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Fw: Schegge settembre 07
- Subject: Fw: Schegge settembre 07
- From: "nello margiotta" <nellomargiotta55 at virgilio.it>
- Date: Mon, 3 Sep 2007 00:06:57 +0200
----- Original Message -----
From: Giorgio Trucchi
Sent: Sunday, September 02, 2007 7:31 PM
Subject: I: Schegge settembre 07 ----------dal
Nicaragua settembre 07 ----------
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Grave
conflitto con la ESSO
Standard Oil (Exxon-Mobile): messi sotto sequestro gli impianti di
Corinto
A seguito di una denuncia della Dirección General de Aduanas
(DGA), la giudice Socorro Toruño del Tribunale di Chinandega (occidente del
Nicaragua), ha disposto il sequestro degli impianti della ESSO, una delle più
importanti compagnie petrolifere presenti nel paese.
L'accusa riguarda la presunta importazione non dichiarata di
grosse quantità di petrolio nel paese ed a questo si aggiungerebbe l'errato
pagamento delle imposte da parte della compagnia. Secondo le due istituzioni, la
ESSO avrebbe evitato di pagare alla DGA circa 54 milioni di cordobas (3
milioni di dollari) in concetto di imposte per l'importazione del petrolio ed
avrebbe anche pagato solo il 25% (invece del 30% previsto dalla Legge di Equità
Fiscale) in concetto di Imposta sul Reddito alla DGI, su un totale dichiarato di
49 milioni di cordobas (circa 2.7 milioni di dollari).
La giudice Toruño ha quindi accolto la richiesta della DGA ed
ha messo sotto sequestro gli impianti di stoccaggio e distribuzione di Corinto
(principale porto del Nicaragua sull'Oceano Pacifico), affidandone la
custodia all'amministratore della DGA a Corinto. Mentre iniziavano le
negoziazioni tra la compagnia, il Ministro dell'Energia e Miniere, Emilio
Rappaccioli e le istituzioni coinvolte nella denuncia e mentre l'ambasciata
statunitense tuonava contro la violazione alla proprietà privata ed al libero
commercio, ventilando la possibilità di una crisi tra i due stati, la DGA
ha deciso di affittare per sei mesi l'Area Uno di stoccaggio alla Empresa
Nicaraguense de Petróleo (PETRONIC). Poco dopo la firma del contratto d'affitto,
alcune decine di lavoratori e tecnici di PETRONIC hanno preso possesso dei
sette enormi serbatoi di stoccaggio ed hanno iniziato il travaso
di parte del petrolio proveniente dal Venezuela, petrolio che il governo di
Ortega ha negoziato con questo paese all'interno dei progetti di cooperazione
tra i paesi che fanno parte dell'Alternativa Bolivariana para las Américas
(ALBA).
Pochi giorni dopo il sequestro degli impianti e mentre
proseguivano le negoziazioni tra le parti, la giudice Toruño ha deciso di
affidarne la custodia a un nuovo soggetto, il gerente generale della
ESSO di Corinto, Gabriel Cedeño, con l'obbligo però di rispettare il
contratto di affitto con PETRONIC firmato dal suo predecessore.
Secondo l'Assessore Internazionale per gli Affari di Governo
della ESSO, Milton Chávez, "questa nuova disposizione della giudice Toruño
non è accettabile, in quanto all'interno delle istallazioni continua a permanere
personale di PETRONIC e questo vuol dire che la ESSO non ha ancora ripreso
possesso dei propri impianti".
Per questo motivo, la compagnia nordamericana ha rifiutato di
prendere in consegna gli impianti ed il responsabile degli Affari Pubblici ed
Internazionali della ESSO, Alfredo Fernández, ha quindi dichiarato di aver già
presentato un ricorso d'appello contro la decisione della giudice.
"Vogliamo che si rispetti la legge e la legge dice che il
bene deve essere restituito senza che ci sia gente non della ESSO nelle
istallazioni. Fino a che non ritorneremo in possesso dei nostri impianti non
potremo conversare, né negoziare", ha dichiarato Fernández.
