Il Chiapas alla prova dell'Alca



Indios sfuttati come manodopera a basso costo. Due zapatisti uccisi dai
paramilitari
GERALDINA COLOTTI
In Chiapas, «lo scoppio di una rivolta sociale è dietro l'angolo». Lo
annuncia un documento, sottoscritto da 18 movimenti indigeni dopo
l'uccisione di due militanti dell'Esercito zapatista per la liberazione
nazionale (Ezln) e il ferimento di altri sette. Secondo la procura del
Chiapas, si sarebbe trattato di una questione di dote non pagata tra due
famiglie indigene. Ma le comunità d'appoggio all'Ezln parlano dell'imboscata
di un commando di «priisti», gli aderenti al Partito rivoluzionario
istituzionale, che corrompono le cooperative dei contadini, con la
complicità di alcune Ong filogovernative. La considerano una risposta del
governo ai movimenti campesinos, che hanno bloccato il progetto di
costruzione di un aeroporto internazionale a San Salvador Atenco. Il
malessere degli indios, crescente in tutto il paese, porterà a un nuovo
scontro armato tra governo centrale e zapatisti in Chiapas? La comandancia
zapatista tace. Forse Marcos potrebbe interrompere il silenzio quando la
Suprema Corte di Giustizia si pronuncerà in merito al ricorso presentato
contro la legge per l'autonomia indigena: la «legge-truffa» che, secondo gli
zapatisti, ha disatteso gli accordi ratificati dal governo federale e
dall'Ezln. Intanto parlano i rappresentanti delle comunità d'appoggio
all'Ezln, i sindaci dei municipi autonomi, e gli osservatori internazionali,
preoccupati dalla presenza dell'esercito, sempre più capillare. E, mentre i
guerriglieri zapatisti si ritirano sulle montagne del Chiapas «per evitare -
scrivono - nuovi attacchi», un reparto di militari è in marcia verso la
Selva Lacandona, storico rifugio di Marcos, e sulle strade che portano al
Chiapas si moltiplicano i controlli di polizia.

Non per altro Daniel Luna, portavoce del Coordinamento regionale degli Altos
del Chiapas, da noi intervistato in occasione dell'ultimo controvertice Fao,
aveva preannunciato il punto di crisi. «Col pretesto che la nostra è una reg
ione di uragani e terremoti - aveva detto - i gringos mandano i loro soldati
per insegnare ai nostri come prendersi cura del proprio popolo. Le prime
basi sono già in Guatemala, in Honduras, in Salvador. La chiamano
"operazione nuovi orizzonti". In verità vogliono tutelare le loro risorse di
persona, prevedendo la nostra resistenza al Plan Puebla Panama». Sotto
l'ombrello dell'Alca - l'Accordo del libero commercio per le Americhe - il
Plan Puebla Panama, nelle intenzioni del governo messicano dovrebbe
collegare l'economia del Chiapas al mercato mondiale attraverso la
costruzione di strade e aeroporti, fibre ottiche e campi transgenici. «E non
c'è dubbio - aveva affermato ironicamente Luna - che saranno proprio gli
indios chiapanechi, in maggioranza semianalfabeti, a usufruire delle
infrastrutture più sofisticate». In compenso dovranno pagare i costi. Come
il Plan Colombia, il Plan Puebla Panama «affogherà l'economia contadina».
Dei milioni di indigeni oggi dediti all'agricoltura «soltanto il 2% potrà
continuare a farlo». Il gigantesco oleodotto che sta devastando l'Ecuador,
per arrivare in Texas deve infatti passare da un Messico «attraversato da
corridoi di fabbriche di assemblaggio». Gli indios, che in maggioranza non
sono istruiti o non parlano il castigliano, forniranno così manodopera a
basso costo, «ignari di maneggiare rifiuti tossici in una zona in cui i
depositi di questo tipo sono in aumento». E, per garantire che la quota di
braccia sia sempre cospicua, «il governo ha sigillato le frontiere del
Messico. In accordo con Bush, ha bloccato l'afflusso di lavoratori verso gli
Stati uniti, dove entreranno solo piccole quote e per brevi periodi».

Intanto, nelle comunità indigene si discute e si organizza la resistenza.
Anche se - ci aveva detto Luna - «diffondere l'informazione è un processo
lento. Abbiamo bisogno di due giorni per ogni comunità: per spiegare cos'è
il Plan Panama e tradurlo in lingua indigena, per ascoltare le idee di
resistenza, elaborarle e poi tornare a discuterle».


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Nello

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