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Xucuru, guerrieri della pace
- Subject: Xucuru, guerrieri della pace
- From: "Cristiano Colombi" <ccolombi at tiscalinet.it>
- Date: Tue, 14 Oct 2003 11:02:48 +0200
"Xucuru, guerrieri della pace" Terra e diritti per gli indios del Pernambuco, Nordest del Brasile. Intervista a Marcos Luidson de Araujo, cacique Xucuru. di Cristiano Colombi (Associazione SAL) Lungo le strade di Recife, colorata dai cartelloni pubblicitari della Tim e della CocaCola, decine di paia di piedi nudi battono l'asfalto. Tra il chiasso dei clacson, si distingue chiaramente il fruscio delle palme secche di cocco. Mani, volti, colori, canti dall'interno dello Stato di Pernambuco giungono fino alla capitale per rivendicare un'altra verità. "La storia delle violenze inizia 500 anni fa, parte da lì. Al tempo della conquista, gli Xucuru erano un popolo guerriero rifugiato nella foresta di Pesqueira, a 200 km da Recife. Perseguitati a causa della propria cultura, per i propri riti religiosi, abbiamo mantenuto le nostre tradizioni di nascosto, nascondendo anche la nostra identità. Ciò non è avvenuto senza costi: abbiamo perso la nostra lingua e abbiamo subito l'oppressione." Parla Marcos, 24 anni, cacique - l'autorità politica indigena - del popolo Xucuru nel Nord Est del Brasile. La lotta indigena in questa regione è una lunga battaglia per la terra, contro violenze e intimidazioni continue da parte dell'oligarchia terriera, troppo spesso taciute all'opinione pubblica internazionale. Per questo abbiamo scelto di diffondere questa testimonianza in prossimità del 12 ottobre, ricorrenza della scoperta/conquista del continente americano. "Trenta anni fa la situazione inizia a cambiare con le prime rivendicazioni. Fu mio padre a battersi per primo con la prospettiva di recuperare il territorio indigeno, ora di proprietà dei fazendeiros, come sancito dalla Costituzione brasiliana del 1988. Gli Xucuru allora iniziarono a riunire il loro popolo, in gran parte disperso e non più identificato. La FUNAI allora censiva solamente 1000 indios in 4 aldeias (villaggi) e aveva il progetto di spostare il popolo all'interno di una riserva. Ma noi ci siamo battuti per riprendere possesso del nostro territorio originario, nella Serra do Ororubà." Marcos, a che punto è il processo di recupero del territorio? "Attualmente il territorio Xucuru è identificato, delimitato, omologato e ne occupiamo ormai il 40%. Dei 281 fazendeiros, 90 sono stati già espulsi o rimborsati. Ma 7 di loro sono familiari dell'ex vice-governatore dello Stato e si stanno opponendo con ogni mezzo al riconoscimento dei nostri diritti. Così è iniziata la storia recente degli assassini e delle minacce di morte contro i nostri dirigenti: José Everaldo Bispo nel 1992, Geraldo Rolim nel 1995, mio padre cacique Xicão nel 1998, Chico Quelé nel 2001, fino al 7 Febbraio di quest'anno, quando in una imboscata per colpire me e mia madre sono stati uccisi altri due compagni." È una sequenza impressionante. Qual è il ruolo delle istituzioni in tutto questo, intendiamo della polizia e della magistratura? "Non abbiamo molta fiducia. Ci sono complicità molto forti, anche se sappiamo che la legge sta dalla nostra parte. Ad esempio, nel 1998 la versione della Polizia Federale sull'assassinio di mio padre considerava tre ipotesi: una disputa interna al popolo indigeno per il potere; un delitto di gelosia da parte di mia madre; solo come ultima possibilità i fazendeiros. Mia madre dovette fuggire varie volte per non essere arrestata dalla polizia. Nel 2001 i procuratori accusarono due indigeni della morte di Chico Quelé. La motivazione era che il leader indigeno voleva denunciare una sottrazione di denaro destinato a progetti dell'UNICEF e del CIMI (il Consiglio Indigenista Missionario che ha accompagnato sin dall'inizio la lotta degli indigeni del Nord Est). Presentammo tutti i documenti necessari per dimostrare che ciò era una ulteriore calunnia, ma il pubblico ministero incarcerò ugualmente i due indigeni, tra cui il vice-cacique. Continuammo la nostra battaglia giudiziaria lungo tutti i gradi del processo, fino ad arrivare alla Corte Suprema, anche con l'aiuto di Amnesty International. E alla fine scarcerarono i nostri compagni. Dopo l'aggressione che hai subito ti senti ancora in pericolo? Ci sono possibilità di ottenere giustizia in Tribunale? "Sono cacique dal 2000 e sono ora indicato come persona violenta ed estremamente pericolosa perché difendo gli interessi del mio popolo e i suoi diritti. Sono trattato come un bandito e perseguitato dalla polizia federale e dai giudici. La versione dell'agguato di Febbraio data dalla polizia parla di 'conflitto tra indigeni', che è solo un modo per perpetuare l'impunità del vero assassino e per accusare invece le vittime." Lo scorso 26 Agosto, alla vigilia dell'udienza della difesa, oltre 200 indios