La difficile situazione che si è creata con la multinazionale
nordamericana ha destato molte critiche da parte dell'opposizione
e moderate reazioni da parte dell'impresa privata nicaraguense
(COSEP).
Se da una parte è piuttosto ovvio che la ESSO abbia qualcosa
da nascondere circa le sue importazioni di petrolio e le imposte che avrebbe
dovuto pagare secondo quanto previsto dalle leggi nicaraguensi, dall'altra è
altrettanto sicuro che la grave emergenza energetica che sta affrontando il
governo di Ortega a circa un anno dalle prossime elezioni municipali, abbia
fatto accelerare i tempi per la ricerca di una soluzione.
È quanto mai probabile, quindi, che di fronte alle difficoltà
nelle negoziazioni con la ESSO per affittare alcune delle sue cisterne dove
stoccare il petrolio venezuelano, il governo abbia utilizzato questa tattica per
superare gli ostacoli presentati dalla compagnia nordamericana.
Secondo Rodolfo Zapata, gerente di PETRONIC, "non possiamo
negare che abbiamo bisogno di cisterne per poter immagazzinare il petrolio
venezuelano. Attualmente abbiamo stoccato circa 70 mila barili di petrolio
negli impianti di PETRONIC, ma abbiamo bisogno di altre cisterne per altri 50
mila barili. Con quelle affittate alla ESSO potremo immagazzinarne altri 20 mila
e stiamo negoziando con altre imprese per poter immagazzinare ciò che resta", ha
concluso il responsabile dell'impresa nazionale di petrolio.
Mentre si discute e la situazione vive un momento di impasse,
la ESSO si trova di fronte a nuovi problemi. Secondo Eduardo Gaitán, Direttore
delle Imposte del Comune di Managua, "la compagnia nordamericana deve pagare più
di 90 milioni di cordobas (circa 4,9 milioni di dollari) in concetto
di licenza comunale di operazioni".
Le quattro compagnie petrolifere presenti in Nicaragua
avrebbero un debito di oltre 9,6 milioni di dollari e Gaitàn ha spiegato che
"non si tratta di una nuova imposta, in quanto il petrolio e i suoi derivati
sono esonerati dalle imposte municipali. Si tratta invece della licenza per
poter operare sul nostro territorio e questa si deve pagare in base al guadagno
lordo degli ultimi tre mesi, sulla cui media viene poi calcolato il 2 per
cento".
La Svezia interrompe definitivamente cooperazione governativa
con il Nicaragua
L'ambasciatrice della Svezia, Eva Zetterberg (nella foto), ha annunciato durante una conferenza stampa che il suo paese ridurrà da 70 a 33 i paesi che riceveranno aiuti dalla cooperazione governativa svedese e che tra i paesi che tra quattro anni non riceveranno più aiuti si trova anche il Nicaragua. Secondo Zetterberg, "in questa decisione del governo
svedese -che ha immediatamente creato allarme in molti settori della società e
polemiche tra le file dell'opposizione al governo Ortega- si è tenuto conto
della quantità di aiuti della cooperazione internazionale che i vari paesi
stanno ricevendo ed il Nicaragua è tra quelli che continua ad avere una
forte presenza di paesi donanti".
Ha inoltre chiarito che si tratta esclusivamente di una
decisione politica del suo governo, il quale priorizzerà i paesi africani e
quelli dell'Europa dell'Est. "Questa decisione non ha nulla a che fare con il
colore politico dei governi dei paesi che resteranno fuori dai nostri progetti
di cooperazione, ma di una ridefinizione delle nostre priorità e del nostro
bisogno di rendere la cooperazione più efficace", ha aggiunto Zetterberg.
La Svezia è stato uno dei paesi che storicamente hanno
aiutato il Nicaragua a partire degli anni 80, durante il governo di Olof Palme.
Negli ultimi anni, la media degli aiuti provenienti dalla Svezia ha raggiunto i
40 milioni di dollari (35 milioni nel 2007), la maggior parte dei quali
sono stati utilizzati per progetti sociali e ambientali, per finanziare
organizzazioni della società civile e per integrare i fondi disponibili del
Bilancio della Repubblica.
L'annuncio fatto dall'ambasciatrice svedese ha provocato
diverse reazioni.
