Repressione nel Carcere di S. Sebastiano (Sassari)



 Ogni carcere è costruito con i mattoni dell’infamia
 ed è chiuso con le sbarre per paura che Cristo
 veda come gli uomini straziano i loro fratelli.
 Oscar Wilde

Nonostante siano passate due settimane ancora non è chiaro quanto sia
successo lunedì 3 aprile nel carcere di S. Sebastiano posto nel cuore della
città di Sassari in Sardegna.

Sappiamo bene però che il carcere è delitto, privazione , violenza e lunedì
in Via Roma 51, a Sassari il carcere ha mostrato il suo vero volto in tutta
la sua brutalità, facendo rimbombare ulteriormente le parole del nuovo
comandante della polizia penitenziaria, Ettore Tomassi che all’indomani
della sua nomina, ossia il giorno del pestaggio si sarebbe presentato alla
popolazione carceraria con le seguenti parole :"Io sono il vostro dio, in
15 giorni diventerete come agnellini. Sappiate che il lager è un paradiso,
qui inizia l’inferno".

Questi i fatti: In occasione di una protesta interna al carcere, esplosa
spontaneamente a causa delle insostenibili condizioni di vita all’interno
dello stesso, aggravate dal fatto che, essendo in atto la sostituzione o
uno sciopero della direttrice, sarebbero stati sospesi per alcuni giorni "
servizi aggiuntivi" come il "supplemento spesa" allo spaccio (ossia la
possibilità di poter comprare allo spaccio del carcere alimenti oltre
quelli passati dalla mensa), e il ricovero ospedaliero (giudicate se questi
servizi siano aggiuntivi o innegabili!), in più sono stati chiusi i
rubinetti dell’acqua, altra cosa forse superflua…..

Non è da tralasciare la situazione di un presunto sovraffollamento di
detenuti per cui si volevano effettuare dei trasferimenti in altre carceri
dell’isola. A tutto questo i prigionieri hanno reagito iniziando, la notte
del 3 aprile, a sbattere utensili vari alle sbarre ed a urlare per
denunciare il loro malessere pubblicamente.

L’amministrazione, per tutta risposta, avrebbe fatto intervenire le squadre
speciali : G.O.M. (gruppi operativi mobili della polizia penitenziaria, una
struttura d’intervento rapido, come tutte le polizie, ma non hanno compiti
punitivi. Giustificabili con situazioni di difficoltà e criminali
impegnativi da gestire), per ristabilire l’ordine costituito. Questo
chiaramente secondo le istituzioni.

Avendo la situazione destato eccessivo clamore Diliberto prontamente è
intervenuto e dopo aver promesso indagini e inchieste, ha sentito il dovere
di soffermarsi sul lavoro dei secondini, sottolineando che, riportiamo
esattamente le sue parole, :"la polizia penitenziaria svolge un lavoro
difficile e molto delicato, che deve essere realizzato in strutture
adeguate e moderne, ma a S. Sebastiano sono costretti a lavorare in
condizioni allucinanti".

Ecco perché si sta pensando di vendere l’area appetibile e centrale a
privati a patto che questi diano allo stato chiavi in mano, un nuovo
carcere, cioè lo stato vuole costruire un nuovo carcere efficiente e
moderno a costo zero.

Questo, per loro è l’unico problema e l’unica soluzione.

A volte, aggiungiamo noi, lavorare con difficoltà, causa stress, quindi è
giusto che le guardie si sfoghino sulle vite umane da loro custodite,
legalizzando a loro piacimento pestaggi, soprusi e torture, tanto sono
detenuti che sono lì per espiare delle colpe, non persone ma solo dei
carcerati.

Quello che è successo il 3 aprile è stato un massacro, una spedizione
punitiva in piena regola, con testimoni screditati ed inutili in quanto
semplici prigionieri. Ecco la lampante funzione repressiva, e non
rieducativa o di recupero del carcere, in tutta la sua massima espressione. 

