A Cochabamba, in
Bolivia, si sta per inaugurare la risposta indigena al tristemente
ricordato Vertice di Copenhagen del gennaio scorso, la Cumbre
de la Madre Tierra. Eduardo Galeano ha inviato un messaggio di
saluto che ho tradotto per questo taccuino. Anche
Latinoamerica vuole salutare l'inizio di un incontro non solo
importante, ma dal quale il mondo potrebbe trarre molti
insegnamenti.
I
diritti dell’uomo (1)
Eduardo
Galeano
Purtroppo non
posso essere fa voi. Magari si potesse fare il possibile e l’impossibile
perché il Vertice della Madre Terra sia la prima tappa verso l’espressione
collettiva dei popoli che non dirigono la politica mondiale, ma la
patiscono.
Magari fossimo
capaci di portare avanti queste due iniziative del compagno Evo Morales,
il Tribunale per la Giustizia Climatica e il Referendum Mondiale contro il
sistema di potere fondato sulla guerra e lo spreco, che disprezza la vita
umana e mette la bandiera del vincitore sui nostri beni
terreni.
Magari fossimo
capaci di parlare poco e di fare molto.
Gravi danni ci ha
fatto, e continua a farci, l’inflazione ciarliera, che in America Latina è
più nociva dell’inflazione monetaria. E anche, e soprattutto, siamo stufi
dell’ipocrisia dei paesi ricchi, che ci stanno privando del nostro
pianeta, mentre pronunciano pomposi discorsi per mascherarne il
sequestro.
C’è chi dice che
l’ipocrisia sia la tassa che il vizio paga alla virtù. Altri dicono che
l’ipocrisia sia l’unica prova dell’esistenza dell’infinito. E il ciarlare
della cosìddetta “comunità internazionale”, questo club di banchieri e di
guerrieri, prova che quelle due definizioni sono giuste.
Io, invece, voglio
celebrare le forze della verità che irradiano le parole e i silenzi che
nascono dalla comunione umana con la natura. E non è casuale che il
Vertice della Madre Terra si tenga in Bolivia, questa nazione di nazioni
che sta riscoprendo se stessa dopo due secoli di vita bugiarda.
La
Bolivia ha appena
festeggiato i dieci anni della vittoria popolare nella guerra dell’acqua,
quando il popolo di Cochabamba è stato capace di sconfiggere una
onnipotente impresa della California, padrona dell’acqua per opera e
grazia di un Governo che diceva di essere boliviano ed era molto generoso
con ciò che non gli apparteneva.
Quella guerra
dell’acqua è stata una delle battaglie che questa terra non si stanca di
ingaggiare per la difesa delle sue risorse naturali, ossia: in difesa
della sua identità con la natura. La Bolivia è una delle nazioni americane
in cui le cultura indigene hanno saputo sopravvivere, e queste voci
risuonano adesso con più forza che mai, nonostante il lungo tempo della
persecuzione e del disprezzo.
Il mondo intero,
completamente frastornato, deambulando come un cieco in mezzo a una
sparatoria, dovrebbe ascoltare queste voci.
Esse ci insegnano
che noi, i piccoli umani, siamo parte della natura, parenti di tutti
coloro che hanno gambe, zampe, ali o radici.
La conquista
europea ha condannato per idolatria gli indigeni che vivevano questa
comunione, e poiché vi credevano sono stati frustati, sgozzati o bruciati
vivi.
Ostacolo al
progresso.
Dai tempi del
Rinascimento europeo, la natura si è trasformata in merce o in ostacolo al
progresso umano. E fino ad oggi, questo divorzio fra noi e Lei si è
mantenuto, al punto tale che ancora c’è gente di buona volontà che si
commuove per la povera natura, così maltrattata, così vessata, ma così
osservata da “fuori”. Le culture indigene la vedono da
“dentro”.
Vedendola, mi
vedo. Ciò che faccio contro di Lei, è fatto contro di me. In Lei mi trovo,
le mie gambe sono anche il sentiero che Lei cammina.
Celebriamo,
dunque, questo Vertice della Madre Terra. E magari i sordi ci
ascolteranno; i diritti umani e i diritti della natura sono due nomi di
una stessa dignità.
(1)
Messaggio dell’autore de Le vene aperte
dell’America Latina per il Vertice della Madre Terra che si sta
tenendo in Bolivia come alternativa al Vertice sul Cambio Climatico di
Copenaghen. (aprile 2010)
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