dal Chiapas



La Jornada 31 dicembre 2004

A 11 ANNI DALLA SOLLEVAZIONE ARMATA, LE COMUNITA' INDIGENE FANNO PROGRESSI

- I MUNICIPI AUTONOMI DIMOSTRANO IL SUCCESSO DELLE NUOVE FORME DI GOVERNO
- IN TERRITORIO ZAPATISTA, CON SCARSE RISORSE SONO RIUSCITI A COSTRUIRE
CLINICHE E SCUOLE

HERMANN BELLINGHAUSEN Inviato

La Realidad, Chiapas 30 dicembre. A 11 anni dalla sollevazione armata
dell'EZLN per rivendicare le
istanze più elementari degli allora (1993) invisibili popoli indios, è
cambiata la vita nei territori
zapatisti (o "di influenza zapatista", come si premurano di dire gli
accademici della materia ed i
funzionari governativi)? Da qualunque punto di vista la risposta non può
che essere affermativa. In poco più di un decennio le trasformazioni delle
comunità indios del Chiapas, zapatiste e no, sono state tanto profonde
quanto grande è diventata la loro importanza politica nella nazione
messicana del nuovo secolo.

Alla messa in pratica di un modello mai visto di autonomia indigena in
chiave comunitaria, il potere ha
risposto con investimenti record in opere pubbliche, programmi di aiuti e
progetti collettivi che spesso
stimolano una vera riconversione produttiva attraverso cui si vorrebbe
trasformare dei contadini in camerieri o guide turistiche o inserire
bestiame nella selva a fini commerciali, come negli anni funesti
dell'allevamento estensivo. Basti citare solo il discorso conservazionista
del governo, contraddetto
proprio dai suoi piani predatori e dalla consegna delle risorse naturali al
capitale forestiero, cose
che accadono a vista d'occhio.

Dovunque si guardi, la vita ora è diversa. All'azione indigena del 1994 il
salinismo reagì con una
pesantissima militarizzazione, consolidata dallo zedillismo e mantenuta
intatta durante il foxismo.
Questa reazione provocò la costruzione di un'immensa rete di strade negli
Altos, nella selva e nella zona nord, molte volte di pessima qualità ma
efficacea per militarizzare il territorio e nello stesso tempo combattere
"l'isolamento" dei popoli maya del Chiapas.

Questa militarizzazione previde in origine programmi di contrainsurgencia
armata che, come tali, sono
risultati un fallimento nonostante i successi temporanei del programma
paramilitare di Desarrollo,
Paz y Justicia a Sabanilla, Tila, Salto de Agua, Palenque e Tumbalá e
l'esperimento genocida a Chenalhó che il 22 dicembre 1997 sfociò in Acteal,
(con un costo elevato di vite umane).

Nel frattempo, decine di municipi autonomi hanno costruito una maniera
alternativa di vivere, senza
l'uso della forza né della violenza e con un limitato uso del denaro.
Questa combinazione sembrerebbe svantaggiosa, ed in un certo senso lo è.

Assediati sistematicamente dai quartieri ed accampamenti dell'Esercito
federale, i municipi
ribelli stabiliscono forme di governo che funzionano e senza le quali
sarebbe impensabile la governabilità in queste regioni, che presentano
indici di criminalità inferiori che in altre parti del Chiapas, le cui zone
urbane del centro e della frontiera del Soconusco occupano oggi uno spazio
rilevante nelle pagine di cronaca nera nazionale.

Quando le giunte di buon governo zapatiste (JBG) hanno presentato le loro
prime relazioni annuali nello scorso agosto, si è potuto confrontare il
bilancio di qualunque municipio ufficiale del territorio indigeno con
quello di una JBG. Quella di Oventic, per esempio, ha incassato 4 milioni
547 mila pesos e speso 3 milioni 501 mila pesos.