Il governo ha accettato la decisione della Svezia
riconoscendo e ringraziando per l'importante aiuto dato in tutti questi anni.
Più preoccupata invece la reazione del presidente del Banco Central de
Nicaragua (BCN), Antenor Rosales, il quale ha sostenuto che questa decisione si
ripercuoterà negativamente su quei settori che da sempre si sono
beneficiati di questi aiuti finanziari. Ha però riconosciuto che il Nicaragua
deve lentamente avviarsi verso una situazione di indipendenza dagli aiuti
esterni.
Secondo l'analista economico Adolfo Acevedo Vogl, "si sapeva
da tempo che la Svezia avrebbe ridotto il numero di paesi che si beneficiavano
della cooperazione di questo stato. La cosa su cui dobbiamo invece
riflettere a fondo è che il Nicaragua ha ricevuto negli ultimi anni una enorme
quantità di aiuti dalla cooperazione internazionale, molto più alta di tanti
paesi che sono estremamente poveri come noi.
È molto probabile -ha continuato Acevedo- che la
situazione cominci a cambiare nei prossimi anni e quindi il Nicaragua deve
cominciare a realizzare azioni per far fronte alla perdita di questa grande
quantità di finanziamenti. Questo sarà possibile solo realizzando tre riforme
che sono diventate indispensabili: una riforma profonda del sistema tributario
per renderlo più progressivo, la ristrutturazione dell'enorme debito interno e
l'incorporazione nel Bilancio della Repubblica della cooperazione venezuelana.
Senza queste misure la situazione potrebbe diventare molto grave", ha concluso
Acevedo.
Tra i paesi latinoamericani che tra 4 anni resteranno senza
gli aiuti svedesi figurano Nicaragua, Honduras, El Salvador, Perù, Cuba ed
Haiti.
Ministero degli Interni:
gli USA non potranno più accedere liberamente al nostro sistema
informatico
Secondo la Ministra degli Interni, Ana Isabel Morales, il
governo degli Stati Uniti non avrà più accesso come nel passato al sistema
informatico del governo. "Si tratta di una questione di sovranità nazionale e
non si può permettere ad un paese straniero di avere accesso diretto alla nostra
rete informatica. Lo scorso governo permetteva agli Stati Uniti di accedere,
attraverso un loro computer, alla nostra rete informatica e quindi poteva
controllare direttamente i dati migratori. Ora questo non sarà più possibile
e se vorranno delle informazioni dovranno sollecitarle attraverso le vie
già stabilite tra governo e governo". Secondo Morales "siamo noi, i nicaraguensi
che controlliamo, coordiniamo e garantiamo questo tipo di informazioni e non è
possibile che un altro governo possa avervi accesso senza un nostro controllo",
ha concluso la ministra.
Asamblea
Nacional vuole derogare la creazione dei Consejos del Poder Ciudadano
(CPC)
Il desiderio del Presidente Ortega di trasformare i Consejos
del Poder Ciudadano (CPC), la cui creazione è garantita dalla Legge 290
"Ley de Organización, Competencias y Procedimientos del Poder Ejecutivo", nel
principale strumento di partecipazione cittadina nelle decisioni del Potere
Esecutivo, potrebbe venire frustrato nei prossimi giorni dall'approvazione in
Parlamento di un progetto di riforma alla legge 290, presentato dai gruppi
parlamentari di opposizione.
I CPC, creati da Ortega il giorno successivo al suo
insediamento, non hanno fino ad ora avuto vita facile.
Per il presidente nicaraguense e per il Frente
Sandinista rappresentano strutture territoriali aperte a tutta la
popolazione, che avranno l'obiettivo di incamminare il paese verso la democrazia
diretta ed il potere popolare.
Nel progetto iniziale vengono addirittura date loro
capacità decisionali tali da imporre le loro risoluzioni ai ministeri. Secondo
l'opposizione, all'interno della quale si schierano anche molte realtà della
società civile, rappresentano invece un tentativo del presidente e del Frente
Sandinista di creare strutture istituzionali parallele a quelle esistenti,
controllate dal partito, con l'obiettivo di scalzare quelle già previste
dalla Costituzione e dalla Legge di Partecipazione Cittadina. Il maggior timore
di questi settori è che si crei una sorte di potere di controllo al di sopra
delle istituzioni, gestito dal partito di governo.
