EDIZIONE STRAORDINARIA - Argentina: chiavi di lettura per il voto di oggi.



EDIZIONE STRAORDINARIA - Argentina: chiavi di lettura per il voto di oggi.

di Gennaro Carotenuto

da domani, analisi e commenti in http://www.radioitaliana.it

L'attesa è in queste ore spasmodica, quasi impaurita nella Capitale
Federale Buenos Aires, come a la Quiaca, oltre il Tropico, al Nord, al
confine con la Bolivia, come 5.000 km più a Sud, a Ushuaia, nella Terra del
Fuoco. L'autunno precoce ha portato piogge intense ed un freddo
preoccupante per la stragrande maggioranza degli argentini che non può più
permettersi un riscaldamento.

Spasmodica è soprattutto la preoccupazione che possa realizzarsi un
ballottaggio congiunto tra i due candidati fondomonetaristi.

Carlos Menem e Ricardo López Murphy (da NON pronunciarsi "Marfi" ma
"Murfi"), portano con sé grandi differenze caratteriali ma un unico filo
rosso politico: la prosecuzione e l'indurimento del modello neoliberale,
l'imposizione di questo con la forza e la repressione generalizzata, a
partire dal carcere ai minori di 14 anni ed alla possibilità alla polizia
di interrogare - leggasi torturare - alla teorizzazione della fine della
scuola pubblica, il pagamento senza discussioni del debito estero, alla
dissoluzione del Mercosur per legarsi carnalmente all'Alca, il mercato
comune imposto al continente da George Bush, isolando Luis Ignacio da Silva
ed il Brasile progressista.

E' probable, e sperabile, che stanotte scopriremo che il fenomeno López
Murphy, che ha raddoppiato, almeno secondo l'alluvione di sondaggi, le sue
preferenze negli ultimi 20 giorni, sia stato una giocata mediatica pagata
dall'establishment con fiumi di denaro. Li hanno giocati alla roulette su
un candidato più giovane, più duro e più affidabile, dell'imbolsito ma
sempre pericoloso ex-presidente. Questi, qualora tornasse alla Casa Rosada,
risulterebbe il più serio competitore di Silvio Berlusconi come capo di
governo con più processi per corruzione aperti al mondo.

Molti segnali danno i molteplici sondaggi condotti come o direttamente
truccati, o realizzati senza alcuna scientificità. Ci sono sondaggi che
appena rilevano le preferenze di 350 elettori. Altri sono stati realizzati
per telefono in un paese dove negli ultimi 15 mesi, un quinto degli
abbonati ha dovuto rinunciare al servizio per morosità. La Nación, il
quotidiano dell'establishment porte-o, sta investendo tutta la propria
credibilità per tirare la volata ad un candidato con preoccupanti tratti
fascistoidi e che ha già dichiarato la sua adesione piena alla dottrina
Bush ed al "consenso di Washington".

Al di là di ciò è chiaro che Carlos Menem sfondi - come Achille Lauro - in
settori importanti del sottoproletariato indigente così come che López
Murphy rappresenti le istanze della destra dura e pura, e perfino fascista,
pur catturando quote di voto nella sinistra acriticamente antiperonista. Di
Carlos Menem si sa tutto: dovrebbe stare in carcere per mille motivi ma è a
pochi passi dal ritorno alla presidenza. Rappresenta l'eterna nostalgia
tanguera ad un passato più felice. E il tratto antropologico dell'avere
impostato gli ultimi giorni di campagna elettorale su di un dettaglio
volgare, quello del rivendicare la propria potenza sessuale per la presunta
gravidanza della giovane moglie, la cilena Cecilia Bolocco, è
significativo: "lui può".

Ma in questa elezione ci sono altri tre candidati importanti. Uno dei
quali, Nestor Kirchner, è il più probabile concorrente di Carlos Menem nel
ballottaggio del 18 maggio e, sempre secondo i sondaggi, se riuscisse ad
arrivarvi, il più probabile prossimo presidente.

Nato nel '50, militante di secondo piano della Juventud Peronista, Kirchner
sopravvisse all'esilio interno ritornando nella Patagonia nativa, dove da
oltre un decennio è governatore della provincia di Santa Cruz. Qui il suo
mandato manifesta qualche luce da non sottovalutare come la perequazione
tra ricchi e poveri ferma a 11 volte contro le 40 della media nazionale.
Ovvero: nella provincia di Santa Cruz i ricchi sono solo 11 volte più
ricchi dei poveri.

Nestor Kirchner è oggi il delfino del presidente Duhalde, fino a scegliere
il Ministro dell'Economia di questi, Roberto Lavagna, come proprio.
Necessitava di un apparato all'interno del partito che non possedeva né
nella Provincia di Buenos Aires né in Capitale ed ha mitigado il linguaggio
"progre" iniziale, soprattutto nella scelta di Scioli come vice; questi è
un'impresentabile sorta di Dan Quayle neoliberale.

