Suicidio dell’opposizione venezuelana



Suicidio dell’opposizione venezuelana
di Tito Pulsinelli*

(*Analista e collaboratore di http//:www.selvas.org dal Venezuela)

L’opposizione venezuelana ha fatto un clamoroso autogol e scompare dalla scena parlamentaria. Il ritiro delle candidature e l’appello all’astensionismo sono stati una manovra di corte respiro, un tentativo infantile di confondere le acque per camuffare il disastro preannunciato dai sondaggi.

Oggi, si consolano sbandierando a destra e a manca degli schermi televisivi e delle prime pagine dei loro quotidiani, il 75% di astensionismo degli elettori. Cercano di ipotecare l’astensionismo, e con una appropriazione indebita danno ad intendere che è “cosa loro”.

Ognuno si consola come può, però è utile ricordare alcuni dati statistici.
L’8/11/1998, nelle elezioni parlamentarie dell’ultimo governo del vecchio regime, votarono 1.235 000 elettori, cioè l’11% degli aventi diritto al voto.
Nel 2000, nelle parlamentarie vinte dalla coalizione bolivariana, votarono 1 980 000 elettori, pari al 17% degli iscritti al registro elettorale.
Nelle elezioni di ieri, nonostante la massiva e multimilionaria campagna per far disertare le urne, la partecipazione è aumentata: hanno votato il 25% degli elettori.

Quelli che oggi si appellano ad una presunta mancanza di legittimità del nuovo Parlamento –che decisero di disertare per scelta propria- sono esattamente gli stessi che nel 1998 furono eletti deputati con l’11%. Se era legittimo l’11% non si capisce perchè non lo sia il 25%.


Tralasciando le contraddizioni logiche del settore sconfitto, la riflessione pertinente è che nei paesi presidenzialisti, la partecipazione di votanti è alta soltanto nelle elezioni presidenziali, ristagna nelle regionali ed è ancora più scarsa nelle comunali.
L’altra annotazione è che la dirigenza politica che è uscita definitivamente di scena, nel giro di due anni ha sperperato il capitale rappresentato dai 4 milioni di voti che nel Referendum si erano pronunciati contro la permanenza di Chavez.
Oggi, le numerose frazioni in cui è frammentata l’opposizione, non sfiora neppure il 10% della popolazione. Questa è la consistenza reale del “partito imperiale”, della destra golpista e dei nostalgici che sognano il ritorno puro e semplice al passato.

Sul versante di Washington e di Miami, la prevedibilità più scontata: si stanno sfiatando per gridare alla mancanza di legittimità e alla poca rappresentatività del nuovo Parlamento venezuelano.
Come al solito, vedono la pagliuzza nell’occhio del vicino ma non la trave conficcata nelle loro pupille.
I deputati del Congresso degli Stati Uniti sono stati eletti con un astensionismo del...63%. E nelle presidenziali vinte da Bush–frode a parte- gli astenuti sono stati il 44%.

Non hanno nessuna autorità morale per censurare chicchesia: è un pulpito da cui non si sono mai sognati –per esempio- di mettere in dubbio la legittimità del Parlamento del Canada, nostante sia stato eletto da appena l’8% dell’elettorato.
E’ del tutto evidente che a Washington guardano lontano, e cercano con una serie cumulativa di effetti destabilizzanti e negativi, intromissioni e satanizzazioni, di impedire ad ogni costo che nel prossimo mese di agosto, venga rieletto il Presidente Chavez.

Per il momento, hanno bruciato la parte residuale di una classe politica devota e incondizionale: ora devono trovare facce nuove, più fresche e, soprattutto, con maggiore credibilità. Una classe dirigente, però, non si inventa dal nulla e dal cappello del prestigiatore occulto possono uscire solo controfigure o proconsoli.