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CRISI ECONOMICA E CROLLO DEL PESOS: PROTESTE IN PIAZZA
- Subject: CRISI ECONOMICA E CROLLO DEL PESOS: PROTESTE IN PIAZZA
- From: "Nello Margiotta" <animarg at tin.it>
- Date: Wed, 21 Mar 2001 19:04:42 +0100
OSCAR PIOVESAN (Il Mattino 20/3/01) Buenos Aires. Drammatiche giornate di lunghi coltelli in un'Argentina in piena crisi economica e politica. Il presidente Fernando De La Rua è stato costretto a invocare uno «storico accordo di unità nazionale» e a chiedere al Parlamento «poteri speciali». Con i quali il capo di gabinetto, che da oggi sarà l'ex ministro dell'Economia Domingo Cavallo, potrà governare «all' italiana», nonostante il Paese sia presidenzialista all'americana. Ma lo scenario non è del tutto definito. Infatti i reali poteri forti - settori finanziari e imprenditori - hanno ingaggiato tra loro un duro braccio di ferro con l'obiettivo di piazzare i propri delfini nei posti chiave per continuare a spartirsi le spoglie economiche di un Paese soll' orlo del collasso. Partiti politici al governo e oppositori peronisti, sindacati e società civile, si sono invece mobilitati per tentare di dire la loro in un Paese da 33 mesi in stato di recessione, con il 30% dei 35 milioni di abitanti in condizioni di povertà e il 15% di disoccupati. Docenti e studenti hanno occupato le università pubbliche. I sindacati andranno domani ad uno sciopero generale. E la classe media e alta ha preso d'assalto le banche per cambiare i pesos in dollari. A far scoccare la scintilla dell'inquietante battaglia è stata la decisione di De La Rua di affidare il ministero dell'Economia all'ultra liberista Ricardo Lopez Murphy. Che circondatosi di sottosegretari con gli stessi ossessivi principi - un paio dei quali li avevano messo in atto durante la passata dittatura - ha sparato sul mucchio con una stangata da 4,5 miliardi di dollari in due anni. A suo avviso unico modo per far fronte al profondo deficit pubblico. Più che mai intollerabile per il Fondo Monetario Internazionale che, lo scorso dicembre, quando l'Argentina è stata ad un passo dalla cessazione dei pagamenti l'ha soccorsa - per rasserenare i creditori - con un «ombrello» finanziario da 40 miliardi di dollari, con cui pagare i 20 miliardi di debito estero. Ma altrettanto intollerabile è risultata la stangata per gran parte del Paese, compresi imprenditori e multinazionali stanchi di vedersi soffiare gli utili dalle banche. Murphy inoltre, per racimolare soldi per pagare il debito, ha voluto infliggere tagli alla scuola per 902 milioni di dollari, riduzione degli assegni famigliari, cacciata di 80mila statali ed eliminazione dei sussidi produttori di tabacco del Nord. E senza una misura che possa riattivare l'endemica stagnazione. La polemica politica è scoppiata in tutta la sua gravità. Dopo il terremoto nell'Alleanza al governo (se ne sono andati i ministri della corrente progressista dell'Unione civica radicale e l'intero Frepaso, di centrosinistra), il sempre più debole De La Rua è stato costretto a dire che il piano di Murphy sarà ritoccato e a ricorrere all'ex ministro Cavallo, l' unico che può tenere a bada Fmi e creditori, e trovare ascolto a Washington per rinegoziare il debito estero. Con un asso nella manica: se il sistema finanziario gli dirà di no, l'Argentina, oltre all'inevitabile esplosione sociale, procederà nella cessazione dei pagamenti. E i guai allora non saranno solo per Buenos Aires.
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