Probabilmente l'aspetto di politica continentale è quello che più fa
apparire la candidatura del santacruce-o come potabile. Sicuramente al
Palazzo di Planalto, a Brasilia, si incrociano le dita per lui, dopo che
ancora a dicembre la candidata preferita dell'apparato petista e dello
stesso Lula era Elisa Carrió. Solo una sconfitta dell'ultradestra
fondomonetarista di Menem o López Murphy, può fare agio alla politica
estera di Lula nella ricostruzione di un Mercosur che promuova sviluppo ed
embrioni di giustizia e progresso sociale nel continente.

Dietro di Kirchner si affanna il terzo peronista del lotto. Un Adolfo
Rodríguez Saá, estemporaneo presidente a dicembre, che non ha nel corso
della campagna ridotto ma anzi aumentato i tratti folcloristici della sua
figura. Populista classico, cattura oggi in pochi, salvo che nella
Provincia di San Luis, della quale è eterno - e corrotto - caudillo e dove
più edifici pubblici portano il suo nome di quanti non portassero a Bagdad
il nome di Saddam Hussein. Con lui il peronismo più popolare e combattivo
ed il vecchio apparato montonero, catturato dal linguaggio "setentista", da
anni '70, e quindi in massa, dopo aver creduto ed essersi spesso sporcati
le mani con Menem, oggi di nuovo al servicio de "el Adolfo".

Alla pari con lui nei sondaggi, e quindi con apparentemente poche
possibilità di arrivare al ballottaggio, sta Lilita Carrió, fuoriuscita dal
radicalismo, vittima spesso di una campagna razzista, perché donna, perché
obesa, e perfino perché cattolica in un paese cattolico, che l'ha sfiancata
fino al quasi tramonto delle sue speranze.

In realtà Carrió resta una decente candidata, con un discorso centrista ma
attento almeno al sociale ed alla lotta alla corruzione che in Argentina
non trova spazio da 30 anni.

Carrió ha però sbagliato troppo. Si è creduta virtuale presidente un anno
fa, quando volava in testa ai sondaggi ed ha visceralmente evitato di
allearsi con chicchessía. Un eventuale ticket con Nestor Kirchner avrebbe
potuto sbaragliare il campo, ma anche più semplici alleanze come quella con
il Partito Socialista - che oggi avrebbe potuto darle quei pochi punti che
le mancheranno al ballottaggio - sono risultate equazioni insolubili per
una Carrió che anche da Presidente mostrerebbe gravi difficoltà a
coaugulare maggioranze parlamentari.

Molto più giù nei sondaggi, sotto il 3%, restano altri quattro candidati
che vanno almeno nominati. Tre di loro sono nanetti di sinistra, il
socialista Bravo, il Trosko Altamira e Patricia Walsh di Izquierda Unida.
Presi singolarmente sono eccellenti persone, compagni integerrimi e dalle
idee politiche brillanti, ma non si capisce perché la sconfinata ambizione
di chi è geneticamente incapace di mettersi d'accordo neanche con sé
stesso, debba debordare in improbabili candidature presidenziali.

E qui viene a galla almeno un cenno sulla presunta rivoluzione argentina
del dicembre 2001. Settimanali del tutto prescindibili come "Carta",
parlavano del fuoco fatuo delle Assemblee popolari e si affannavano a
disegnare geografie del Movimento Piquetero come se rappresentasse tutto il
quadro politico argentino: per loro, che nulla decifravano della storia
argentina, era cominciata la Rivoluzione.

Le Assemblee popolari sono state purtroppo una semplice occasione per
prendere il fresco nelle calde sere di estate australe - come chi scrive ha
visto ed affermato fin dal dicembre 2001 - ed il pur generoso Movimento
Piquetero, si è rivelato una minoranza del tutto isolata ed incapace di
dialogare con un paese dove si dimentica che una generazione intera di
líder politici e di classe dirigente è stata sterminata dal genocidio
voluto dalla dittatura fondomonetarista. Se la sinistra radicale argentina,
che non vuol fare e non farà del male ad una mosca, non saprà curare quelle
massicce dosi di autismo che ha manifestato non capitalizzando in nessun
modo gli avvenimenti del dicembre 2001, è attesa da tempi duri, di
repressione massiccia in un contesto nel quale il paese - vinca chi vinca
le elezioni - chiuderà entrambi gli occhi.

Oltre ai tre nanetti si aggiunge il candidato radicale ufficiale Moreau,
che fa da portabandiera del vecchio partito in un'elezione dove sia la
Carrió che López Murphy provengono dalle file del radicalismo.

Questo dato, insieme a quello ben più pesante delle tre inconciliabili
candidature peroniste, Menem, Kirchner, Rodriguez Saá, contiene forse il
dato più positivo ed importante delle elezioni di oggi a Buenos Aires. E'
cominciato il processo di destrutturazione del quadro politico argentino
figlio del XX secolo: solo l'esplosione dall'interno del radicalismo e del
peronismo potrá creare un quadro politico almeno leggibile come in Europa,
dove una destra ed un centro (ex-sinistra) si contendono il potere e la
sinistra possa ricostruire e rigenerarsi sulle istanze della lotta al
neoliberismo, che affama, corrompe ed uccide.

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