STEDILE DAL VENEZUELA



Title: STEDILE DAL VENEZUELA    
Vi invio un articolo di Stedile che sta facendo un giro in Venezuela, l'articolo uscirà sul numero di ottobre di Caros Amigos

(trad. Serena Romagnoli)



Venezuela: un paese in trasformazione

 
  Cari amici e amiche,
vi sto scrivendo dalle pianure bolivariane dello stato di Barinas, al centro del Venezuela. Sono qui facendo un   "recorrido” come dicono loro, per conoscere il processo della riforma agraria in Venezuela. Sono colpito, molto colpito. Alla fine, come dice il proverbio orientale, “Gli occhi vedono mille volte meglio degli orecchi".
Il Venezuela ha avuto un passato glorioso nel secolo XIX, con le eroiche lotte per l’indipendenza dirette da Simon Bolívar e Ezequiel Zamora, che ebbero come aiutante un coraggioso combattente brasiliano, che raggiunse il ruolo di generale: il generale Abreu de Lima, del Pernambuco, di cui sono molto orgogliosi in Venezuela; ma noi brasiliani, purtroppo, non conosciamo ancora la sua storia.  
Invece, il secolo XX ha riservato al Venezuela una vera tragedia economica. Il suo territorio è sdraiato su un immenso lenzuolo di petrolio. E la civiltà  degli USA, costruita sull’energia del petrolio, ha praticamente trasformato il paese in una sua colonia, per garantirsi il rifornimento della sua principale fonte di energia.
Si è creata una “santa alleanza” tra una minoranza dell’oligarchia locale che si è impossessata dello Stato e delle risorse del petrolio e si è arricchita, e la forza politico-economico-ideologica e militare dell’impero del nord che la proteggeva. Oggi, il Venezuela è responsabile del rifornimento del 25% di tutto il petrolio consumato negli USA. Risultato: l’80% della popolazione era immersa (prima dell’arrivo di Chavez) nella povertà assoluta, mentre il 2% dei venezuelani vivevano da nababbi. Solo l’8% della popolazione è restata in ambiente rurale, poiché l’agricoltura è stata completamente emarginata. E il paese è passato a comprare l’88% di tutti gli alimenti all’estero. Questo era il contesto storico nel quale, finalmente, a partire dal 1998, con la vittoria elettorale di un giovane e impetuoso colonnello, espulso dalle forze armate, è cominciato il cambiamento. E sono entrati nel XXI secolo con una nuova prospettiva: il Venezuela ha smesso di essere una colonia USA ed è diventato la  REPUBBLICA BOLIVARIANA DEL POPOLO DEL VENEZUELA.
All’inizio, sembrava si trattasse di un altro di questi "militari" populisti ingannatori, che molte volte sono arrivati al potere nel nostro continente.  L’oligarchia locale ha perso le elezioni ma ha cercato di mantenere in carica la stessa equipe economica del governo sconfitto (avete visto questo film in un altro paese?). Tuttavia, questo tentativo di cooptazione, è durato solo sei mesi.  Il giovane colonnello   Chávez  sembrava fare sul serio: si occupò  subito di cambiare le istituzioni. Convocò una Costituente che modificò tutte le leggi del paese e aprì uno spazio alla partecipazione popolare. Il popolo ci ha creduto e ha cominciato a mobilitarsi per questo governo che, poco a poco, si è trasformato in un governo popolare e rivoluzionario. Ed è anche andato sempre più assumendo   i sentimenti anti-imperialisti e indipendentisti di  Simon Bolívar.
Io ero passato di qui nel 2001, per un seminario sulle sfide dell’umanità,  ma non mi ero accorto di grandi cambiamenti. Al ritorno, non ho potuto raccontare molto ai miei compagni e compagne di Via Campesina del Brasile. Ora, mi rendo conto che il processo era in gestazione. Di ritorno in Venezuela vedo enormi trasformazioni. Nel governo, nel popolo, nel processo, nel modo di fare i cambiamenti. Quelle che non sono cambiate sono le elite, le oligarchie, attaccate come parassiti ai loro privilegi, che tentano in ogni modo di impedire i cambiamenti. Il presidente Chavez è passato attraverso sei plebisciti, un referendum e due elezioni. Li ha vinti tutti. E, nonostante questo, lo chiamano dittatore o despota. E alcune esponenti della borghesia brasiliana ripetono lo stesso discorso.
Ma cosa sta cambiando?
E’ cambiato il significato della politica per il popolo. Il popolo si sta coscientizzando e sta partecipando attivamente a tutte le decisioni dello Stato e del governo. E questa è la strada principale: fare che le masse partecipino alla vita del paese.