Uno dei temi più dibattuti è la pretesa dei CPC di
controllare i programmi governativi nei territori, sostituendosi in questo modo
alle autorità municipali.
A pochi giorni dall'insediamento di Ortega, il parlamento
aveva riformato la legge 290, permettendo la nascita del CPC, ma privandoli
dell'accesso a fondi pubblici e limitando le sue funzioni a organi consultivi
dei ministeri. Nonostante tali limitazioni rispetto al progetto originario di
Ortega, la creazione dei CPC è continuata e per il 14 settembre, vigilia della
Festa dell'Indipendenza del Nicaragua, si prevede la costituzione di quasi 17
mila CPC in tutto il paese e il coinvolgimento di almeno un milione di persone.
La Alianza MRS ha quindi presentato in Parlamento una
proposta per riformare la Legge 290. In questa proposta si prevede la
derogazione dei CPC e l'impossibilità per il Presidente della Repubblica di
ricostituirli come organi istituzionali.
Il progetto è stato studiato dalla Commissione Giustizia del
Parlamento e nei prossimi giorni verrà presentato in sala per la sua
approvazione, dove molto probabilmente conterà con i voti favorevoli di tutta
l'opposizione (PLC, ALN e MRS).
Il primo articolo della riforma prevede che "si deroga
espressamente la facoltà dell'Esecutivo di creare per mezzo di Decreti
Esecutivi, Consejos come struttura del Potere Esecutivo".
Al presidente resterebbe quindi solo la facoltà di creare
Segreterie, i cui titolari potranno avere rango di ministri. Allo stesso tempo,
però, la riforma prevede che "A queste segreterie non si potrà trasferire
nessuna funzione o facoltà dei Ministeri dello Stato, né di altri poteri dello
Stato".
All'art. 11 verrà inoltre aggiunto un comma che dice: "il
diritto alla partecipazione cittadina si eserciterà in base ai privilegi
di pluralità, volontarietà, equità ed universalità, senza privilegi di nessuna
indole, sussidi o vantaggi per nessuna organizzazione. I funzionari pubblici
nelle loro relazioni con le istanze di partecipazione cittadina eserciteranno le
loro funzioni con imparzialità ed obiettività ed in nessun caso potranno
prendere le loro decisioni in base a preferenze di nessuna indole".
Ministro dell'Istruzione:
"Quella che stiamo facendo è una vera rivoluzione del
settore"
Il Ministro dell'Istruzione, Miguel De Castilla (nella
foto), ha dichiarato che "tutte le riforme che si stanno facendo a livello
di Ministero dell'Educazione (MED) dovranno avere un impatto reale e
concreto nelle aule e sul territorio, soprattutto nelle zone più emarginate
del paese. Non stiamo parlando di una semplice riforma, ma di una vera e propria
rivoluzione, cioè una trasformazione totale ed assoluta della forma
di concepire e fare educazione. La gente sta partecipando per decidere
insieme come dovrà essere l'istruzione in Nicaragua e con che contenuti".
Secondo il ministro, i programmi scolastici del Ministero per
le scuole materne, elementari e superiori sono stati consegnati a 147 organismi
della società civile e dello Stato, i quali attualmente li stanno leggendo e
stanno apportando modifiche, suggerimenti e consigli. "In questo modo -ha
continuato il ministro De Castilla- avremo la possibilità di decidere in modo
partecipativo e consensuale quali saranno i programmi definitivi del
Ministero.
Si stanno inoltre svolgendo riunioni con le delegazioni del
MED in tutte le città e Dipartimenti del paese per discutere sui programmi
stessi programmi e parallelamente stiamo svolgendo riunioni pubbliche con la
gente (cabildos) con l'obiettivo di capire che cosa la gente e le
famiglie si aspettano dal Ministero e come vorrebbero che fosse l'Istruzione in
Nicaragua".
