Brasile: Dalle favelas...



http://ilmattino.caltanet.it/hermes/20030818/NAZIONALE/10/GIRO2.htm

Da giovane vescovo aveva difeso insieme al sindacalista Lula i diritti dei
lavoratori conculcati dalla dittatura militare. Oggi, oltre a guidare la
diocesi su cammini di evangelizzazione e di approfondimento spirituale, ha
creato un organismo per il sostegno e l'orientamento dei disoccupati, che
nella sola Sao Paulo, capitale industriale del Brasile, sono oltre due
milioni. All'inaugurazione di una mensa popolare voluta dal governo, il
cardinale si è unito al coro degli elogi per l'iniziativa, ma ha anche
precisato che la speranza di tutti deve essere che di simili mense non ci
sia piú bisogno, perché ognuno possa avere un lavoro e vivere di esso.
Gabriel è un uomo giovane, che viene dall'esperienza del volontariato
cattolico: oggi è ministro dell'educazione nello Stato di Sao Paulo e si
sforza di portare avanti programmi di giustizia sociale attraverso la scuola
e l'università. Sotto il suo impulso, il tirocinio di moltissimi studenti si
svolge realizzando progetti di alfabetizzazione degli adulti, in modo da
creare solidarietà fra chi studia e chi è in situazioni di miseria e degrado
e da promuovere l'emancipazione dei più deboli. Sono questi alcuni dei
partecipanti al corso che sto tenendo a Itaici, un luogo meraviglioso
immerso nel verde a un centinaio di chilometri dalla metropoli brasiliana,
dove nell'accogliente casa di esercizi della Compagnia di Gesú circa
duecento persone - quasi l'ottanta per cento del clero di sao Paulo, insieme
con alcuni laici - segue con passione le riflessioni che andiamo facendo
sulla fede e l'impegno cristiano nella storia.
Già queste pennellate dicono come il Brasile sia un laboratorio singolare
della presenza della Chiesa nella società: dopo gli anni difficili della
dittatura, la costruzione di una democrazia giusta è la grande sfida di un
paese che dispone di immense ricchezze naturali e umane, e che soffre di
altrettanto immense sperequazioni. Il programma di base dell'attuale
presidente Lula - lo stesso sindacalista compagno di lotte dell'allora
giovane vescovo, oggi cardinale di Sao Paulo - si riassume in un'espressione
drammatica: "Fome zero" ("Fame zero"). Sì, perché nel paese delle enormi
risorse della natura c'é ancora una percentuale altissima, veramente
scandalosa, di poveri che soffrono la fame. Questa situazione non è solo la
conseguenza dello sviluppo demografico impressionante degli ultimi cinquanta
anni, ma anche e soprattutto dell'iniqua distribuzione della ricchezza,
favorita dalle grandi agenzie multinazionali operanti nel paese.
Si comprende allora come - al di là del colore politico - il programma di
Lula sia oggi quello di qualunque brasiliano che desideri un futuro migliore
per la sua terra, e quindi anche il programma di chi come la Chiesa è
impegnata in prima linea dalla parte dei poveri. Potrà aver successo questo
programma? L'analisi meramente economico-politica della situazione
internazionale e degli equilibri di forza presenti in essa indurrebbe a una
risposta negativa, pessimista. La gente che ho incontrato in questi giorni,
voce della parte più viva e impegnata di questo popolo straordinario, osa
sperare di no. Una cosa è certa: il Brasile non va lasciato solo nel suo
sforzo di riscatto al servizio della dignità di ogni persona umana. Per chi
ha fede, questo sogno può diventare realtà. Ne era convinto già Herder
Camara, il vescovo dei poveri morto qualche anno fa, che amava ripetere con
fiducia: «Beati quelli che sognano: daranno speranza a molti cuori e
correranno il rischio di vedere il loro sogno realizzato».

Bruno Forte