Xucuru hanno marciato pacificamente per le strade di Recife, chiedendo il rispetto della verità da parte della giustizia. Molte persone si sono unite al corteo e i giornali locali hanno pubblicato la notizia il giorno successivo. Durante l'udienza del 27 Agosto degli 11 testimoni della difesa erano presenti solo 4, che più volte sono caduti in contraddizione. "Sono venuto a sapere che in passato due sicari erano venuti da S.Paolo per uccidermi. Avevano 8 giorni di tempo e avvicinarono una compagna indigena per avere informazioni. I mandanti erano i fazendeiros. In questa situazione non ci sentiamo protetti dalla polizia, non abbiamo fiducia nello Stato. Ogni volta al ritorno all'aldeia non so che cosa può aspettarmi." Qual è adesso il vostro principale obiettivo, l'esigenza più importante per il popolo Xucuru? "Lottiamo per i diritti umani, soprattutto per una educazione differenziata. È difficile impiantare una scuola che risponda alla realtà degli indios. E che trasmetta i nostri valori, che conservi le nostre tradizioni, per affrontare i problemi attuali. Vogliamo formare guerriere e guerrieri critici, vogliamo trasmettere loro il rispetto per la natura, per la terra, le pietre, l'acqua. "Ma la scuola indigena ha mille difficoltà. Mancano le risorse, come la merenda per i bambini, l'acqua. Mancano i salari per il trasporto scolare e anche per i professori indigeni. A volte è solo un problema burocratico, che viene trascurato nell'indifferenza dell'amministrazione pubblica." Cosa intendi quando parli di guerrieri e che significato può avere adesso? "L'indio Xucuru è sempre stato guerriero, ma non nel senso comune del termine. Per noi essere guerrieri significa affrontare le sfide del presente apprendendo dalla nostra storia, dalla storia dei nostri antenati. Significa rispettare le tradizioni, la natura e gli anziani. Significa affrontare la persecuzione del nostro popolo, portando avanti le nostre giuste rivendicazioni. Per questo diciamo: guerrieri critici per i propri diritti" Cosa c'è nei vostri progetti futuri? "Il futuro ci dice che non è tempo di fermarsi, che abbiamo con noi la forza dello spirito. Ora il popolo crede nella liberazione del proprio territorio, è convinto che i suoi progetti siano possibili. È cosciente della necessità di unire gli indios anche a livello nazionale, per convincere il governo ad assumere una politica a favore dei popoli indigeni del Brasile. "Non lottiamo più da soli, né per noi stessi. In questo modo ci stiamo avvicinando anche alla politica locale. Nelle prossime elezioni cercheremo di avere dei consiglieri municipali. Sta aumentando la nostra coscienza, la convinzione di poter portare come indigeni dei miglioramenti per l'intera società." E a livello concreto, come vi state organizzando nei territori recuperati? Come affrontate il problema dello sviluppo economico nelle vostre terre? "Le terre sono molto fertili, ma l'attività dei latifondisti rende difficile lo sviluppo delle nostre attività. Infatti il grande interesse dei fazendeiros è l'allevamento e per questo hanno bisogno di grandi estensioni di terreno disboscato. Invece noi vogliamo coltivare la terra nel rispetto della natura: nella nostra cultura la terra è la madre ed è impensabile il suo sfruttamento. Insieme al CIMI stiamo pensando di sviluppare l'agricoltura organica e sostenibile, che qui chiamiamo 'agroforesta'. Un esempio è il rimboschimento con alberi da frutta. Ora stiamo progettando l'attività, dalla produzione alla commercializzazione, alla ricerca di risorse economiche. Inoltre abbiamo costituito un'associazione rurale che può amministrare direttamente il progetto. E finora non abbiamo ricevuto nessun appoggio da parte del governo." Per un giorno abbiamo camminato per le stesse strade e abbiamo gridato le stesse parole. Al nostro ritorno in Europa vogliamo portare un messaggio da parte vostra. "Ecco cosa vogliamo dire ai vostri compagni e amici italiani, alla vostra società: che non bisogna mai sottrarsi alle difficoltà di ogni giorno, ma lottare sempre per i propri ideali, perché le difficoltà saranno sempre minori. So che ci sono anche da voi molte persone escluse, che continuano ad andare avanti per cambiare, che lottano come noi 'per una terra senza mali'. "Volgiamo rivolgerci anche ai governanti, che guardino queste minoranze escluse. Che possano aiutare il popolo brasiliano, soprattutto per combattere le persecuzioni, per sostenere la redistribuzione delle terre, le rivendicazioni degli indios, ma anche di tutte le altre forze sociali. Dobbiamo mutare questa situazione di ingiustizia e per fare questo abbiamo bisogno dell'aiuto di altri paesi. Vogliamo incontrarli e parlargli della nostra situazione di popoli del Nord Est del Brasile, che soffrono a causa del capitalismo. Speriamo che il popolo avanzi. Avanzeremo!"
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