Venezuela, imprenditore italiano ucciso dai suoi sequestratori



fonte:la Repubblica

Filippo Sindoni, 75 anni, era stato rapito martedì scorso
Da 50 anni viveva nel paese, era nato a Capo d'Orlando

Industriale della pasta, aveva anche un quotidiano e una televisione
Era fratello del regista televisivo Vittorio. I funerali si svolgeranno in Italia





CARACAS - L'imprenditore di origine siciliana Filippo Sindoni, rapito a Maracay in Venezuela martedì sera, è stato ucciso dai suoi sequestratori. Lo ha annunciato la polizia dello Stato venezuelano di Lara e lo hanno confermato fonti diplomatiche italiane a Caracas.

Il cadavere di Sindoni, 75 anni, è stato rinvenuto dagli agenti in un terreno abbandonato a Carora, vicino a Barquisimeto, a circa 4 ore d'auto dal luogo del rapimento. L'imprenditore italiano era stato rapito da quattro malviventi che, travestiti da poliziotti, avevano organizzato un finto posto di blocco. I sequestratori avevano fermato la sua auto in una strada del centro di Maracay e, dopo aver colpito alla testa l'autista, erano fuggiti portando via l'ostaggio.

Immediatamente dopo il sequestro, in Venezuela era cominciata una vera e propria caccia all'uomo. Anche perché l'imprenditore, nato a Capo d'Orlando (provincia di Messina), era un amico del presidente Hugo Chavez. Il quale, prima di essere eletto, aveva svolto parte del suo servizio militare proprio a Maracay. La moglie di Sindoni, Basilia Sgrò è partita subito per raggiungere Maracay dove già si trova uno dei fratelli della vittima che si era recato in Venezuela subito dopo la notizia del rapimento. L'altro fratello, al quale Filippo Sindoni era legatissimo, è il regista cinematografico e televisivo Vittorio Sindoni, che ha diretto diverse fiction di successo (tra le ultime, "Il Capitano" e "L'uomo che sognava con le aquile"). I funerali si svolgeranno a Capo d'Orlando.

Filippo Sindoni lascia anche una figlia, Giovanna, che è psicologa dell'educazione e ha lavorato con l'Università Cattolica. La donna, che ha due figli piccoli è dovuta rimanere in Italia: "Stiamo cercando di organizzare il rientro della salma, ma ci vorrà un po' per via delle indagini che sta conducendo la polizia venezuelana - ha detto, sconvolta, Giovanna Sindoni -. L' ambasciatore italiano in Venezuela e quello venezuelano in Italia mi hanno offerto la massima disponibilità. Comunque la vicenda è seguita dai miei parenti, a Maracay. Io non andrò, perchè ho due bambini e devo pensare anche a loro".


Fonti diplomatiche italiane hanno rivelato che il cadavere dell'uomo, rinvenuto all'alba di ieri (il pomeriggio in Italia), presentava lesioni e i segni evidenti di un colpo d'arma da fuoco alla testa. "E' possibile - hanno ipotizzato le fonti - che, visto l'imponente meccanismo di ricerca organizzato dal governo, i rapitori si siano sentiti braccati ed abbiano deciso di mettere tragicamente fine al sequestro".

Il commissario Lisandro Zapata ha detto all'emittente televisiva Globovision - che ha interrotto le trasmissioni per dare la notizia dell'uccisione - che un contadino ha localizzato il corpo a Los Arenales, sulla statale Barquisimeto-Carora, nel territorio del Comune di Torres.

Sindoni, che viveva in Venezuela da 50 anni, doveva rientrare in Italia la scorsa settimana insieme alla moglie, ma era rimasto per votare. Sindoni si era battuto negli anni scorsi per il riconoscimento del diritto di voto degli italiani all'estero; per sette anni aveva rappresentato gli emigrati italiani in Venezuela nel Consiglio generale degli italiani all'estero ed era stato nominato Cavaliere del Lavoro da Scalfaro nel 1998.

In America Latina l'imprenditore siciliano era impegnato in numerose attività e titolare di svariate partecipazioni, nei settori edile, industriale e dei servizi. Era proprietario del quotidiano venezuelano "Aragueno", della televisione Yvs, di varie imprese alimentari, di una fabbrica che produce materiale plastico, di molti immobili e del centro commerciale Las Americas.

E intanto, in Venezuela, sono ancora cinque i cittadini italiani o italo-venezuelani attualmente nelle mani di bande di sequestratori.