L’art. 27 della costituzione italiana che  recita :"Le pene non possono
consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere
alla rieducazione del condannato", è stato tranquillamente calpestato,
ancora una volta, in nome della democrazia e dell’ordine pubblico. 

Bilancio (provvisorio e non ufficiale!), 70 detenuti pestati a sangue
perquisiti da cima a fondo (intestino compreso), e trasferiti in altre
strutture, per alcuni nessun colloquio nessuna visita….

Forse perché si vuole impedire di vedere i segni del massacro, o si vuol
tentare di occultare le prove e curare senza troppi clamori fratture,
ecchimosi, perdita improvvisa di diversi denti in una settimana circa.

Troppi segni gli aguzzini hanno sbadatamente lasciato sui corpi dei
ribelli…… prima sono entrati nelle celle, devastandole, rompendo
armadietti, brande e gettando dalle finestre indumenti, cibo, riserve
d’acqua e quant’altro, poi li hanno assaliti.

Si sa che uno è in coma, uno ha entrambi i polsi fratturati, molti non sono
stati neppure ancora visitati, tutti, compresa la sezione femminile. Hanno
comunque preso calci e pugni alla schiena, alle gambe e ai testicoli.

Solo alcuni parenti delle vittime hanno voluto parlare, con gli occhi
insanguinati dalla rabbia per come hanno trovato i loro congiunti," il viso
quasi intatto, solo un po’ sofferto… il corpo dilaniato, dolori ovunque
impossibilitati ad assumere posizioni "normali"", (troppe fratture non
previste forse?) e così via……..più che un racconto un bollettino di guerra.

La risposta non tarda ad arrivare: venerdì 14 aprile i familiari dei
prigionieri riuniti in un comitato spontaneo hanno organizzato una
fiaccolata di solidarietà, la partecipazione è stata di circa 150 persone
tutti in silenzio hanno sfilato nelle vie intorno al carcere, senza simboli
né bandiere.

I detenuti hanno risposto accendendo le loro fiaccole (accendini) con le
braccia che cercavano di raggiungere i manifestanti in un abbraccio
soffocato ed impossibile. L’atmosfera si è scaldata nel momento in cui i
cuori si sono incontrati al di là della sbarre, al di là delle celle e
delle mura apparentemente invalicabili.

Ma il resto della città non ha capito o non ha voluto capire. Una richiesta
di solidarietà per un fatto così aberrante a cui non si è risposto
pienamente forse perché sono detenuti e dopo tutto se sono dentro sono
colpevoli e se lo meritano……….

La maggioranza silenziosa, quindi, continuerà a tacere acconsentendo a
mattanze legali ed impunite, continuerà a fingere di non sentire le urla
che troppe volte hanno squarciato quelle mura per uscire fuori, ma
l’importante è, che il carcere sia fuori dalla città, così che i
prigionieri non possano turbare ulteriormente la "povera vita dei cittadini
onesti" troppo occupati a pensare esclusivamente a se stessi.

All’appuntamento non sono mancati purtroppo i soliti avvoltoi venuti a
chiudere la loro campagna elettorale cavalcando gli eventi ed elargendo
promesse; a loro va tutto il nostro disprezzo.

Non sono mancati neppure simpatici casi di auto-combustione spontanea (cioè
la spontanea messa al rogo di auto) di alcune guardie e generosi pacchi
regalo dal contenuto ESPLOSIVO lasciati qua e là nelle carceri sarde….

- Esprimiamo la nostra solidarietà ai prigionieri e ai familiari -
Ribadiamo il nostro profondo disprezzo nei confronti di coloro che
gestiscono, ad ogni livello le strutture carcerarie - nonché il rifiuto di
riconoscere lo stato italiano borghese, imperialista  e nel caso della
Sardegna straniero e colonialista.

Saluti rivoluzionari
Con tenerezza e forza
Sa Cunfederatzione de sos comunistas Sardos