[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
ECUADOR: IL MANIFESTO: Intervista a Rosa Alvarado
- Subject: ECUADOR: IL MANIFESTO: Intervista a Rosa Alvarado
- From: "Comit Int.sta Arco Iris" <ale.ramon at numerica.it>
- Date: Wed, 24 May 2000 19:40:19 +0200
Carissimi/e, in attesa di stabilire una data per un incontro tra le varie realtà interessate a solidarizzare con i Popoli dell'Ecuador (incontro che vorremmo organizzare ad Ancona o Firenze verso la seconda metà di giugno e per la realizzazione del quale, attendiamo vostre proposte concrete), riproduciamo a seguire quest'articolo, apparso su "Il Manifesto" di ieri, 23 Maggio 2000. Cordiali saluti, Comitato Internazionalista Arco Iris http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/23-Maggio-2000/art39.htm 23 Maggio 2000 ECUADOR, SUCRE AMARO di Giuseppe Rolli Ci sono molte date importanti nella storia di qualunque paese. Per l'Ecuador il 21 gennaio 2000 poteva essere, come si dice, una di "quelle da ricordare". Quel giorno, infatti, un militare (il colonnello Lucho Gutiérrez), un magistrato (Carlos Solorzano) e un indio (Antonio Vargas), insieme con una folla di indigeni rappresentati della Conaie (la Confederazione delle nazionalità indigene dell'Equador) ed alcuni militari ribelli, marciano sulla capitale, Quito, e occupano il Congresso nazionale. Con loro c'è Rosa Maria Alvarado Tanguila, una giovane medico laureatasi all'Avana che attualmente coordina le attività del Dipartimento di sanità e nutrizione della Conaie. Quello stesso giorno il presidente Jamil Mahuad, eletto nel 1998 e autore pochi giorni prima di una proposta "scandalosa", quella di adottare il dollaro americano come moneta del paese, è destituito per cedere il posto alla "Giunta di salvezza nazionale", un triumvirato civile e militare. Qualcosa, però, s'inceppa da subito. Il colonnello Gutiérrez lascia il suo posto in giunta al generale Mendoza che, da lì a poche ore, con un colpo di mano - ma sarebbe più appropriato dire "con un colpo di stato" - consegna il paese a Gustavo Noboa, il vice presidente, spegnendo il legittimo riconoscimento del triumvirato progressista nel quale si riconosceva una parte rappresentativa della popolazione e persino della Chiesa. Da allora, la dollarizzazione è diventata una realtà (il biglietto verde è già in circolazione) e le elezioni locali tenute domenica hanno ridisegnato la mappa politica del paese in senso molto distante da quei giorni intensi di gennaio: Democracia popular, il partito del deposto Mahuad, è stato sonoramente castigato, un leader di Izquierda Democratica - l'ex generale Paco Moncayo, che aveva simpatizzato con l'insurrezione - è stato eletto sindaco della capitale Quito, ma il Partito social-cristiano (conservatore) è diventato la prima forza politica del paese e il movimento indio Pachakutik è confinato nelle parroquias, la base sociale delle amministrazioni pubbliche, malgrado un buon risultato. Rosa Alvarado in questi giorni è in giro per l'Italia ad incontrare organismi, associazioni, mezzi di informazione e studenti con cui discutere degli avvenimenti di gennaio scorso e denunciare la situazione politica ed economica che vive l'Ecuador. Signora Alvarado la prima domanda è quasi obbligatoria: cosa non ha funzionato il 21 gennaio scorso? Bisogna innanzi tutto ricordare che quel giorno resta una data importante per tutto il popolo ecuadoriano, anche perché per noi, e non solo per noi, ha segnato la vera apertura del nuovo millennio. Nel corso di questa sollevazione popolare siamo riusciti ad occupare i due poteri più importanti dello stato, ossia il Congresso nazionale e la Corte suprema di giustizia. A fronte di questo un altro potere, quello militare, si è unito a noi, prima nella persona del colonnello Lucho Gutiérrez e poi in quella del generale Carlos Mendoza, togliendo l'appoggio al presidente Mahuad. Chi chiese di sostituire Gutiérrez con Mendoza? I militari, o quantomeno buona parte di loro. Chiesero a Gutiérrez di farsi da parte perché un generale delle alte gerarchie all'interno della "Giunta nazionale di salvezza", al posto di un semplice colonnello, avrebbe dato maggiore rappresentatività allo stesso triumvirato. Dopo accadde che il generale Mendoza, una volta occupata la sede del Congresso, ricevette una telefonata da parte di "alti funzionari della Casa Bianca" con la quale gli fu fatto presente che non avrebbe ricevuto nessun appoggio, né di tipo militare né politico-istituzionale. Poi fu la volta di altre pressioni da parte di altri stati, come l'Inghilterra, la Spagna, e l'Oea (l'Organizzazione degli Stati Americani, ndr) che sostennero quanto annunciato dagli Stati uniti. Da qui scaturisce il rifiuto di Mendoza (quindi dell'esercito) a partecipare ai lavori della Giunta. Due ore dopo Gustavo Noboa, il vice presidente, aveva assunto il