E’ cambiato il significato dell’economia. In particolare qui, dove c’è una dipendenza dal petrolio dell’80%. Infatti, i miliardi di dollari del petrolio, che prima erano usati soltanto dall’8% della popolazione per arricchirsi e utilizzarli in lusso e stravaganze, ora finanziano l’estensione  dei servizi pubblici di sanità e educazione a tutta la popolazione. Ora, servono alla distribuzione del reddito, garantendo alimenti a prezzi di costo, educazione gratuita, costruzione di abitazioni popolari, distribuzione di terra.
Il Venezuela è cambiato anche nella sua politica estera, esercitata ora con orgoglio  e un chiaro segno di indipendenza nei confronti dell’imperialismo. In questo modo anche il ruolo delle forze armate è cambiato. Sono rimasto colpito dal livello di politicizzazione dei giovani tenenti, maggiori e capitani,  che non vivono più nelle caserme, ma assumono attivamente la gestione di progetti sociali, come la costruzione di strade, ponti e dei  mercati popolari…. Hanno dato un senso alla loro divisa. Ho visto soldati armati, ma armati a favore del  popolo (como ha cantato Geraldo Vandré) che aiutavano durante l’occupazione della fazenda  Malquinesa, espropriata recentemente dei suoi 8.600 ettari totalmente improduttivi, anche se rappresentavano i migliori terreni del paese, nella pianura  Barinenha.  Ho visto giovani poveri, entusiasti poiché ora possono studiare non solo alla scuola primaria e secondaria ma possono iscriversi a qualsiasi corso universitario. Ho visto il presidente annunciare la creazione di 20.000 posti per studenti di medicina a partire da questo anno. Ho visto il presidente partecipare a un programma televisivo per sette ore, discutendo di tutti problemi del paese, con una trasparenza impressionante.  
Ho visto un generoso processo di riforma agraria, che espropria tutte le terre di cui si sono illegalmente appropriati grandi fazendeiros, che non sono riusciti a documentare la legittimità del loro possesso. Vengono tutelate  tutte le proprietà produttive, ma la riforma stabilisce l’esproprio di tutti i latifondi, indipendentemente dalla loro grandezza. La Costituzione dice chiaramente che la società del Venezuela vuole eliminare il latifondo. Ho visto l’oligarchia ringhiare come un cane rabbioso, bollando questa legge, approvata da più dell’80% dei deputati e sostenuta da una ampia maggioranza della popolazione, come un affronto al diritto di proprietà.
    Ho visto per le strade e nelle biblioteche popolari lo Stato che distribuiva più di un milione di esemplari di vari titoli di letteratura universale, come “I miserabili”, di   Victor Hugo,  Don Chisciotte….
Ho visto un popolo molto mobilitato e cosciente in difesa dei suoi interessi e lottando per vere trasformazioni economiche e sociali. Ho visto il presidente della Repubblica denunciare in una rete della televisione che c’era un’impresa petrolifera di proprietà dello stato venezuelano, che ha operato con 15.000 distributori di benzina e tre raffinerie, all’interno degli USA,  per 35 anni, e che in questi 35 anni, prima dell’avvento del governo bolivariano, nessun centesimo era stato  rimandato in Venezuela.  E che finalmente ora, dopo vari interventi, per la prima volt, in soli otto mesi, la nuova direzione  aveva rimandato nel paese 500 milioni di dollari di profitti liquidi. Immaginate quello che hanno rubato 35 anni! E il presidente annunciava che questo denaro, non previsto nel bilancio, sarà utilizzato per investimenti sociali a favore degli strati più poveri della popolazione.
E’ certo, tuttavia,  che il Venezuela  affronta enormi sfide. Molti ostacoli, come quello di liberarsi dalla dipendenza per l’acquisto degli alimenti. Come la sfida di ricostituire una struttura produttiva nel paese, che usi le risorse del petrolio per altri investimenti produttivi, generando lavoro per tutti. Dicono che la sfida maggiore è costruire un nuovo modello economico, che rompa con la dipendenza dal petrolio e dall’impero finanziario. E che si incammini verso il socialismo. Chiamano questo,  processo di costruzione di un modello di sviluppo endogeno, locale, venezuelano.
Ho visto molti cambiamenti che stanno migliorando la vita del popolo povero del Venezuela. Ho visto uomini e donne camminare con orgoglio e dignità a testa alta. Ho visto che l’America Latina ha una via d’uscita. Basta che ci sia un popolo cosciente, organizzato e mobilitato. E un governo impegnato con il suo popolo e non con il capitale. Giuro che ho visto tutto questo!
   
João Pedro Stedile é dirigente da Via Campesina Brasil