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Porto Alegre, scienziati e ispettori no-global negli arsenali di Bush
- Subject: Porto Alegre, scienziati e ispettori no-global negli arsenali di Bush
- From: "Nello Margiotta" <animarg at tin.it>
- Date: Tue, 28 Jan 2003 00:39:56 +0100
di Piero Sansonetti DALL'INVIATO http://www.unita.it PORTO ALEGRE. I no-global annunciano ispezioni ai siti militari americani. Stanno formando una delegazione, formata da tecnici, intellettuali, scienziati e uomini politici, che in febbraio si recherà negli Stati Uniti e chiederà alle autorità americane di poter ispezionare i cosiddetti «siti» dove è ragionevole pensare che l'esercito Usa conservi e produca armi di sterminio di massa. In particolare armi chimiche e biologiche. È una provocazione? Loro dicono di no: è un'iniziativa molto moderata, di buon senso, che vuole garantire il mondo sul fatto che gli Stati Uniti non sono uno Stato-Canaglia, tutto qui. L'idea delle ispezioni è venuta al forum dei movimenti sociali, che sono una parte importante del Forum mondiale, e l'ha annunciata in assemblea plenaria ieri mattina l'italiano Vittorio Agnoletto. Ha preso un grande applauso. Ha spiegato che la delegazione sarà ad altissimo livello e che comprenderà probabilmente alcuni premi Nobel e scienziati di obiettività e competenza indiscussa. Poi Agnoletto si è alzato e si è diretto verso il banchetto dove era seduto un alto dirigente dell'Onu, venuto a rappresentare Kofi Annan, e gli ha consegnato il manifesto con il quale il Forum convoca le manifestazioni pacifiste del 15 febbraio, che si svolgeranno in una cinquantina di capitali di tutto il mondo (in Usa probabilmente si terranno a New York e San Francisco). Tutto questo nel corso della seduta plenaria, al palasport di Porto Alegre, su guerra e pace. Nel corso di questa riunione c'è stato un battibecco prolungato tra Agnoletto e il rappresentate dell'Onu. Il leader italiano ha chiesto perché l'Onu non fa rispettare le misure contro Israele, perché non si oppone all'embargo anglo-americano che sta strangolando l'Iraq e provocando molti morti, perché è subalterno alla volontà degli Stati Uniti. Il vice di Annan ha risposto che l'Onu sta attuando il programma petrolio-per-cibo che consente di attenuare le asprezze dell'embargo, ma non ha risposto sulle altre due domande. Agnoletto ha insistito e ha detto che il programma petrolio-per-cibo è realizzato solo in minima parte: a questo punto il clima si è incendiato e il pubblico ha iniziato a fischiare il rappresentante dell'Onu. Chomsky Il Forum si è concluso ieri sera con una nuova grande manifestazione ( è la terza, dopo quella di apertura e il comizio di Lula). Prima della manifestazione, l'ultimo a parlare è stato Noam Chomsky, l'uomo più amato da queste parte e al quale tutti riconoscono il massimo del prestigio intellettuale. Chomsky ha parlato al palazzetto dello sport, stracolmo, ma la sua conferenza è stata mandata in circuito chiuso, sui maxischermi anche all'università e ai magazzini del porto. Ci saranno state trentamila persone a sentirlo. Lui ha parlato con quella sua voce fioca, con quel suo tono pacato e lento - tutto si può dire di Chomsky, una delle penne più taglienti d'America, meno che sia un oratore - e ha pronunciato quasi sussurrando parole terribili sulla falsa democrazia americana, sulla politica estera rapace di Washington, sui drammi e le prepotenze del neoliberismo, sulla profonda ingiustizia della guerra e sulle conseguenze devastanti che avrà. In mattinata un giornalista brasiliano gli aveva chiesto (nel corso di una conferenza stampa): «professore, la guerra dell'Iraq sarà combattuta soprattutto con i mass-media, con i messaggi, con l'informazione?». Lui aveva sorriso: «temo di no, ho paura che non bombarderanno l'Iraq solo di parole....». Frei Betto In una saletta della Puc, cioè dell'Università cattolica che è la sede centrale del Forum, ieri ha parlato Frei Betto, figura notissima in Brasile. Betto, insieme a Leonardo Boff, è uno dei fondatori della teologia della liberazione. Oggi è uno dei consiglieri (non ufficiali) di Lula per i problemi sociali. Per esempio per il problema del risanamento delle favelas. Frei Betto, che è un frate domenicano, ha vissuto molti anni in favela. Dice che si stava certo meglio lì che in carcere, dove agli inizi degli anni sessanta, durante la dittatura, ha trascorso più o meno un lustro. Nella conferenza di ieri Frei Betto ha parlato di moltissimi argomenti. Due soprattutto: la fame e il socialismo. Frei Betto ha spiegato che i problemi provocati dal liberismo sono moltissimi e ci sono moltissime associazioni che se ne occupano. Lui però pensa che uno solo sia il problema principale, cha sta avanti a tutti: la fame. È il male più selettivo: colpisce solo i poveri. Anche le malattie sono assai più crudeli coi poveri che coi ricchi, ma arrivano comunque anche dove c'è opulenza: l'aids, per esempio, ha attaccato Hollywood. La fame no: sta solo nei ghetti. Betto ha spiegato che la teologia della liberazione non si basa sulle idee ma sui fatti. È legata al sociale. Tutte le esperienze di base legate al sociale non hanno risentito delle crisi delle ideologie. In Brasile ci sono 6000 comunità di base cristiane legate alla teologia della liberazione: non hanno subito contraccolpi dalla caduta del Muro di Berlino, né dalla crisi del materialismo dialettico... In quelle comunità l'esigenza del socialismo nasceva a prescindere da Marx. E oggi? Frei Betto non ha avuto dubbi su qual sia l'unica via d'uscita dai disastri provocati dal liberalismo. E ce l'ha indicata sorridendo, parlando a bassa voce e allargando le braccia: «il socialismo». Dal Brasile a Davos «Terre des Hommes» è l'unica organizzazione in tutto il mondo ad essere presente in veste ufficiale sia al forum dei no-global sia a quello dei capitalisti a Davos. Ieri, in contemporanea, sono intervenuti sullo stesso tema, a Porto Alegre il presidente Raffaele Salinari e a Davos il vicepresidente Peter Brey. Hanno tenuto più o meno lo stesso discorso. Sui diritti dei bambini e dei ragazzi, che oggi costituiscono il 45 per cento della popolazione mondiale. La globalizzazione liberista peggiora enormemente le condizioni dei bambini poveri. Perché il mercato, seguendo le proprie leggi, tende a farli diventare «oggetto», cioè strumento per migliorare l'economicità e la competitività della produzione. E così nascono sia i fenomeni di esclusione sociale (i bambini di strada) sia quelli dello sfruttamento minorile. Non si può pensare di affrontare questi problemi senza correggere il liberismo e ridare un ruolo e una funzione allo Stato, al sistema dell'istruzione e a programmi contro la povertà. L'impossibilita' di raccontare Giunti all'ultimo giorno del forum (che si conclude ufficialmente oggi con una festa popolare) ci si accorge che è stato quasi impossibile raccontarlo. E che le informazioni arrivate al lettore sono parzialissime. Non si riesce ad afferrare e a descrivere il cuore di queste discussioni: è troppo grande. Ci sono più di duecento riunioni al giorno, vuol dire che ogni giorno parlano e vengono ascoltate due o tremila persone. Alla fine ci sono state circa 20mila interventi. E i giornalisti capiscono di essere un po' inadeguati di fronte a questa mole di «pensiero», di scambio di informazioni, di dialogo politico. Noi riferiamo un po' a caso quello a cui assistiamo. Dobbiamo ignorare la maggior parte degli eventi. Oggi per esempio avrei voluto parlarvi delle testimonianze rese in assemblea plenaria da Sebastiano Salgado, Samuel Ruiz, Ignacio Ramonet, Bernard Cassen, Samir Amin, Luciana Castellina, Martin Kohr, Vandana Shiva e da un'altra trentina di intellettuali, di gran livello internazionale, che sono qui per spiegare i propri punti di vista e confrontarli tra loro. Ma è impossibile, perché parlavano tutti contemporaneamente in luoghi diversi e distanti della città. Porto Alegre, una città grande come Milano, si è trasformata nella più gigantesca sala riunioni di tutta la storia. ************************************************** Nello change the world before the world changes you because another world is possible
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