caos in Bolivia: il presidente Mesa annuncia le sue dimissioni




In Bolivia annunciate le dimissioni del Presidente in carica Carlos Mesa



E' esasperato dalle proteste e dagli scioperi portati avanti dai movimenti







In queste ore in Bolivia il Presidente in carica, Carlos Mesa, ha
annunciato le sue dimissioni al Congresso. Mesa ha indicato nelle proteste
di piazza e nelle mobilitazioni de El Alto il motivo della sua rinuncia. Il
tentativo è quello di far ricadere sulla società civile e sui movimenti la
responsabilità della crisi boliviana, occultando le reali responsabilità
del suo governo incapace di soddisfare le necessità basiche di milioni di
boliviani che vivono al di sotto della linea di povertà.



I reali motivi della crisi boliviana sono da ricercare nelle politiche
economiche che hanno in questi anni costantemente impoverito il paese e
scaraventato oltre il 70% della popolazioni nella miseria attraverso le
privatizzazioni dei principali beni comuni, gli accordi commerciali
internazionali, le devastazioni ambientali e la repressione costante nei
confronti di tutti coloro che si opponevano a tali scelte.



La società boliviana in questi ultimi cinque anni è riuscita a resistere ed
impedire che venissero portate avanti molte delle principali scelte imposte
dalla Banca Mondiale e dalle grandi multinazionali. La guerra dell’acqua
del 2000 per impedirne la privatizzazione nella città di Cochabamba e la
guerra del gas per fermare l’esproprio della principale risorsa del paese
imposto con contratti capestro dalle multinazionali, sono esempi della
straordinaria capacità della società boliviana di mobilitarsi per difendere
i propri elementari diritti.



In realtà le dimissioni di Mesa avvengono proprio per l’incapacità del suo
governo di garantire gli interessi delle multinazionali, il cui strapotere
continua ad essere messo in discussione dalle mobilitazioni dei cittadini
della città di El Alto capaci di espellere la multinazionale francese SUEZ
lo scorso 19 gennaio e che in questi giorni si sono opposti agli ultimi
tentativi messi in atto dalla transnazionale di impadronirsi delle risorse
idriche. Tutto ciò viene visto come un ostacolo alla politica di
appropriazione e privatizzazione delle principali risorse e danneggia le
casse delle principali multinazionali che in questi anni sono riuscite a
fare affari d’oro nel paese Andino e che di fatto gestiscono insieme
all’Ambasciata Statunitense la “classe politica” del paese.



Le scelta di Mesa di dimettersi incolpando coloro che difendono il proprio
diritto alla vita lascia presagire una situazione che potrebbe portare a
legittimare l’utilizzo della forza e lo strumento della repressione contro
una società in movimento capace in questi anni di recuperare il diritto
alla parola e la capacità di decidere del proprio destino, riscattando la
dignità di un intero popolo.



Per questo intendiamo esprimere la nostra solidarietà ai 200.000 abitanti
della città di El Alto, che non hanno accesso all’acqua potabile.
Condanniamo l’operato della multinazionale Aguas del Illimani (la cui
azionista di maggioranza è la Suez) che ha elevato le tariffe a livelli
impagabili, imposto importi elevati agli allacciamenti e lasciato gran
parte della popolazione senza l’accesso a questo servizio.



Esprimiamo solidarietà e appoggiamo l’ammirevole coraggio degli abitanti
della città di El Alto che si sono organizzati per richiedere
l’annullamento del contratto con la multinazionale Suez. In modo
particolare esprimiamo a loro solidarietà con il seguente documento:



1.	Appoggiamo la proposta dei cittadini di El Alto che stanno cercando
di creare una società pubblica in cui vengano garantiti democrazia,
responsabilità e controllo sociale.
2.	Appoggiamo i cittadini di El Alto nel loro totale rifiuto alla
proposta di creare un “nuovo modello” con la società anonima Mixta e in cui
la Suez continua a mantenere il controllo del 35%.
3.	Condanniamo le azioni della multinazionale dell’acqua Suez perché
dopo la scadenza del contratto ha minacciato di presentare una richiesta
legale al governo boliviano presso il Centro Internacional de Arreglo de
Diferencias Relativas a Inversiones (CIADI), un ramo della Banca Mondiale.
Questo riflette un diretto conflitto di interessi dovuto al fatto che la
Banca Mondiale possiede l’8% delle azioni della compagnia Aguas del Illimani
4.	Presentiamo un appello al Governo Boliviano e ai sindaci delle
città di El Alto e La Paz per garantire che i diritti umani e quelli
previsti dalla Costituzione ai cittadini boliviani, come il diritto a
riunirsi in assemblea, a protestare e a esprimere le loro obiezioni, siano
assicurati.
5.	Chiediamo che vengano presi immediati provvedimenti al fine di
risolvere questa situazione. La gravità di questo caso è evidente dallo
sciopero della fame iniziato dai leader della Federaciòn de
Juntas Vecinales (FEJUVE) dal 21 di febbraio e che si sta estendendo ad
altre regioni.





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