Esiste inoltre la possibilità di far arrivare al MED le
proprie considerazioni attraverso la pagina web del Ministero e durante gli
ultimi mesi sono state circa 300 le lettere inviate da nicaraguensi che vivono
all'estero e che vogliono partecipare a questo lavoro di costruzione di una
nuova Istruzione in Nicaragua.
"Tutte le informazioni che raccoglieremo -ha continuato il
ministro- le passeremo a un équipe tecnica formata solo da nicaraguensi ed in
ottobre si integreranno queste informazioni ai programmi esistenti per poter
creare i nuovi piani di studio. Si tratta di una vera rivoluzione ed è un
processo mai avvenuto prima in America Latina".
Il ministro ha inoltre invitato ad una riunione le principali
ONG nazionali ed internazionali che stanno collaborando con il settore
educativo.
Intervistato dalla Lista Informativa "Nicaragua y
más", il ministro ha dichiarato che "durante tutta la giornata di oggi
ci riuniremo con tutti i Delegati Dipartimentali del MED, con buona parte dei
Delegati municipali e con le principali ONG nazionali e straniere che
lavorano nel campo dell'istruzione. Vogliamo parlare con loro perché esiste una
certa anarchia nel settore e quella che potrebbe essere una grande ricchezza si
trasforma in debolezza per la confusione che si è creata nel passato. Ci sono
municipi -ha continuato il ministro- in cui le scuole pubbliche godono
di sostanziosi apporti finanziari ed altri che invece restano abbandonati.
Vogliamo quindi cercare di ordinare l'intervento delle ONG, creando prima una
mappa di questi interventi che già esistono e poi vedendo se è possibile
organizzarli, sistematizzarli e ridistribuirli, in modo da creare un
equilibrio geografico degli interventi", ha concluso De Castilla.
FSLN: stop alle primarie nelle prossime elezioni municipali del
2008?
A poco più di un anno dalle prossime elezioni municipali
(novembre 2008) il Frente Sandinista avrebbe deciso, anche se la notizia non è
ancora ufficiale, di rinunciare alle elezioni primarie, meglio conosciute come
Consultas Populares, che da sempre hanno caratterizzato la scelta dei candidati
per i posti di sindaco, vicesindaco e consiglieri comunali. Secondo
indiscrezioni, il nuovo metodo di scelta passerebbe attraverso una commissione
territoriale formata dagli attuali sindaci, i deputati dipartimentali ed i
segretari politici del partito. Tra i motivi di questa scelta ci sarebbe
l'intenzione di evitare i soliti conflitti tra i candidati, che spesso sono
sfociati in vere e proprie rotture interne al partito ed anche un maggior
controllo sulla validità, onestà e militanza del candidato.
Questa notizia ha scatenato già alcune reazioni nella base
del partito. A Ciudad Sandino e San Carlos sono iniziate le prime proteste
all'interno della militanza sandinista tra chi accetta questa nuova modalità di
scelta dei candidati e chi invece continua a richiedere lo svolgimento delle
Consultas Populares.
Resta inoltre molta incertezza su come gli alleati della
Convergencia Nacional potranno partecipare a queste nuove elezioni e già tra le
file dei partiti alleati si nota una certa irrequietezza.
Proteste in Honduras: un
morto
Avete voluto manifestare e c'è scappato il morto: peggio per voi. È questo
il senso del messaggio inviato da Armando Urtecho López, avvocato del Cohep, la
Confindustria honduregna, agli attivisti del Coordinamento nazionale di
resistenza popolare (Cnrp).
Il 27 agosto, a partire dalle 4 e mezzo del mattino, in migliaia hanno
occupato le principali strade del Paese e uno di loro, Wilfredo Lara, 23 anni,
maestro, è stato ucciso da un colpo d'arma da fuoco, sparato a bruciapelo da un
albergatore.