potere. L'economia ecuadoriana è stata distrutta dai governi militari prima e dalla classe politica poi. Da una parte ci sono gli occhi degli Usa e del Fondo monetario internazionale puntati sulla stabilità delle banche, poi le mani di una classe dirigente avida, infine il corpo di un'opposizione che cerca le grandi trasformazioni sociali, ma poi non riesce a concretizzare alcuna azione immediata. In questo scenario qual è il vostro ruolo? Noi lo riteniamo fondamentale. Il fatto che l'attuale presidente insegua e pratichi la stessa politica del suo predecessore, Jamil Mahuad, è sintomatico di come il futuro del paese sia in serio pericolo. Per questo, se non saranno accettate le proposte del movimento indigeno, il governo si assumerà anche le responsabilità di una nuova sollevazione popolare. E quali sono queste proposte? In questi giorni stiamo raccogliendo le firme per promuovere un referendum dove poniamo quattro punti importanti: concedere l'amnistia agli insorti del 21 gennaio; chiedere la ristrutturazione della Corte suprema di giustizia e lo scioglimento del Congresso nazionale; la non "dollarizzazione" dell'economia e, infine, la modernizzazione del paese anziché la privatizzazione. Secondo l'economista ecuadoriano Alberto Acosta la situazione potrebbe peggiorare in questi mesi proprio a causa della dollarizzazione, prevedendo inoltre che l'Ecuador possa trasformarsi in un "paradiso fiscale alimentato dai narcodollari". Sarà così? Il governo ha voluto la dollarizzazione come àncora di salvezza per mantenersi al potere. E' chiaro che in un sistema economico così malato il minimo prezzo da pagare è che il denaro affluisca nelle nostre banche solo per essere "ripulito". Negli ultimi cinque anni i poveri dell'Ecuador sono più che raddoppiati. Qual'è la reale condizione di vita del popolo indigeno? E' disastrosa e pericolosa non solo per gli indigeni, ma anche per quanti vivono ai margini delle città e nelle campagne. Per comprendere la gravità basta guardare l'alto tasso di analfabetizzazione (circa il 50 per cento, ndr) e le condizioni sanitarie inumane in cui versa la maggioranza della popolazione. Non solo. In questi anni è cresciuto il fenomeno dell'urbanizzazione, ogni giorno migliaia di contadini invadono le città dove trovano la morte molto prima che nelle campagne. Per ridurre questo basterebbe valorizzare la medicina indigena, la nostra educazione interculturale e lo sviluppo di un'autodeterminazione rispettosa delle diversità. Blanca Chancoso, responsabile per le relazioni internazionali della Conaie, in questi giorni ha annunciato "un nuovo sollevamento improvviso" contro le misure economiche del governo, oltre alla possibilità di "una vera insurrezione" cui la popolazione sarebbe disposta pur di vedere liberi gli insorti... La nostra lotta non si fermerà fino a quando non avremmo ottenuto ciò che chiediamo. A tutti i costi. Anche con la lotta armata? Assolutamente no. La nostra è una lotta pacifica che mira a realizzare una rivoluzione culturale. Quando le armi si sostituiscono al dialogo e alla partecipazione democratica si decreta la sconfitta dell'uomo. La nostra unica arma è la ragione ed è con quella che vinceremo. Siamo un'unica idea, un'unica voce, un unico pugno. Che cosa chiedete alla comunità internazionale e al governo italiano? Innanzi tutto di non chiamarci "golpisti". Il 21 gennaio c'è stata una grande ribellione storica per la dignità e la democrazia del popolo ecuadoriano. Chiediamo, dunque, la libertà per quei compagni che sono stati rinchiusi in carcere subito dopo l'insurrezione e l'immediata amnistia per Antonio Vargas, leader della Conaie. Inoltre che sia scongiurata qualsiasi forma di repressione e che la Comunità europea faccia in modo che il nostro governo accetti le proposte del movimento indigeno. Quindi anche di entrare nella campagna per la cancellazione del debito estero? Certo. Proponiamo che ci siano accordati almeno "10 anni di grazia" affinché quei soldi possano essere canalizzati nei progetti di sviluppo del nostro paese. In fondo, se ci pensate bene, 10 anni di "sconto" non sono nulla rispetto ai 500 che voi ci dovete. ====================================== *) Per chi non volesse continuare a ricevere nostre notizie, è semplicemente necessario scrivere allo stesso indirizzo, specificando "unsubscribe" nel titolo (subject) del messaggio e l'indirizzo che deve essere eliminato dalla lista di distribuzione. ====================================== Comitato Internazionalista Arco Iris Via Don Minzoni 33 25082 Botticino Sera (BS) E-mail: ale.ramon at numerica.it Tel/Fax 030-2190006
- Prev by Date: I: sem comentário
- Next by Date: 29/05 Bologna: Chiapas - analisi di una guerra che non si vede
- Previous by thread: I: sem comentário
- Next by thread: 29/05 Bologna: Chiapas - analisi di una guerra che non si vede
- Indice: