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E alla fine anche Chavez supera l'esame del Social Forum
- Subject: E alla fine anche Chavez supera l'esame del Social Forum
- From: "Nello Margiotta" <animarg at tin.it>
- Date: Tue, 28 Jan 2003 00:44:27 +0100
di Piero Sansonetti http://www.unita.it/ DALL'INVIATO PORTO ALEGRE. Il presidente venezuelano Ugo Chavez domenica notte ha conquistato Porto Alegre. Era arrivato tra molte polemiche e parecchio scetticismo, se ne va dopo aver ottenuto applausi lunghissimi e tante adesioni. A partire da quelle di Ignacio Ramonet e di Bernard Cassen (i leader dei no global francesi) e di Fausto Bertinotti, uomo politico che ha una forte influenza sui no-global italiani. E soprattutto ha ottenuto l'ok del fortissimo movimento no-global brasiliano. Non è poco se si considera che Francia, Italia e Brasile sono i tre paesi-guida, per dire così, del movimento no-global. Sono i soci fondatori. Chavez ha tenuto un discorso fiume nell'auditorium del palazzo del Parlamento dello Stato, e ha dimostrato doti insospettabili: di leader, di uomo di sinistra, di uomo di stato e di personaggio dotato di notevolissimo carisma. È un leader che non ha niente a che fare con Lula. Chavez è un ex soldato, e anche nella sua retorica, nella sua spavalderia, nel piglio, si sente l'eredità militare. Lula è un operaio, si sa, e anche se non lo si sa lo si capisce dopo cinque minuti che parla. Lula è solido, sobrio, ama la sostanza e non lo spettacolo. Il trionfalismo non lo sfiora nemmeno. Chavez è un indio impertinente e spettacolare, spiritoso, abbastanza pieno di se ma molto meno rozzo di come si potrebbe immaginare. Ha parlato per due ore e quindici minuti, evidentemente ispirandosi ai famosi discorsi di Castro. Ma è bravissimo a parlare, ha tenuto l'attenzione di tutti fino all'ultimo. Ha dato di se un'immagine assolutamente di sinistra, fortemente antilibersita, e solidamente democratica. Ha ricordato che sebbene tutti lo chiamino golpista lui è l'unico uomo che negli ultimi secoli ha vinto in Venezuela cinque elezioni democratiche di seguito, ed è pronto ad affrontare nuove elezioni - se l'opposizione vorrà - anche fra tre mesi. Non è uno statalista, non è un socialista, però nella sua politica pone i diritti della collettività sopra i diritti dell'individuo. Tuttavia crede nel ruolo del mercato e dell'iniziativa privata, purché il mercato e l'iniziativa privata restino subordinati allo Stato e agli interessi generali. Dice di essere bolivariano e cita spessissimo frasi celebri di Bolivar. Ha raccontato il suo primo incontro con Castro. Chavez ha detto a Castro: il nostro programma è quello di creare un paese dove gli interessi del capitale siano secondari rispetto agli interessi dei lavoratori, dove i diritti siano più grandi dei profitti, dove nessuno muoia di fame e dove la ricchezza sia giustamente distribuita. E vogliamo creare un paese indipendente, basato su un potere popolare e su una democrazia partecipativa. Noi - ha detto Chavez - tutto questo lo chiamiamo bolivarismo. Castro gli ha risposto: noi lo chiamiamo socialismo, ma i nomi non mi importano, se vuoi possiamo anche chiamarlo «cristianismo». Chavez ha parlato in un'aula che conteneva circa duemila persone e in un clima di grandissimo entusiasmo. Fuori dall'aula, perché non c'era posto, sono rimaste altre due o temila persone che gridavano slogan per Chavez. Il pubblico era in gran parte brasiliano e venezuelano. Alle pareti della sala decine di bandiere del Venezuela e di bandiere rosse con la falce e il martello. Chavez ha detto che il neoliberismo è il nemico da battere. «È una minaccia per il mondo, perché è un modello distruttivo. O lo sconfiggiamo in fretta o lui sconfigge il nostro futuro». Poi ha iniziato a raccontare la lunga storia della sua avventura politica. È partito dall'89, quando in Europa cadeva il muro di Berlino e in Venezuela scoppiava la rivolta popolare. «In Venezuela l'ingiustizia sociale era grandissima, un piccolo gruppo di oligarchi aveva tutta la ricchezza. La nostra terra è ricchissima di petrolio e oro, e i bambini morivano di fame. Il 27 febbraio ci fu il massacro di Caracas, la polizia e l'esercito uccisero centinaia di persone che si erano ribellate. Allora una parte dell'esercito si sollevò». È il famoso tentativo di golpe che fallì e costò a Chavez alcuni mesi di prigione. Quasi 10 anni dopo, nel '98, Chavez decise di presentarsi alle elezioni. Con un programma populista e soprattutto con l'idea di fermare la privatizzazione del petrolio e cioè di colpire gli interessi dell'altissima borghesia. «I sondaggi ci davano all'otto per cento, e davano al 45 per cento il partito del governo. La polizia rese quasi impossibile la nostra campagna elettorale: tutti i miei collaboratori furono arrestati. Le urne però ci diedero ragione: 55 per cento, maggioranza assoluta, destra pesantemente sconfitta e io andai al governo. Era difficile governare, perché il potere reale non era nostro: loro controllavano i giudici, i sindaci, le banche, i mass-media. Allora io proposi di riformare la costituzione e proposi un referendum che decidesse se era il caso di eleggere un'assemblea costituente per riformare la Costituzione. Vinsi il referendum, con l'80 per cento di sì. Eleggemmo l'assemblea costituente e prendemmo 121 seggi su 131. La Costituente lavorò per un anno e scrisse una Costituzione che sancisce il divieto di privatizzare il petrolio, l'obbligo e la gratuità della scuola, l'illegalità del latifondo, la priorità del cooperativismo e dell'artigianato rispetto ad altre forme di impresa, il diritto all'idioma indio, la libertà sindacale assoluta, la libertà religiosa, l'obbligo per gli ufficiali a disobbedire ad ordini che prevedano la scomparsa di liberi cittadini, la prevalenza dei diritti dei bambini su quelli di qualunque altro individuo o gruppo, la progressività fiscale (che non c'era: i ricchi erano praticamente esentasse). Scritta la Costituzione la sottoponemmo di nuovo al voto, fu approvata con l'86 per cento dei voti. In un anno votammo quattro volte e vincemmo quattro volte: vi sembra un colpo di stato?». E la violenza? Chavez ha dichiarato che lui batterà la cospirazione della destra («è ancora in corso ed è una cospirazione internazionale») con il consenso e non con la violenza. Ha detto che lui il fucile lo sa usare, ma lo ha messo via da parecchio tempo. Ha fatto una pausa, ha riso, poi ha aggiunto: «però so dov'è, non è lontano dal mio letto...». ************************************************** Nello change the world before the world changes you because another world is possible
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