I: rassegna stampa: VENEZUELA, SCATTA LA RIFORMA AGRARIA: ESPROPRIATI I LATIFONDISTI



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
----------------------------------
tratto da "Green Planet" - 17/01/05
VENEZUELA, SCATTA LA RIFORMA AGRARIA: ESPROPRIATI I LATIFONDISTI
Il presidente venezuelano vara una riforma agraria «bolivariana», il primo
colpito è Lord Vestey, grande allevatore di bestiame.
«Una rivoluzione che si rispetti non può lasciare il 60 per cento delle
terre nelle mani dell'1 per cento della popolazione - ragiona Hugo Chavez -.
Questo si chiama feudalesimo». E stavolta il leader venezuelano dai proclami
è passato ai fatti. La riforma agraria «bolivariana» - o guerra al
latifondo - è scattata nei giorni scorsi, con i metodi coreografici e
sbrigativi ai quali l'ex parà ha abituato il Paese, che per metà lo adora e
per l'altra metà vorrebbe spedirlo a Cuba con biglietto di sola andata. Lo
scorso fine settimana 200 soldati della Guardia nazionale, accompagnati da
un gruppo di agronomi, hanno occupato un ranch per l’allevamento di bestiame
di proprietà di un lord inglese.

Alla guida del gruppo, un fedelissimo di Chavez nella provincia di Cojedes,
Rafael Aleman, felice di farsi fotografare con una t-shirt con la faccia del
Che Guevara. La scena si è ripetuta due giorni dopo alle porte di Maracaibo.
Stavolta è stato il sindaco della città, l'italo-venezuelano Giancarlo Di
Martino, chavista di ferro, a mettere in pratica le indicazioni del
presidente, ordinando la presa di due aree abbandonate nella periferia della
città. Serviranno, ha detto, per costruire abitazioni popolari, un centro
sportivo e un rifugio per bambini abbandonati.
Come è consuetudine da sei anni in Venezuela, i blitz voluti da Hugo Chavez
sono legali o ai limiti della legalità. La riforma agraria è infatti
prevista da una normativa, votata tre anni fa in Parlamento da una larga
maggioranza.

E' una legge simile a quella in vigore in Brasile, che prevede espropri di
terre improduttive e risarcimenti ai proprietari. «Chi lavora la terra e
produce non ha nulla da temere» assicurano a Caracas. A differenza del
Brasile, però, il Venezuela non ha un movimento di contadini senza terra che
preme, né una struttura produttiva e demografica che permetta un rilancio in
grande stile dell'agricoltura.
I critici sostengono che la mossa è di carattere politico e segue la
promessa di «accelerare la rivoluzione», lanciata da Chavez all’indomani
della vittoria contro l'opposizione nel referendum dello scorso agosto.
Il governo risponde che è necessario un riequilibrio tra città e campagne e
tra le attività economiche del Paese, che oggi dipende quasi esclusivamente
dal petrolio.

Il Venezuela è un concentrato di popolazione urbana: nove abitanti su dieci
vivono in città, di cui moltissimi in condizioni precarie nei barrios poveri
delle periferie. Arrivato al potere, Chavez promise di incentivare il
ripopolamento dell'interno del Paese, costituito in buona parte di pianure
deserte o incolte. Visto l'impossibilità di agire con deportazioni d'altri
tempi e d'altri regimi, oggi parla di necessità di combattere la miseria
rurale. Da qui la guerra contro il latifondo, che sarà - dice Chavez -
l'ossigeno della rivoluzione bolivariana.

Le proteste non sono mancate. Lord Vestey, soprannominato «Spam» come la
famosa carne in scatola perché la ricchezza della famiglia proviene proprio
da quel settore, sostiene che la tenuta occupata dall'esercito è proprietà
dei Vestey dal 1903. E dichiara di essere il maggior produttore di carne
bovina del Paese. Vedremo, ha risposto il governo al ricchissimo cittadino
britannico e amico del Principe Carlo, se quell’area verrà ritenuta
produttiva dai tecnici, sarà restituita.

L'associazione degli allevatori parla di «situazione di profonda insicurezza
legale». Molti osservatori fanno presente che il vero grande proprietario di
terre incolte in Venezuela è lo Stato, e non i privati, e che tutti i
tentativi fatti nel passato per redistribuire le terre alle famiglie sono
falliti. Per mancanza di mezzi, risorse o mercato, i contadini sono fuggiti
nelle città. La mossa di Chavez ha riscosso consensi in Brasile, dove il
forte movimento dei senza terra è ormai in rotta di collisione con il
presidente Lula, accusato di non espropriare terre a sufficienza. Ed è
piaciuta anche alla Pastorale della Terra, il gruppo legato alla Chiesa che
si occupa dei problemi nei campi.
Il Corriere della Sera, 14 gennaio 2005
-----------------------------------------