Cuba, Fidel e il dialogo impossibile sul "caballo mistico"
- Subject: Cuba, Fidel e il dialogo impossibile sul "caballo mistico"
- From: gc <gennaro at aruba.it>
- Date: Fri, 04 Aug 2006 11:56:01 +0200
Cuba, Fidel e il dialogo
impossibile sul "caballo mistico"
Sul dibattito su Cuba, è sorprende come sia
difficile per molti non prendere partito in maniera estrema.
L'esperienza della rivoluzione cubana è così articolata e così
intimamente legata alla storia del continente degli ultimi
cinquant'anni che non può esservene disgiunta. Ebbene, chi scrive
esprime, rispetto alla rivoluzione cubana, un giudizio "articolatamente
positivo". Vale a dire che ne vede perfettamente le ombre -e se d'uopo
ne scrive- ma non può fare finta, come fanno in troppi che sanno stare
in società, che non ci siano anche le luci. Tra queste il fatto che
Cuba negli ultimi 17 anni sia uscita dalla schiavitù della monocoltura,
problema che non aveva neanche iniziato a risolvere al tempo del
rapporto privilegiato con l'Unione Sovietica. E' utile dibattere su Cuba con chi ne ha
un'opinione "articolatamente negativa", ovvero che considera che la
mancanza di libertà formali pesi sulla bilancia più di alcune non
negabili conquiste. Sono problemi ai quali non si può essere
insensibili. Il problema fondamentale in quest'ambito è quello su quale
tipo di opportunità sociali vengono privilegiate. Cuba non ha risolto
il problema, tipico dei regimi socialisti, di non sapere offrire
abbastanza opportunità/libertà ai giovani adulti, che pure ha
opportunamente preparato. Ma Cuba ha pur sempre offerto ai propri
cittadini una base di partenza di diritti che il capitalismo non sa e
non vuole garantire. L'utopia cubana è stata quella di non
escludere nessuno. Ma se nessuno è escluso tutti pesano sulla società.
Cuba, con i suoi dati su mortalità infantile, salute, scolarità ha
vinto una grande battaglia. L'ha vinta al prezzo di perdere spesso la
battaglia della soddisfazione personale da adulti, delle
opportunità/libertà da offrire ai giovani adulti, dell'impossibilità di
soddisfare per tutti desideri di consumo che non sono necessariamente
sinonimi di consumismo. E' interessante sempre dialogare con chi è in grado di articolare il discorso sull'isola, molto di più di quanto sia interessante dialogarne con chi ha una visione "acriticamente positiva" del processo cubano. E' invece difficile dialogare con chi ha un'opinione "negativa a prescindere" fino a dare credito perfino alle veline di Washington. Con chi parla di "gerontocrazia" poi è inutile spendere un secondo, giacché o non sa neanche dov'è Cuba o è davvero in malafede. Gerontocrazia è l'Italia, non Cuba. Si scandalizzano degli 80 anni di Fidel ma Napolitano ne ha 81 e Berlusconi finirà la legislatura con 74 anni. Con la differenza che a Cuba la metà della classe dirigente, ministri... ha meno di 40 anni, e da noi a 40 anni quelli che hanno le capacità per essere classe dirigente spesso fanno ancora i pony express. Sarà democratico così, ma è uno spreco di risorse umane almeno quanto è frustrante quando a Cuba si vede un laureato fare l'ascensorista. Chi scrive ha conosciuto posti, è entrato in
case, dove sotto il fondamentalismo neoliberale sono morti bambini di
fame, a Bella Unión, a Tucumán... ho passato mesi e mesi della mia vita
in posti dove di fatto non esisteva circolante, come nel pauperrimo
Maranhão in Brasile, dove i bambini vanno a caccia di coccodrilli per
fame e... qualche volta vince la fame dei coccodrilli. Sarebbe bene
organizzare gite scolastiche a far vedere come funziona il capitalismo
reale in America Latina ed inserirlo come elemento di valutazione per
giudicare la resistenza dei cubani. Un altro argomento degli "anticubani a prescindere" che non convince è quello per il quale sarebbe razzista pensare che i cubani non debbano beneficiare di diritti dei quali beneficiano gli europei. Avrebbero ragione se si scandalizzassero della stessa maniera per la ben più estesa mancanza di diritti di chi nasce in una Villa Miseria del Gran Buenos Aires. L'Avana, come Catia di Caracas o il Callao di Lima non è Stoccolma. Ma tra l'essere un lumpen a Bogotá e l'essere un cittadino all'Avana cosa scegliereste? Rispetto a questa elementare considerazione vengono in mente quelli che credono nella reincarnazione. Tutti credono di essere stati in un'altra vita principesse o cavalieri erranti. Se ne incontrasse mai uno che in un'altra vita è stato un minatore, uno schiavo, un bracciante! Fuori dal faceto: il vero dramma dell'America Latina è stato la cronica incapacità di trasformare la democrazia formale in democrazia sostanziale. Molti anticubani a prescindere (non tutti) considerano la violenza endemica -sociale, politica, economica- imposta dal capitalismo come parte dell'ordine naturale delle cose e la considerano di per se stessa se non desiderabile almeno accettabile. Normale. Al contrario considerano intollerabile la situazione cubana in quanto rottura di un ordine -quello capitalista e liberaldemocratico- che si vorrebbe di natura. Quando Pablo canta "no vivo en una sociedad perfecta" probabilmente risponde proprio a questa obiezione. A Cuba si esige che sia perfetta perché ha osato sfidare l'ordine naturale delle cose, mentre la società capitalista può essere così imperfetta perché risponde a un ordine naturale. Mesi fa un'informativa dei servizi segreti britannici -non chiedetemi di cercarla, piuttosto non credetemi- affermava che Cuba è il quinto paese meno corrotto al mondo. Bell'elemento di dibattito! Certo che Cuba non è perfetta, ma i politici italiani -Bertinotti in primo luogo- così scandalizzati dal "fallimento" della Rivoluzione cubana, appaiono meno scandalizzati dalla bancarotta etica della Repubblica italiana che è sotto gli occhi di tutti. Glenda Alfonso Castillo, (ne scrissi qui),
medico di Barrio Adentro in Venezuela, mi raccontava dell'esperienza in
Guatemala dove è rimasta per mesi con i superstiti dell'uragano
dell'anno scorso che ha fatto decine di migliaia di morti nel silenzio
dei media mondiali che guardavano solo a Nuova Orleans. Mi raccontava
che i suoi assistiti erano tutti analfabeti e che perfino i
latifondisti del posto non avevano più della seconda o terza
elementare. Confrontava tale esperienza con la propria, discendente di
schiavi, nipote di tagliatori di canna, sua madre prima e oggi lei e i
suoi fratelli, oggi sua figlia, hanno avuto dalla Rivoluzione la
possibilità di studiare e laurearsi ed avere un avvenire
incomparabilmente migliore che se la Rivoluzione non ci fosse stata. La
difficoltà materiale di vivere a Cuba è grande e lei ne è cosciente. Ma
sa che non è con il tenore di vita di una dottoressa Glenda di
Stoccolma con la quale deve confrontare il proprio tenore di vita. Deve
confrontare il suo tenore di vita, quello della discendente di schiavi,
tra quello che avrebbe avuto senza la Rivoluzione e quello che ha con
la Rivoluzione. E non ha dubbi. |
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