Il suo sindacato aveva aderito alla piattaforma lanciata dal Coordinamento nazionale di resistenza popolare (Cnrp) e Wilfredo stava partecipando al blocco (toma de carretera) nel municipio di Florida, a 350 km dalla capitale Tegucigalpa, lungo la strada che porta in Guatemala. «La colpa [dell'omicidio] -ha spiegato Urtecho López- è di chi fa manifestazioni insensate come quelle di questi giorni». E, rivolto alla Cnrp, ha aggiunto: «Lasciate che il popolo scelga se stare con i rivoltosi o con la tranquillità e lo sviluppo». Un concetto ripreso il giorno successivo anche dal ministro della Difesa, Arístides Mejia, che in un programma televisivo ha accusato i dirigenti del Coordinamento di essere i responsabili della morte del maestro. L'atteggiamento che ha scatenato le reazioni della società civile: quelli dell'Alianza Cívica por la Democracia (Acd) hanno denunciato che «l'ordine di disarmo e la promessa di protezione nei confronti dei manifestanti e dei viaggiatori non è stato eseguito», accusando la polizia che, in questa occasione, «ha brillato per la sua assenza». Marvin Ponce, deputato dell'opposizione di sinistra in Honduras, il Partido de Unificacion Democratica (Ud) che però non arriva al 5 per cento, schiacciato tra il Partido Nacional e il Partido Liberal, che di diverso hanno solo il nome, ha invitato Urtecho López al silenzio: «La sua condizione di difensore degli oligarchi non le dà l'autorità morale di mettere in discussione i movimenti popolari, a meno che anche questo non sia pagato dagli onorari che riceve dagli imprenditori che lei difende in modo tenace». Il Coordinamento nazionale di resistenza popolare raggruppa una trentina di organizzazioni contadine, indigene, sindacali e per la difesa dei diritti umani in tutto l'Honduras. Una toma de carretera ben organizzata, come quella di lunedì scorso, è in grado di paralizzare il piccolo Paese centro americano: per farlo basta occupare tre o quattro arterie. Secondo la stampa honduregna il 27 agosto c'erano -contemporaneamente- fino a una sedici blocchi. La piattaforma che convocava la mobilitazione riassumeva tutte le richieste che la società civile ha avanzato negli ultimi anni (e le lotte portate avanti, che più volte abbiamo descritto su Liberazione). Tra le altre, la cancellazione della Ley de Agua Potable y Saneamiento del 2003, che ha permesso l'ingresso del capitale privato nella gestione degli acquedotti (la romana Acea insieme a un consorzio d'imprese è a San Pedro Sula, la seconda città del Paese); l'approvazione di una nuova Ley de Mineria, che metta fuorilegge le miniere a cielo aperto, che usano il cianuro nel processo di estrazione del minerale e poi lo disperdono nell'acqua e nell'aria (oggi quasi la metà dell'Honduras è sotto concessione mineraria e il capitale italiano è presente con un paio di permessi concessi alla ditta Colacem di Gubbio attraverso la controllata Eurocantera); la riforma agraria; il rispetto dei diritti dei popoli indigeni e negri; l'educazione pubblica gratuita; la riduzione del costo di invio delle rimesse dei migranti, una partita importante nella bilancia commerciale del Paese. Secondo i portavoce del Cnrp, il presidente Mel Zelaya, al governo del dicembre del 2006, non ha fatto niente, in 19 mesi, per risolvere i gravi problemi del Paese: «Il Governo, con le sue posizioni demagogiche, ha mantenuto in modo arbitrario il modello neoliberista che ci sommerge nella miseria e nelle disintegrazione nazionale, e non ha mai mancato di utilizzare la repressione come risposta alla proteste popolari». Fedele alla linea, Zelaya ha rifiutato di incontrare i portavoce dei manifestanti. E mentre il ministro della Sicurezza gli accusava di voler creare in Honduras «una situazione boliviana», con un dirigente popolare come Evo Morales al potere, in un'altra esternazione l'avvocato degli industriali Urtecho López ha accusato il movimento di essere finanziati dal presidente venezuelano Hugo Chavez. La risposta è stata affidata a Daniel López, anch'egli dell'Alianza Civica por la Democracia: «È vero -ha detto ironicamente- ci sono dei contadini che fanno Chávez di cognome e che hanno pagato di tasca propria i passaggi in autobus per andare a manifestare». (di Luca Martinelli www.icoloridelmais.blogspot.com )
© (Testo e Foto Giorgio
Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione
Italia-Nicaragua - gtrucchi at itanica.org )
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