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Desaparecidos, aperto a Roma il processo contro 5 militari argentini
- Subject: Desaparecidos, aperto a Roma il processo contro 5 militari argentini
- From: "Nello peacelink" <n.margiotta at peacelink.it>
- Date: Fri, 9 Jun 2006 11:48:17 +0200
fonte : L'unità on line
Alessia Grossi
Si è aperto mercoledì, davanti alla
seconda Corte d'assise di Roma, il processo a carico di cinque ufficiali della
Marina Argentina per la morte di tre italo-argentini, Angela Maria Aieta e
Giovanni e Susanna Pegoraro. L´accusa per i militari è di omicidio volontario
premeditato e aggravato dalle sevizie e dalla crudeltà perpetrate ai danni delle
tre vittime. Durante la dittatura militare argentina, tra il 1976 e il 1983,
vennero fatte sparire almeno trentamila persone.
I cinque imputati, Jorge Eduardo Acosta, Alfredo Ignacio Astiz, Antonio Vanek, Hector Antonio Febres e Jorge Raul Vildoza, quest´ultimo ancora latitante, mentre gli atri sono in carcere o agli arresti domiciliari in Argentina, secondo la ricostruzione del pubblico ministero Francesco Caporale, appartenuti al "Grupo de Tarea 3.3.2" avrebbero «cagionato la morte dei tre italiani dopo averne disposto od operato il sequestro e dopo averli sottoposti a tortura». L'eliminazione delle vittime sarebbe stata decisa «nell'ambito del processo di riorganizzazione nazionale instaurato dalla dittatura militare argentina con il golpe del 24 marzo'76», ha dichiarato Caporale.
In questo procedimento, si sono costituiti parte civile i familiari dei tre desaparecidos, Inocencia Luca, vedova di Giovanni Pegoraro, e la famiglia Gullo, figli e nipoti di Angela Aieta, e anche la presidenza del Consiglio dei ministri italiana, la Regione Calabria e la Provincia di Cosenza, di cui era originaria la Aieta e le Madri di Plaza de Mayo, associazione delle mamme degli scomparsi e torturati sotto la dittatura, emblema della lotta per la verità e la giustizia.
In apertura del processo, la Corte, presieduta da Mario Lucio D'Andria, ha respinto l´ecezione sollevata da Acosta, Vanek, Febres e Astis sul difetto di competenza territoriale del tribunale di Roma. Il collegio dei giudici ha così riconosciuto al reato di cui sono accusati gli imputati lo status di delitto politico, sottolineando che non vi è alcun dubbio che le vittime furono fatte scomparire per motivi politici, perché considerate oppositori del regime esistente nel Paese. Fondato quindi l'interesse dello Stato italiano nella vicenda, «tenuto a tutelare, ha ricordato il presidente D'Andria, i diritti civili dei propri cittadini». L´unico a non essere processato in questa sede è l'ammiraglio Emilio Eduardo Massera, in attesa che vengano accertate le sue condizioni di salute essendo affetto da demenza senile. Solo dopo l'esito di questo accertamento, il giudice per le indagini preliminari di Roma, Marco Mancinetti, deciderà in merito alla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm Caporale.
L'inchiesta che ha portato al processo appena inizato fu aperta dopo la conclusione, nel dicembre 2000, del processo, svoltosi davanti alla stessa Corte d'assise per la morte di altri otto italo-argentini. In quell´occasione furono condannati all'ergastolo gli ex generali Guillermo Suarez Mason e Santiago Omar Riveros e a 24 anni di carcere i sottufficiali Juan Carlo Gerardi, Omar Hector Maldonado, Josè Luis Porchetto, Alejandro Puerta e Julio Roberto Rossin. La sentenza fu confermata poi in appello ed è diventata definitiva dopo pronuncia della Cassazione nel 2004.
I cinque imputati, Jorge Eduardo Acosta, Alfredo Ignacio Astiz, Antonio Vanek, Hector Antonio Febres e Jorge Raul Vildoza, quest´ultimo ancora latitante, mentre gli atri sono in carcere o agli arresti domiciliari in Argentina, secondo la ricostruzione del pubblico ministero Francesco Caporale, appartenuti al "Grupo de Tarea 3.3.2" avrebbero «cagionato la morte dei tre italiani dopo averne disposto od operato il sequestro e dopo averli sottoposti a tortura». L'eliminazione delle vittime sarebbe stata decisa «nell'ambito del processo di riorganizzazione nazionale instaurato dalla dittatura militare argentina con il golpe del 24 marzo'76», ha dichiarato Caporale.
In questo procedimento, si sono costituiti parte civile i familiari dei tre desaparecidos, Inocencia Luca, vedova di Giovanni Pegoraro, e la famiglia Gullo, figli e nipoti di Angela Aieta, e anche la presidenza del Consiglio dei ministri italiana, la Regione Calabria e la Provincia di Cosenza, di cui era originaria la Aieta e le Madri di Plaza de Mayo, associazione delle mamme degli scomparsi e torturati sotto la dittatura, emblema della lotta per la verità e la giustizia.
In apertura del processo, la Corte, presieduta da Mario Lucio D'Andria, ha respinto l´ecezione sollevata da Acosta, Vanek, Febres e Astis sul difetto di competenza territoriale del tribunale di Roma. Il collegio dei giudici ha così riconosciuto al reato di cui sono accusati gli imputati lo status di delitto politico, sottolineando che non vi è alcun dubbio che le vittime furono fatte scomparire per motivi politici, perché considerate oppositori del regime esistente nel Paese. Fondato quindi l'interesse dello Stato italiano nella vicenda, «tenuto a tutelare, ha ricordato il presidente D'Andria, i diritti civili dei propri cittadini». L´unico a non essere processato in questa sede è l'ammiraglio Emilio Eduardo Massera, in attesa che vengano accertate le sue condizioni di salute essendo affetto da demenza senile. Solo dopo l'esito di questo accertamento, il giudice per le indagini preliminari di Roma, Marco Mancinetti, deciderà in merito alla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm Caporale.
L'inchiesta che ha portato al processo appena inizato fu aperta dopo la conclusione, nel dicembre 2000, del processo, svoltosi davanti alla stessa Corte d'assise per la morte di altri otto italo-argentini. In quell´occasione furono condannati all'ergastolo gli ex generali Guillermo Suarez Mason e Santiago Omar Riveros e a 24 anni di carcere i sottufficiali Juan Carlo Gerardi, Omar Hector Maldonado, Josè Luis Porchetto, Alejandro Puerta e Julio Roberto Rossin. La sentenza fu confermata poi in appello ed è diventata definitiva dopo pronuncia della Cassazione nel 2004.
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