente
paragonabile a quello di qualsiasi imprenditore, politico o diplomatico
spagnolo. Qualsiasi cittadino o cittadina formatosi nel processo
bolivariano ha più competenze dei cittadini spagnoli formatisi dalla
Televisione Spagnola pubblica o privata, o da giornali come El País, El
Mundo, Hola o Interviu.
In ogni caso questi imprenditori, politici o
diplomatici spagnoli sono superiori solo nella loro boria reale,
dimostrata dalla nobiltà della quale sono sudditi volontari. So che la
mia opinione sul governo spagnolo e la società in generale non è molto
lusinghiera per loro e che li può oltremodo infastidire, ma non posso
cambiare tale opinione per un imperativo legale o per esigenze
inquisitorie. Inoltre, se non fosse perché tentano di imporre la loro
volontà e le loro decisioni attraverso la minaccia ed il ricatto, la
violenza e la repressione (anche se legalizzata e istituzionalizzata)
dove non gli compete – nel Paese Basco e sul popolo basco – non avrei
motivo di parlare molto di queste cose.
A.M. - "Zutik Euskal Herria" (Euskal
Herria in piedi) è una proposta della Izquierda Abertzale (Sinistra
Nazionalista Basca) che propone un ambito democratico verso il
superamento del conflitto. Cosa ci puoi dire sull’argomento?
W.W. – In verità parlare di ZUTIK Euskal
Herria richiederebbe un’altra intervista e sarebbe molto importante e
interessante poter approfondire e chiarire cosa è e cosa non è.
Riassumendo, si tratta di una decisione di cambiamento strategico
unilaterale della Izquierda Abertzale per riprendere l’iniziativa
politica nel paese. È basata sull’analisi e sulla presa di decisione
collettiva di tutti coloro che appartengono al così detto “ambiente
terrorista”, che supera i settemila militanti e che si è
realizzata durante molti mesi. Il processo è iniziato con la presa di
coscienza del fatto che il governo spagnolo, che aveva lasciato il
tavolo dei negoziati sulla risoluzione del conflitto alla fine del
maggio 2007, non solo non era disposto a riprendere i dialoghi ma che
era deciso ad applicare una “soluzione finale” repressiva e vendicativa.
Aveva chiuso tutte le strade per l’ennesima volta. La situazione era
bloccata.
Non si poteva lavorare per una soluzione
sensata, giusta e duratura. D’altra parte alcune persone avevano
analizzato il fatto che il governo spagnolo si era debilitato
enormemente nello spazio politico, non aveva capacità per confrontarsi
politicamente e democraticamente con la risoluzione del conflitto ed
era questo che lo manteneva nella strategia criminale negando qualsiasi
offerta che non significasse la sconfitta a causa della repressione
politico-giudiziaria ed amministrativa dell’esecutivo.
Quando abbiamo cominciato a discutere ed
analizzare questo ci siamo resi conto che anche molte altre condizioni
oggettive e soggettive erano cambiate o erano riuscite a cambiare
notevolmente di forma. Era chiaro che per procedere verso un Ambito
Democratico necessario a risolvere il conflitto politico era
fondamentale agire politicamente in maniera unilaterale per il bene
del popolo (vale a dire di noi tutti e di noi tutte) e nella certezza
che ci fossero le condizioni per poter cominciare a raccogliere le
forze dello spettro indipendentista e per la sovranità del nostro paese
in assenza di violenza procedendo alla costruzione di un nuovo soggetto
politico per i futuri negoziati e per la costruzione nazionale e
sociale. Si è dibattuto fra tutti e tutte e si è arrivati alla decisione
di procedere in questa direzione senza aspettare accordi o azioni del
governo spagnolo né di altri.
Il governo spagnolo ha agito invece poi
rapidamente con la detenzione dei coordinatori e dei portavoce del
dibattito, dei giovani, dei dirigenti, degli avvocati e dei familiari
dei prigionieri e delle prigioniere politiche… sono aumentate le
denunce di pene accessorie ai familiari, le percosse nelle carceri, le
torture, la guerra sporca, il terrorismo di Stato. Tutto questo per
paralizzare il dibattito, dividere, rompere e ristabilire lo scenario
violento precedente. Ma ancora una volta non sono riusciti a fermare
l’avanzata della Sinistra Abertzale. Ed è di questa avanzata, che
continua da più di 50 anni verso l’ autodeterminazione e la
democrazia, che lo Stato ha vero terrore. Per questo manipolano,
mentono, dicono che la iniziativa è una “trappola”, che si tratta sempre
della stessa cosa, che è “per debolezza”, o “per tentare di evitare la
sconfitta”, “per recuperare l’ opportunità di accedere ad un posto di
consigliere o sindaco nelle prossime elezioni”… tutto questo è una
menzogna e lo sanno.
L’obiettivo della Sinistra Abertzale è un
altro: la risoluzione democratica del conflitto e la definizione di
regole di confronto democratiche e con garanzie con le quali tutti i
progetti politici possono difendersi e realizzarsi con l’unica
condizione che prevede la libera volontà delle persone che vivono in
Euskal Herria. Ciò non può non includere anche il progetto politico
della Sinistra Indipendentista Basca che è INDIPENDENZA e SOCIALISMO.
Annalisa Melandri www.annalisamelandri.it http://boicottaisraele.wordpress.com La rivoluzione è un fiore che non muore La revolución es una flor que no muere L'uomo è nato libero ed è ovunque in catene J.J. Rousseau |
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