Bolivia: scontri tra contadini e polizia, sette morti, scortato un gruppo di turisti



di red
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 Una battaglia vicino al Lago Titicaca, al confine tra Bolivia e Perù, fra
forze dell'ordine che proteggevano un gruppo di
turisti, e contadini della provincia di La Paz in lotta contro un progetto
di esportazione di gas si è conclusa ieri con la morte di sette persone, fra
cui un soldato ed una bambina di otto anni che era affacciata ad una
finestra.
La mobilitazione va avanti da anni e le manifestazioni si sono succedute in
questi giorni, indette dal Movimento al
socialismo (Mas) dell'ex candidato presidenziale Evo Morales, e soprattutto
da Felipe Quispe, leader della Confederazione
sindacale unica dei lavoratori contadini della Bolivia (Csutcb) che ha
bloccato tutte le vie di comunicazione da e per La Paz,
con l'unica eccezione della stradale per Oruro. In questo modo l'opposizione
tenta di bloccare un progetto del presidente Gonzalo Sanchez de Lozada di
esportazione di gas boliviano a Messico e Usa, via Cile, esigendo invece che
prima della vendita del prodotto esso sia trattato in Bolivia. I contadini
chiedono che in cambio dell'esportazione del petrolio si costruiscano
scuole, strade e ospedali e sia portata l'elettricità nei villaggi. E
sostengono che la polizia che scortava i turisti ha sparato ad altezza uomo,
provocando la reazione dei contadini con pietre e bastoni.
Il governo boliviano ha addossato la responsabilità dell'accaduto alle
organizzazioni contadine, escludendo però l'introduzione dello stato
d'assedio perchè, ha detto il ministro della presidenza Guillermo Justiniano
«si tratta di un problema specifico di una zona del paese e la democrazia,
lo stato di diritto e le leggi forniscono gli strumenti sufficienti per
sanzionare ed evitare questo tipo di eventi». Il sottosegretario agli
interni e alla polizia, Josè Luis Harb, ha detto che «i morti sono sette, i
feriti 17, due agenti sono dispersi mentre cinque persone sono state
fermate».
Di fronte a questa analisi, Quispe ha sfidato il governo rivelando che
«abbiamo deciso di imporre lo stato d'assedio
alle 20 province del dipartimento di La Paz» e che «qualunque soldato o
agente di polizia che transiti nelle strade della
regione lo farà a suo rischio e pericolo». Il sanguinoso scontro, in cui le
due parti hanno fatto ampio uso di fucili e pistole, è avvenuto nella zona
abitata di Warisata (80 chilometri dalla capitale boliviana), dopo che ore
prima 60 automezzi con a bordo 1.000 persone avevano lasciato la località
turistica di Sorata scortati da un consistente contingente di soldati e
agenti di polizia.
I turisti, che avevano partecipato sette giorni fa alle feste religiose
della cittadina ai piedi della vetta andina Illampu,
avevano chiesto aiuto per poter tornare a casa. Fra di essi si trovavano
anche cittadini statunitensi, britannici, israeliani,
svedesi, svizzeri e peruviani, ma nessun italiano. Tutto era andato bene
fino che in serata il convoglio, giunto a Warisata, si è dovuto fermare
perchè manifestanti avevano collocato tronchi di traverso sulla statale.
Mentre le forze dell'ordine cominciavano a liberare la carreggiata, è
scattata una offensiva dei contadini che hanno lanciato pietre e oggetti
contundenti contro gli automezzi.
La quiete del luogo, assicura la stampa, è subito stata spazzata via dai
disordini, durante cui si sono uditi nettamente
spari provenienti dalle armi di cui disponevano, oltre ai soldati e agli
agenti, anche i commando contadini. Fra le
vittime, un militare, una donna, tre contadini, ed anche una bambina che,
secondo Radio Fides, assisteva a quanto stava
succedendo in strada. La battaglia è durata alcune ore, dopodichè il
convoglio è ripartito per giungere in nottata nella capitale.
Ricostruendo l'accaduto, il ministro Justiniano, ha indicato che «è scattata
una imboscata in cui in maniera premeditata si
è sparato ponendo a rischio la vita di centinaia di persone». Gravi i danni
anche a Sorata dove, riferisce la televisione
Atb, i contadini sono entrati con dinamite dopo la partenza del convoglio
scortato dai militari ed hanno incendiato l'Hotel
Copacabana, la sottoprefettura e l'edificio del Municipio.