ARGENTINA: LE RAGIONI DELLA CRISI



Intervista con Roberto Panizza

(News ITALIA PRESS) La crisi in Argentina mostra in questi giorni il suo
volto più tragico. Proteste, scontri e vittime tra la popolazione percorrono
il paese senza sosta. Oggi il ministro Domingo Cavallo si è dimesso, e da
più parti si chiedono elezioni anticipate.
Ma quali sono le ragioni di questa crisi disastrosa? Secondo Roberto
Panizza, Docente di Economia Internazionale della Facoltà di Scienze
Politiche di Torino, si tratta della diretta conseguenza dell'applicazione
nel paese "di politiche folli come quella della dollarizzazione".

Professor Panizza, qual è la situazione economica internazionale all'interno
della quale si è sviluppata questa crisi? Esiste un rapporto di dipendenza
con la crisi internazionale successiva all'11 settembre, oppure l'Argentina
sarebbe entrata in crisi comunque?

La situazione economica internazionale è una situazione molto brutta.
Bisogna però precisare che già prima degli attentati alle due torri l'
economia mondiale andava male, o meglio andava bene per un gruppo
limitatissimo di operatori economici e finanziari, e andava molto male per
la stragrande maggioranza della popolazione. Dopo l'attentato alle due torri
è stato trovato un alibi. Credo che sotto con il crollo delle due torri sia
stato travolto anche il mito di un mercato libero e concorrenziale.Credo che
questo clima negativo abbia semplicemente appesantito la situazione, ma la
crisi in Argentina, sarebbe scoppiata in ogni caso, perché è stata la
conseguenza di una politica troppo dura di dollarizzazione dell'economia. L'
Argentina è un paese che si sta dibattendo faticosamente tra sviluppo e
sottosviluppo, e una dollarizzazione di quel tipo per la situazione
argentina è stata un errore madornale. Si è tentato di seguire una politica
di ancoraggio dei prezzi al dollaro, ma con salari che non erano
assolutamente quelli degli Stati Uniti: è stata semplicemente una politica
folle.

Dunque la dollarizzazione ha generato la crisi argentina?

La dollarizzazione ha esattamente generato la crisi. C'era un'alternativa?
Credo che la soluzione debba essere cercata percorrendo una via che il Fondo
Monetario non vuole nemmeno sentir nominare, perché sarebbe probabilmente la
via che consentirebbe di stabilizzare l'economia argentina. Mi spiego
meglio: il Fondo Monetario Internazionale è sempre stato molto attivo sia
nel generare queste crisi che nel farle precipitare. Nel momento della
crisi, il Fondo, per trasformare una crisi incerta in una crisi gravissima,
fa quello che nessun'altra autorità monetaria dovrebbe mai fare, chiude cioè
i rubinetti della politica monetaria, ed in questo modo si diffonde il
panico: il panico finanziario è uno di quei fattori che nessuna economia,
non solo quella argentina, ma neppure quella statunitense, è in grado di
reggere. Non si concede nessuna liquidità e si chiede il rientro dei crediti
già concessi.
Scoppiata la crisi arrivano  veri e propri avvoltoi e sciacalli, e rimane
coinvolto anche il sistema delle grandi banche internazionali che hanno
erogato fondi.
Al quarto mese di crisi il Fondo Monetario decide quindi di riaprire le
linee di credito, ma ponendo come condizione che siano ripagate le grandi
banche straniere coinvolte nella crisi, in modo che queste banche non
perdano neppure una lira.
Si dovrebbe invece fare in modo, che la moneta svaluti endemicamente secondo
lo stato dell'economia.

Che è quello che hanno fatto il Cile ed il Brasile proprio mentre l'
Argentina era fortemente ancorata al dollaro.

Esattamente. Bisogna però evitare che si lascino liberi i cambi, aprendo
alle operazioni speculative. Bisogna per questo bloccare le operazioni swap
in valuta di brevissima durata; tutto questo significa che si deve proibire
alle banche locali di trasferire enormi quantità di moneta nazionale alle
grandi banche transnazionali. Questo consentirebbe di evitare quelle
svalutazioni selvagge, che senza tale controllo affliggerebbero economie già
in crisi. Non è infatti scritto da nessuna parte che il pesos argentino
debba perdere il 3000% ogni anno: credo che tra questi due limiti, la
dollarizzazione e la svalutazione selvaggia, si debba adottare una giusta e
corretta misura, cioè quella di bloccare tutte le operazioni speculative
fasulle e artificiose contro la moneta.

Molti ritengono che le politiche applicate in Argentina abbiano ridotto l'
inflazione, è proprio così?

È vero che l'inflazione scende con le politiche di strette monetarie, ma
queste politiche correggono l'inflazione attraverso la morte dell'economia.
Bisogna percorrere una strada che non uccida l'economia, ma che uccida
invece le grandi speculazioni che generano l'inflazione, cosa che in
Argentina non si è assolutamente stati in grado di fare.

Per tentare di stabilizzare lo squilibrio che si stava creando nella
bilancia commerciale, sotto Menem, l'Argentina ha inaugurato una stagione di
privatizzazione assoluta. Qual è la sua valutazione di questa politica, e
cosa producono queste privatizzazioni?

Le privatizzazioni in questi paesi vengono sempre salutate con un'enfasi
molto accentuata, per la semplice ragione che sono dei business enormi.
Quando l'Argentina privatizza, bisognerebbe rendersi conto che in realtà l'
Argentina regala tutto quello che ha. Inoltre, analizziamo anche come i
privati gestiscono quello che hanno acquistato: gli esempi in questo senso
si sprecano letteralmente. I privati gestiscono i loro acquisti come si
potrebbe gestire una macchina che distribuisce caramelle: finchè ci sono
caramelle da distribuire i privati incassano, ma quando le caramelle
finiscono? Basta pensare ad esempio a quello che è successo con la
privatizzazione delle centrali elettriche negli Stati Uniti, e ai disastri
che queste privatizzazioni, la scorsa estate hanno provocato in California.

La crisi dell'Argentina e l'entrata in vigore dell'ALCA, il Trattato di
Libero Commercio delle Americhe: quali sono i legami che si possono
rintracciare tra le due cose?

Queste operazioni consentono di operare tranquillamente senza limitazioni e
senza controlli nell'area latino-americana, e questo spinge le grandi
imprese multinazionali ad accrescere le proprie partecipazioni sul mercato
locale. Le crisi accrescono dunque le partecipazioni delle imprese
multinazionali, che contribuiscono ad aumentare il gravissimo problema della
redistribuzione: l'80% delle ricchezze viene infatti guadagnato dal 10%
della popolazione. Queste politiche di destabilizzazione vengono sempre
fatte nei confronti dei paesi più ricchi a livello strutturale -ai paesi più
poveri non vengono nemmeno concessi i fondi- perché così facendo si entra in
possesso di un alibi semplice: non avete pagato, quindi siete obbligati a
rilasciarci concessioni petrolifere e tutto il resto. Una crisi che avviene
vicina all'entrata in vigore di un accordo di libero commercio, centra in
pieno il suo obiettivo, quello cioè di agevolare banche e multinazionali a
comprare con pochi soldi, perchè questo è quello che interessa. Il vero
scandalo di queste crisi è che avvengono sempre in paesi ricchissimi a
livello strutturale, dove bisogna impegnarsi per provocare una crisi. La
ricchezza in Argentina c'è, solo che la si vuole concentrare nelle mani di
pochissimi, quindi quando il controllo di questa ricchezza rischia di
sfuggire, arriva la crisi benedetta che la riconcentra nelle mani di pochi.


Nello

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