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HAITI: Una tragedia che è un'accusa
- Subject: HAITI: Una tragedia che è un'accusa
- From: "nello margiotta" <nellomargiotta55 at virgilio.it>
- Date: Mon, 12 Jan 2004 13:08:55 +0100
http://www.ilmanifesto.it/oggi/art53.html MAURIZIO MATTEUZZI Haiti, la Haiti cherie, la «perla» (francese) delle Antille, il paese-simbolo della barbarie schiavista su cui è nato il mondo moderno (noi, l'Occidente) e il paese-simbolo del riscatto degli antichi schiavi africani, la prima repubblica nera indipendente del mondo, è un atto di accusa. Contro quello che si usava chiamare il Terzo mondo ma anche, e forse ancor di più, contro di noi, Primo mondo. Qualche giorno fa, il primo gennaio, Haiti ha celebrato il bicentenario della rivolta degli schiavi che sull'onda della rivoluzione francese portò Toussaint Louverture a sancire l'abolizione della schiavitù e a proclamare l'indipendenza. Ma quella che doveva essere un anniversario di festa e di orgoglio, è stato un giorno di lutto. Di violenza e di lutto. Come tutti gli altri nella storia tormentata di quel paese. Il presidente Jean-Bertrand Aristide, che tante speranze di riscatto aveva sollevato nel 1990 quando fu eletto per la prima volta presidente della repubblica, si è rivelato un disastro per il suo popolo. Il piccolo salesiano che divenne famoso come il «prete delle bidonville», che parlava il creolo del popolo e l'antico ebraico della bibbia, si è trasformato in uno dei tanti satrapi di cui la storia dei paesi del Terzo mondo è fin troppo ricca. Oggi, non più prete, vive barricato con la sua famiglia nel suo lussuoso palazzo presidenziale, si sposta solo in elicottero, si appoggia a bande che poco hanno di politico e molto di gangsterismo, si è tagliato fuori da quel popolo che un tempo diceva di voler riscattare dopo i trent'anni di orrori duvalieristi e i successivi rigurgiti militari. La società civile - se c'è qualcosa del genere in una situazione così disperata - è contro di lui. Ne chiede le dimissioni. Le manifestazioni politiche dell'opposizione sono stroncate con metodi brutali. Haiti è ancora e sempre il paese più povero dell'America latina, almeno l'80% dei suoi 8 milioni di abitanti sono soffocati da una povertà paurosa, il 5% ha l'Aids. Di fronte a tanto autoritarismo egomaniaco, a tanta violenza, a tanta corruzione gli orhanismi internazionali - a cominciare dalle agenzie dell'Onu - hanno tagliato gli aiuti. Idem i paesi sponsor di Haiti - la Francia ma soprattutto gli Stati uniti. Il segretario di stato Colin Powell si dice «preoccupato». I vescovi della chiesa cattolica, in novembre, hanno provato una mediazione proponendo un consiglio provvisorio di 9 persone scelto dalla corte suprema fra i partiti politici e la società civile, per affiancare Aristide - che dice di voler restare alla presidenza fino alla sua scadenza naturale del 2006 - e preparare nuove elezioni sotto supervisione internazionale. Aristide sembra avere accettato l'idea ma l'opposizione vi si oppone - finora - e pretende le sue dimissioni. La situazione si farà ancor più critica nei prossimi giorni quando scadrà il mandato di tutti i deputati della Camera e dei due terzi dei senatori. Le elezioni parlamentari del 2001 furono già boicottate dall'opposizione e queste si avviano sulla stessa strada. Su Haiti sembra gravare una maledizione che appare in sintonia con i tempi che corrono, per cui i mostri generati dalle lotte di indipendenza fanno dire a molti che quelle lotte non hanno più legittimità o spazio e che, in tempi di globalizzazione, un imperialismo «benevolente» (o no), «democratico» (o no) è meglio che dare corda agli indigeni. Ma anche per Haiti e il suo Aristide non si tratta di una maledizione divina o genetica. Aristide - si può e di deve ricordarlo - entrò in carica la prima volta il 7 febbraio del `91 e fu rovesciato da un golpe militare incoraggiato dagli Usa nel settembre successivo. Si esiliò negli Stati uniti e tornò nell'ottobre del '94 sulle spalle dei marines mandati da Clinton, ansioso di dimostrare la forza imperiosa della democrazia. Può darsi che le cose sarebbero andate nello stesso modo disastroso. Ma in fin dei conti Haiti è sempre stata una colonia nordamericana. E, come dimostra la storia, i campioni mondiali della democrazia che siedono a Washington non hanno mai storto la bocca di fronte a dittatori e dittatorelli nel cortile di casa. Finché gli sono tornati utili. Anzi.
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