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Ancora lontana la pace e la riconciliazione in Chiapas
- Subject: Ancora lontana la pace e la riconciliazione in Chiapas
- From: "Nello Margiotta" <animarg at tin.it>
- Date: Thu, 26 Apr 2001 19:19:01 +0200
Posti di blocco ed accampamenti militari hanno solo cambiato posto Hermann Bellinghausen (www.carta.org) Guadalupe Tepeyac, 24 aprile Gli abitanti originari di questa comunità si preparano a tornare. Per prima cosa devono ripulire. Poi ricostruire. Oggi sono scesi dal loro "nuovo villaggio", sulla montagna, circa un centinaio di braccianti tojolabales per strappare la vegetazione che copre quasi completamente le rovine di Guadalupe Tepeyac. "Andiamo a controllare che cosa resta dell'impianto idrico che avevamo", comunica Fidel, padre di famiglia e uno dei fondatori della comunità. "Dobbiamo vedere anche come fare per rifare i tetti e le case crollate e costruirne altre, perché adesso siamo molte più famiglie di quando siamo fuggiti in esilio", aggiunge. "Speriamo nel sostegno della società civile. Ci hanno detto che collaboreranno con noi. Vedremo". Da qualche giorno è stato installato un accampamento per la pace, inizialmente occupato da otto pacifisti statunitensi ai quali potranno aggiungersi carovanieri ed altre buone braccia. I primi campamentisti hanno inviato recentemente una lettera all'ONU richiamando l'attenzione sul "caso Guadalupe Tepeyac", quale esempio dei disastri causati dalla militarizzazione del territorio chiapaneco. Gli indigeni sperano di restare qui circa quattro giorni, "pulendo" i terreni che devono essere recuperati. "Stiamo controllando che i soldati non abbiano lasciato pericoli, cose che possano esplodere o veleni. Controlleremo bene", dice Fidel iniziando i lavori domestici che aspettano di essere eseguiti da sei anni, due mesi e quindici giorni. Dal 9 febbraio 1995, i "tepeyaqueros" sono vissuti in esilio mentre l'Esercito occupava le loro terre e la loro comunità in forma, si diceva, "definitiva". I campesinos dichiarano che non parleranno con i rappresentanti del governo federale, né con quelli della Sedeso né della Presidenza. "Non abbiamo ancora raggiunto un accordo nel villaggio", spiega Fidel, che si mostra contento, anche se parla con cautela, quasi triste. Quando se ne andò da questi luoghi della 'cañada' di Las Margaritas, quel febbraio, era solo un padre di famiglia. Oggi ha nuora, genero e nipoti. Per questo le 82 case originarie non saranno più sufficienti, ce ne sarà bisogno di altre. La terza fondazione di Guadalupe Tepeyac deve percorrere ancora una lunga strada. I terreni su cui l'Esercito ha costruito il suo quartiere e la sua colonia sono di possesso della Sedeso e "legalmente" appartengono al governo federale, in quanto il presidente precedente vide bene di appropriarsi di quelle terre per decreto così che ora non appartengono più ai loro veri proprietari. Sullo sfondo della gobba da dromedario del monte Tepeyac, che si alza dietro l'ospedale ed è servito da posto di osservazione delle forze di occupazione, i "tepeyaqueros" ci danno dentro con la doppia forza dell'indignazione non ancora dissipata e della speranza che si fa strada nel loro animo. Ma il ritorno della popolazione non è imminente, bisogna ricostruire il villaggio che non sarà più lo stesso anche se qualche materiale residuo può essere recuperato. La chiesa sarà ricostruita sulla stessa altura in cui si trovava prima e la scuola, le cui mura sono servite in questi anni da posti di polizia, campo sportivo per i soldati, bordello multiuso e poi ad immondezzaio, richiede una completa ricostruzione. "Oltretutto, ora abbiamo più bambini, mancano le classi": Bisogna aggiungere che molti bambini e giovani dovranno recuperare il tempo speso in quell'altra scuola, quella dell'esilio. Quella della vita. Ora gli steccati di quel che fu il quartiere, fuori della comunità, si aprono su di una desolazione profusamente riforestata con pini che non smettono di risultare strani in piena selva. Questo ed una spianata di cemento che attraversa la tenuta, pieno ora di mucchi di calcinacci e di grandi buche nel terreno dove sono state smantellate e distrutte le installazioni militari presenti fino ad una settimana fa, sono l'eredità della militarizzazione. Ed un edificio di due piani e di grandi dimensioni, vuoto, di cui la Sedeso non sa che farsene e dichiara che "lo decideranno le comunità", un interessante plurale, visto che le terre appartengono originariamente solo ad una comunità. Il luogo è molto trasformato. Quello che era un posto aperto, con guayabos ed una spianata, oggi sembra un bosco urbano dove i contorni sono irriconoscibili. E' stata completamente cancellata la fisionomia di quello che fu un pendio convertito