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R: [Richiesta Amministrativa] articolo "censurato" dalla stampa locale a Lecce
- Subject: R: [Richiesta Amministrativa] articolo "censurato" dalla stampa locale a Lecce
- From: "Marina Beccuti" <marina.b at inrete.it>
- Date: Mon, 15 May 2000 22:47:07 +0200
Inserisco l'articolo riportato da Movimondo. Prego di non postare attach. Grazie comunque per aver fatto partecipe la lista di questa censura. Cari saluti. Marina Beccuti ---------------------------------------------------------------------------- ---------------------------------------------------------------------- ECUADOR: VITTIMA E OSTAGGIO DELLA GLOBALIZZAZIONE "Toda la tierra y el espacio de nuestro continente es sagrado. Pero el principal lugar sagrado para los indigenas de antes y de hoy es la humanidad (Tutta la terra e lo spazio del nostro continente è sacro. Però il principale luogo sacro per gli indios di ieri e di oggi è l'umanità)". Con questo motto gli indios dell'Ecuador hanno salutato l'alba del nuovo millennio. E la forza dirompente di questo messaggio si è fatta sentire fin nel cuore dei vecchi sistemi, sempre uguali e viziosi nell'imporre l'aumento della povertà, nella memoria del 21 gennaio scorso. A Quito, piccolo punto nelle Ande dell'America Latina, gli indios hanno sfidato la GLOBALIZZAZIONE della POVERTA', dicendo il loro NO all'imposizione della DOLLARIZZAZIONE della loro economia e dell'Ecuador tutto. Centinaia e centinaia di campesinos e indios sono scesi dai sentieri millenari degli Incas (le forze armate avevano bloccato le strade asfaltate pensando un loro arrivo con pulman e camion..), e sono arrivati nel cuore della capitale ecuadoriana, pacificamente e festosi, mettendo in fuga politici e fedeli servitori del grande fratello!!! E' durato poco lo spazio di quel grido contro l' IMPOVERIMENTO, è durato poco: lo spazio di un fremito di paura tra Fondo Monetario, Banca Mondiale, USA, G7 e altri poteri globali. Lo spazio di due parole dettate dalle agenzie internazionali "l'Ecuador è PARIA nel sistema economico Internazionale". I militari, dapprima a fianco degli Indios due ore dopo il "Levantamiento" hanno abbandonato gli ecuadoriani nelle mani del vecchio sistema, e gli Indios sono rimasti soli: traditi, delusi e amareggiati. Ma invece di restituire il colpo col sangue hanno continuato la "marcia" e sono usciti dai palazzi della capitale per ritornare nei campi e "comunas" delle Ande, per forgiare e rafforzare l'esperienza di autocoscienza e autoorganizzazione dal basso. Il loro messaggio giunge oggi anche a Lecce con la visita di Rosa Alvarado della CONAIE (confederación de los Pueblos Indigenas del Ecuador), nell'incontro organizzato da CTM_Movimondo nell'ambito delle iniziative per celebrare i 15 anni di attività e solidarietà senza confini dell'associazione salentina. Il grido dell'Ecuador e degli Indios delle Ande è anche il grido dei popoli impoveriti con le politiche degli "aggiustamenti strutturali", dei "crediti a lungo termine", delle "privatizzazioni necessarie", dei "tagli sociali", degli "oneri sul debito" e di tutti quesi meccanismi che creano e mantengono la povertà dei tanti Sud del mondo. Processo globale d'impoverimento, è questo il risultato del voler dollarizzare l'economia di un paese come l' Ecuador. Un paese che potrebbe essere la Svizzera dell'America Latina (pieno di ricchezze di ogni genere) e che invece è tra quelli in America Latina dove più alto è il tasso di denutrizione e analfabetismo. Un paese costretto a produrre caffè, cacao e banane (le Dole) da esportare per far entrare dollari (per pagare gli interessi sui debiti!) e che non può produrre per soddisfare il fabbisogno interno del suo popolo; un paese produttore di petrolio e dove la benzina costa più di quanto vale in Italia (che la importa) perché l'estrazione dell'oro nero è nelle mani di compagnie multinazionali (Shell, Texaco, ecc.). Dove un litro di latte può costare la sera 2000 Sucres e la mattina dopo, appena annunciata la dollarizzazione, 12.000 Sucres!!! Contro quest'imposizione della povertà si sono levati gli indios dell' Ecuador! Contro tutte le forme di globalizzazione selvaggia degli interessi dei "grandi" sono insorti le centinaia di piccoli indios delle Ande. E con la loro resistenza mostrano anche a noi il percorso da seguire se non vogliamo essere schiacciati nella morsa del capitalismo globalizzato dove solo due categorie sociali valgono: quelli che possono vendere e quelli che possono comprare (comunque alleati per arricchirsi). E questo processo è sotto i nostri occhi ogni giorno perché ogni giorno consumiamo prodotti coltivati in Ecuador o Zambia, con prezzi fissati a New York o Londra, con guadagni che si fermano nelle banche svizzere o nei paradisi fiscali (dove multinazionali come Nestlè, Del Monte e tante altre investono gli introiti), e che lasciano nei paesi d'origine solo manodopera a basso prezzo ed economie dipendenti e da colonizzare/dollarizzare. E questa "fame" di guadagni facile è sempre più forte come dimostra la questione del Cacao con l'ultima risoluzione UE, o l'affare della manipolazione genetica delle sementi (e non solo di quelle), o il tentativo di imporre accordi strozzini come il "Nafta for Africa" o il M.A.I. (Accordo Multilaterale sugli Investimenti). Tutte sigle che ogni giorno passano davanti ai nostri occhi e che determinano quotidianamente la fetta di popolazioni da impoverire, le stesse che saranno costrette a "sbarcare" sulle nostre coste. Finché, chissà, nel futuro anche noi saremo travolti da questa tempesta di povertà globale, in fondo le 200 persone più ricche del mondo hanno in mano un patrimonio finanziario pari al reddito della metà della popolazione mondiale ( e tra questi 200 c'è anche qualche connazionale), e le 10 multinazionali più grandi ne dispongono dell'altra metà! Basta(no) poc(hi)o per essere ricchi!!!! Celebrare il nostro anniversario con gli indios dell'Ecuador è anche divenire partecipi e solidali con chi, come i "campesinos" delle Ande ecuadoriane, vuole costruire un'economia solidale dove globale sia la libertà e sacralità di ogni uomo e donna: nella capacità di controllare merci e capitali (frutto di rapine e inganni) prima che di uomini e popoli, nella determinazione di poter costruire il proprio processo di sviluppo, nella possibilità di rifiutare modelli escludenti e di povertà organizzata e mantenuta. Carlo Mileti, CTM_Movimondo
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