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[Esteri - Edizioni Achab] Venezuela: Appello di G. Girardi
- Subject: [Esteri - Edizioni Achab] Venezuela: Appello di G. Girardi
- From: Paolo Rossignoli <info at edizioni-achab.it>
- Date: Thu, 19 Dec 2002 10:48:46 +0100
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LA RIVOLUZIONE
BOLIVARIANA DEL VENEZUELA,
SEGNO DI
CONTRADDIZIONE PER
L¹EUROPA E PER GLI EUROPEI Si sta consumando, nell'indifferenza e nel silenzio del mondo, un crimine contro l'umanità: il soffocamento della speranza dei poveri, rappresentata in Venezuela dalla rivoluzione bolivariana e dal presidente Chávez. Il silenzio che avvolge e nasconde questa battaglia è dovuto in larga misura alla complicità dei mezzi di comunicazione di massa, del Venezuela e del mondo, controllati dal capitale nazionale e transnazionale, che presentano della situazione un'immagine rovesciata, secondo cui un popolo oppresso si starebbe ribellando ad un presidente violento e repressivo. Ma vi è un motivo più profondo di questo silenzio. Mentre nei confronti dell¹Afghanistan o dell'Iraq, è possibile fornire all'aggressione, di fronte all'opinione pubblica, un'apparente giustificazione, nessuna giustificazione gl'impresari venezuelani ed i loro complici gli Stati Uniti possono fornire alla loro aggressione. Anche quando i manifestanti antichavisti gridano rabbiosamente per le strade "che se ne vada! Che se ne vada il contadino!" non riescono mai a
dire perché. Mentre infatti l'Iraq rappresenta apparentemente una minaccia, il Venezuela non minaccia nessuno, ma è minacciato esso stesso all'interno ed all'esterno. Mentre Sadam Hussein può essere a buon diritto denunciato come dittatore, Chávez è un presidente democraticamente e ripetutamente eletto; è un presidente amato dalla maggioranza, che una vasta insurrezione popolare ha liberato dalle mani dei golpisti. Bisogna essere ciechi per non vederlo. Le minacce alla democrazia vengono solo dagli aggressori. Ma anche se i manifestanti antichavisti ed i loro complici imperiali non osano fornire una giustificazione della loro condanna, per i venezuelani queste ragioni sono chiare: - Se ne vada perché è spudoratamente schierato dalla parte dei poveri del paese; perché proclama i diritti degli indigeni e delle donne; perché colpisce temerariamente gli interessi dei miliardari. - Se ne vada perché è egli stesso di origine popolare, ed è quindi un intruso nelle sfere del potere. - Se ne vada perché ha la pretesa di nazionalizzare le ricchezze petrolifere del Venezuela, per metterle al servizio di tutti, invece di lasciarle nelle mani dei legittimi proprietari, i ricchi del paese ed i loro alleati imperiali. - Se ne vada, perché è amico di Cuba ed inviso agli Stati Uniti. Ma se queste sono le vere giustificazioni di quella mobilitazione, allora, per l'Europa in costruzione, sarebbe una gravissima responsabilità storica, tacere di fronte a questo crimine. Sarebbe un atteggiamento imperdonabile di complicità e di servilismo nei confronti del grande fratello. Sarebbe il segno evidente che l'Europa in costruzione è incapace di proporre al mondo, oltre una nuova moneta, un nuovo ed autonomo progetto di civiltà; che l'Europa non appartiene al mondo nuovo in costruzione ma alle rovine del vecchio disordine imperiale. Perché la rivoluzione venezuelana è per noi un segno di contraddizione, che impone all'Europa di prendere partito e di rendere chiaro a se stessa ed al mondo il suo progetto di civiltà. Ma la rivoluzione venezuelana non è solo un segno di contraddizione per l¹Europa in generale; lo è anche per ciascuno degli europei e per ciascuna delle europee.In effetti, per ognuno ed ognuna di noi schierarsi in questa battaglia cruciale significa decidere se, nel presente contesto geopolitica, siamo dalla parte dell'impero o dalla parte dei popoli e della loro autodeterminazione; se siamo dalla parte delle minoranze privilegiate o delle maggioranze emarginate; se siamo per un mondo lacerato da lotte fratricide o per un mondo animato dalla solidarietà liberatrice. Quanto dire che schierarci nei confronti del dramma venezuelano non è per noi solo una scelta politica e geopolitica: è anche una scelta di vita. GIULIO GIRARDI
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