in scalinata di un grande auditorio all'aria aperta. Non resta ombra della biblioteca, dell'aula di computo, degli alloggi, lo scenario della prima Aguascalientes, consegnata dall'EZLN alla società civile nell'agosto del 1994 durante la celebrazione della prima Convenzione Nazionale Democratica. Nei dintorni la selva risuona di grilli, uccelli e suoni vari che producono un certo chiacchierio, come un coro alla Giorgy Ligeti, segnale di terra viva. Solo nell'Aguascalientes riforestato ed urbanizzato la natura resta in silenzio. Gli immondezzai non lontani continuano a riempirsi di avvoltoi durante il giorno. La zona abitativa militare situata in direzione di El Carmen è un'altra faccia della stessa desolazione. Una strada asfaltata, qualche costruzione, una cicatrice di pietra e ferro su questa terra che si sgranchisce e vuole rinascere. Molti bambini calpesteranno per la prima volta il suolo in cui sarebbero dovuti nascere. In cui cresceranno una volta che Guadalupe Tepeyac sarà restituita ai suoi abitanti e proprietari. Con la luna nuova, le comunità ribelli intraprendono un'altra impresa: recuperare le terre e le case di Guadalupe Tepeyac, simbolo della resistenza durata più del governo zedillista, causa di sofferenza per le famiglie scacciate dall'offensiva militare con cui aveva inaugurato il suo sessennio. Come lo dice Fidel: "Non abbiamo ancora il tempo di riposare". Non lo avranno nell'immediato futuro. TENSIONE E "SURRISCALDAMENTO" SOCIALE Nel frattempo la militarizzazione nella zona di conflitto non è diminuita di una virgola, nonostante le versioni dell'informazione ufficiale ed ufficiosa, i posti di blocco militari, fissi e mobili, sono riapparsi alle entrate della selva e nella zona di frontiera. Al ritornello di "stiamo applicando la Legge Federale sulle Armi da Fuoco ed Esplosivi" in diversi punti i soldati controllano notte e giorno il passaggio dei veicoli. Si respira un'atmosfera di tensione soprattutto nelle comunità a maggioranza priista. In maniera inconsueta, gruppi di uomini, giovani ed adulti, sostano agli angoli delle strade ed osservano minacciosi il transito dei veicoli militari, governativi e civili che vanno e vengono da Guadalupe Tepeyac, tanto in direzione di Las Margaritas quanto a San Quintín e La Trinitaria. C'è agitazione e si percepisce un "surriscaldamento" deliberato dal partito "tricolore" tanto sulla stampa locale quanto in Parlamento, nelle organizzazioni padronali e comunità, apertamente ostili al nuovo governo statale. Il massacro di indigeni appartenenti all'Alleanza San Bartolomé de los Llanos, nel municipio di Venustiano Carranza, che già i dirigenti e giornalisti del priismo locale reclamano come il "proprio Acteal", così come la liberazione dei dirigenti di Paz y Justicia nello stesso giorno, sono parte di questo surriscaldamento di uno stato in cui la pace continua ad essere un riflesso allo specchio. Rapporti giunti da Tila riferiscono che i rilasciati Samuel Sánchez, Marcos Albino Torres ed i seguaci sono arrivati minacciando le comunità zapatiste ed i membri delle organizzazioni civili "per averli denunciati". La pace e la riconciliazione sembrano ancora lontane. Una colpo di coda del priismo sconfitto alle elezioni del 20 agosto ed una "mano nera" che parrebbe nascondersi dietro l'imboscata criminale di Carranza, mettono a rischio gli auspici di pace e le promesse del governo foxista. A difesa dell 'impunità perduta e con il Controllo della Federazione che li tallona, i complici "dell'alborismo" attaccano tutto ciò che possono per recuperare terreno. Per questo puntano "sull'ingovernabilità" nelle loro dichiarazioni ed azioni. Dalla zona di conflitto non è uscito un solo soldato. Si mantengono i quartieri, gi accampamenti e di nuovo ci sono i posti di blocco, oltre 250 postazioni. Ed accadono episodi di tensione tra le truppe federali e la popolazione civile in comunità distanti come Lázaro Cárdenas, a La Trinitaria, e nel municipio autonomo Ricardo Flores Magón, nel frattempo a Nicolás Ruiz la maggioranza perredista ha denunciato nuovi tentativi di creare conflitti tra loro e la minoranza priista, tanto per cambiare, provocati dal PRI dalla capitale chiapaneca. I conti "dell'alborismo" non sono terminati. La militarizzazione resta di fatto intatta: le sette postazioni dell'EZLN sono state solo riposizionate dentro la zona di conflitto stessa, a distanze che variano dai quattro ai cento chilometri dalla loro ubicazione originaria, nient'altro. (traduzione Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo) Nello ********************************************************** Change the world before the world changes you www.tightrope.it/galleria/margiotta/nello.htm
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