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Cuba: I brutti processi dell'Avana
- Subject: Cuba: I brutti processi dell'Avana
- From: "Nello Margiotta" <animarg at tin.it>
- Date: Sat, 5 Apr 2003 15:00:11 +0200
Chieste pene pesantissime, fino all'ergastolo, per 79 dissidenti. Il ruolo di Mr. James Cason MAURIZIO MATTEUZZI www.ilmanifesto.it Giovedì si sono svolti all'Avana e altre città di Cuba i processi contro 78 o 79 dissidenti cubani. Processi fin troppo rapidi - un giorno e via -, a porte chiuse - l'ingresso consentito solo ai familiari, fuori stampa e diplomatici stranieri -, con poco tempo e garanzie per i difensori - sovente d'ufficio -, di cui i media cubani - dopo che sul Granma del 19 marzo era stata data notizia degli arresti di «varie decine di persone» - non hanno fatto parola. L'accusa era «atti contro l'indipendenza e la integrità territoriale dello Stato». Non essendoci nulla di pubblico non c'è nulla di ufficiale e di certo. Sembra tuttavia che l'accusa abbia chiesto l'ergastolo per 11 o 12 degli imputati e fra i 10 e i 30 anni per gli altri. Forse lunedì le sentenze. La conferma di queste condanne sarebbe un colpo gravissimo. Per Cuba e anche per quanti sono suoi amici. Come noi del Manifesto. Fra gli imputati ci sono nomi più o meno noti del dissenso, sovente già passati per le carceri cubane, esponenti di gruppi o gruppetti formalmente illegali ma - finora - generalmente tollerati: Martha Beatriz Roque, economista «liberale», giornalisti e sindacalisti «indipendenti». Voci da dentro e da fuori si sono subito levate contro gli arresti e i processi. Il presidente della Conferenza episcopale cubana, mons. Adolfo Rodriguez, Amnesty e Human Rights Watch, la Federazione internazionale dei Diritti umani, la Commissione mondiale per la libertà di stampa, l'Unione europea e - ovviamente - gli Stati uniti. Che farebbero meglio a tacere. La stangata sui dissidenti - che si definiscono «pacifici» -, è una conseguenza diretta delle indecenti attività del nuovo responsabile della Sezione di interessi Usa all'Avana, James Cason. Aveva ragione il governo cubano a pubblicare una nota ufficiale - apparsa sempre sul Granma del 19 marzo - in cui si diceva che «nessun paese, per potente che sia, ha il diritto di convertire la sua rappresentanza diplomatica in quartier generale per sovvertire l'ordine costituzionale». Questo ha fatto Mr. Cason, aprendo la sua sede alle riunioni dei dissidenti, dando loro radio a onde corte, computer, fax e anche - dicono i cubani e non è difficile crederlo - dollari. Così da consentire all'accusa di definirli «mercenari al soldo dell'Impero» pur se «mascherati da agnelli apparentemente inoffensivi». E' stato Mr. Cason che ha provocato la fine degli anni di relativa tolleranza del regime (specie dopo la visita di Woytjla, nel `98). Detto questo, va detto anche che condanne a decine d'anni di prigione, e all'ergastolo, per dissidenti magari «mercenari» ma non terroristi, non sono concepibili. E svilirebbeanche la sacrosanta protesta di Cuba contro gli Usa per le condanne a pene pesantissime, compreso l'ergastolo, dei 5 cubani - «los Cinco Heroes Cubanos Prisioneros del Imperio» - che a Miami si erano infiltrati nell'esilio anti-castrista per contrastarne le attività - quelle sì - terroriste. «La rivoluzione è stata generosa e tollerante», diceva il Granma del 19 marzo. Dovrebbe avere la forza di continuare ad esserlo, anche di fronte a un Impero di cow-boys e fanatici.
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