Se queste fossero le entrate di sette od otto municipi, l'autonomia
risulterebbe economica. Queste
cifre non considerano l'economia di produzione e sussistenza dei contadini
indigeni senza la quale la
resistenza sarebbe inspiegabile. Cifre simili finanziano uno solo dei
moltissimi progetti governativi per comunità individuali o piccoli gruppi
di ejidatarios filogovernativi.

Anche cosí, i municipi autonomi hanno costruito cliniche, case di salute e
scuole dappertutto, ed è
quasi un miracolo se si confronta questo con gli investimenti in
infrastrutture scolastiche del governo
sotenuti inoltre dalla Coca Coda Company e da altre imprese di prestigio
internazionale.
Come scrive la giornalista Concepción Villafuerte, "l'autonomia zapatista
avanza in silenzio" e fa
l'esempio dell'applicazione della giustizia in zone "dove non ci sono
prigioni, ma ci sono carcerati"
(Contralínea Chiapas, numero 2, dicembre 2004).
Tre immagini "dell'altra" globalizzazione
Una: 18 giovani danesi camminano, zaino in spalla, per le montagne della
selva tojolabal. Ritornano da una visita di due giorni alla comunità X,
dove il comitato di solidarietà al quale appartengono finanzierà la
costruzione di un'altra scuola autonoma. Forse non ritorneranno o lo
faranno solo il giorno dell'inaugurazione. L'opera e la gestione integrale
di questa scuola sarà a carico della comunità, del municipio autonomo San
Pedro de Michoacán e della JBG "Hacia la esperanza", in quest'ordine.

Niente a che vedere con gli aggressivi investimenti assolutamente
interessati della Ford Motor Company, la Banca Mondiale, USAID o la
Comunità Europea nella stessa selva Lacandona, favorite dai governi
federale e statale in posti come Lacanjá Chansayab, Zamora Pico de Oro o
Ixcán.

Si possono citare anche i patetici "centri turistici" che lo Stato
costruisce lungo il fiume Lacantún a Las
Nubes (Jerusalén), Sueño Prometido ed altre zone della prevista rotta
ecoturistica che strapperà la selva agli indigeni dove questi lo
permetteranno.

Oppure il ponte che si stende ad Amatitlán sul fiume Lacantún che unirà la
laguna di Miramar (e i Montes Azules in generale) alla rete stradale
federale ed è opera milionaria dello stesso governo che si proclama
"protettore" della selva vergine.

Due: a La Realidad arriva una carovana di 45 studenti provenienti dal
Distrito Federal per festeggiare
l'anno nuovo nel caracol "Madre de los caracoles del mar de nuestros
sueños". Vengono alla festa ma si mostrano anche ansiosi di lavorare ed
essere utili.
Insistono con i rappresentanti della comunità e del municipio autonomo che
alla fine permettono loro di andare a San José del Río per collaborare
nella costruzione del ponte di accesso alla nuova clinica
autonoma (perché ci sono ponti e ponti).

Tre: da alcuni anni, tutte le notti (o quasi) la luce elettrica illumina le
case ed i cortili de La Realidad. È elettricità generata dalla turbina
autonoma che i realideños hanno installato insieme ai
lavoratori del Sindacato Messicano degli Elettricisti, con il supporto
dell'organizzazione Ya Basta e di
altri gruppi italiani che appoggiano la resistenza zapatista.

Alcune notti, poche, la turbina si smonta o si spegne per pulirla ed
evitare che si guasti. Altre notti, un
po di più, la Commissione Federale di Elettricità sospende l'erogazione di
luce nella selva di confin e
nella gola di Las Margaritas per servizio inefficiente od un generale
mancato pagamento delle elevate tariffe dell'ente parastatale quale
resistenza civile di priisti, petisti, perredisti, oltre che degli
zapatisti che sono già in lotta. In alcuni momenti La Realidad è l'unico
insediamento illuminato nel raggio di centinaia di chilometri.



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