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articolo di Umberto Eco



Questa lista e' sull'educazione alla pace.
Mi scuso pertanto se inserisco un articolo un po' fuori policy. Ma il 
contenuto ve lo raccomando.
A.M.

Fonte: Repubblica 31/8/01

Se nasce una scuola
privata per laici
LA POLEMICA

di UMBERTO ECO

UNA volta Pitigrilli aveva scritto che leggeva tutte le mattine l'articolo 
di fondo del suo direttore per sapere che cosa doveva pensare. È un 
principio che (con buona pace di Ezio Mauro) non condivido, almeno non 
sempre. Ma è certo che talora, per sapere che cosa si deve pensare, si 
scrive un articolo noi stessi. È un modo di raccogliere le idee. Ecco 
perché vorrei dire alcune cose sulle varie polemiche circa la scuola 
privata, e indipendentemente dai particolari tecnico-parlamentari del caso 
italiano.
Chiediamo a qualcuno se in un paese democratico sia lecito a chiunque 
stabilire un insegnamento privato, e a ogni famiglia scegliere per i figli 
l'insegnamento che ritengono più adeguato. La risposta deve essere 
certamente sì, altrimenti in che democrazia siamo? Chiediamo ora se 
qualcuno, che ha speso un capitale per comperarsi una Ferrari ha il diritto 
di andare a duecento all'ora in autostrada. È triste per chi ha fatto 
questo investimento, e per Luca Cordero di Montezemolo, ma la risposta è 
no. E se io ho impiegato tutti i miei risparmi per comprarmi una casetta 
proprio in riva al mare, ho diritto che nessuno venga a mettersi sulla 
spiaggia davanti a me per far baccano e gettare cartaccia e lattine di Coca 
Cola? La risposta è no, devo lasciare un passaggio libero perché c'è una 
striscia di spiaggia che è di tutti (al massimo posso chiamare la polizia e 
denunciare chi la sporca).
Il fatto è che in democrazia chiunque ha diritto a esercitare le proprie 
libertà purché questo esercizio non rechi danno alle libertà degli altri.

Rirengo persino che una persona abbia il diritto di suicidarsi, ma il 
permesso vale sino a che la percentuale dei suicidi si mantiene su 
percentuali trascurabili. Se ci fosse una epidemia di suicidi, lo stato 
dovrebbe intervenire a limitare una pratica che, alla fine, arrecherebbe 
danno all'intera società. Che cosa c'entra questo con la scuola privata? 
Prendiamo l'esempio di un paese come gli Stati Uniti dove lo stato si 
preoccupa solo di garantire ai suoi cittadini ogni libertà possibile, 
compresa quella di portare armi (anche se qualcuno laggiù incomincia a 
chiedersi se questa libertà non sia lesiva della libertà altrui). Laggiù 
potete decidere se andare alla scuola pubblica o alla scuola privata. Una 
famiglia di miei amici, laici ed ebrei, ha mandato la figlia in un liceo 
tenuto da suore cattoliche, certamente costoso, perché davano la garanzia 
di insegnare persino chi fosse Giulio Cesare, mentre nelle scuole pubbliche 
si risaliva al massimo a Gorge Washington. Naturalmente, facendo una buona 
scuola, quella ragazza è poi entrata a Harvard, mentre quelli della scuola 
pubblica no, perché l'insegnamento doveva essere tenuto al livello di 
ragazzi portoricani che parlavano a fatica l'inglese. La situazione 
statunitense è pertanto questa: chi ha soldi può avere per i propri figli 
una buona educazione, chi non li ha li condanna al semianalfabetismo. Mi 
chiedo persino se il basso livello della scuola pubblica non finisca di 
incidere anche su quello della scuola privata, visto che persone di buona 
famiglia come Bush (si veda il sito di Internet sui "Bushisms") commettono 
tali errori di grammatica, geografia e logica che al confronto Bossi ha una 
statura da premio Nobel. Quindi lo stato americano è incapace di provvedere 
ai suoi cittadini pari opportunità. Se le università, parte pubbliche e 
parte private, sono in genere eccellenti è perché la bontà di una 
università viene poi controllata dal mercato, e anche molte università 
pubbliche fanno il possibile per mantenere un buon livello. Ma per 
l'università la cosa vale anche in Italia, specie dopo l'autonomia concessa 
agli atenei. Lo stato si preoccupa solo di riconoscere ad alcune università 
private la laurea che conferiscono e di stabilire commissioni nazionali per 
il conferimento delle cattedre. Poi, se esci dalla Bocconi sei a posto, se 
esci da una università privata di reputazione minore, o sarà il mercato a 
verificare, o i vari concorsi per la magistratura, il titolo di 
procuratore, l'abilitazione all'insegnamento e così via. Ma con la scuola 
materna, elementare e media non c'è controllo del mercato o di pubblici 
concorsi. Uno fa delle scuole depresse e non lo saprà mai (altrimenti non 
sarebbe culturalmente depresso), l'altro fa delle scuole eccellenti e 
diventa classe dirigente. È questa democrazia piena? Soluzione: lo Stato 
riconosce il diritto dei privati di impartire l'insegnamento elementare e 
medio e dà un buono uguale a tutti i cittadini, e i cattolici manderanno i 
figli dagli scolopi, i laici arrabbiati alla scuola comunale. In democrazia 
i genitori hanno diritto di decidere sull'educazione dei figli. Ma occorre 
che la scuola privata, magari eccellentissima, non stabilisca tasse 
aggiuntive rispetto al buono, altrimenti è ovvio che, per attrarre genitori 
abbienti e colti, frapponga qualche forma di ostacolo in modo che non le 
arrivino figli di immigrati, benché naturalizzati italiani, e figli di 
disoccupati che in famiglia non hanno imparato un italiano decente. È 
possibile imporre a una scuola privata di accettare anche un bambino nero, 
sporco e culturalmente in ritardo? Se la scuola privata dovesse adattarsi 
al livello di questi alunni regolarmente pagati dallo stato, come farebbe a 
restare scuola d'élite? Ma anche se si raggiungesse questa situazione di 
eguaglianza democratica, sappiamo benissimo che ci sono scuole private 
(citerei il Leone XIII di Milano, o i gesuiti presso i quali ha studiato, 
senza subire evidentemente troppe pressioni ideologiche, Piero Fassino) che 
cercano a ogni costo di mantenere un livello di eccellenza, e scuole 
private di qualsiasi tendenza che sono specializzate nei diplomi facili. Ai 
miei tempi lo stato esercitava su queste scuole un controllo molto fiscale, 
e mi ricordo le traversie dei privatisti a un esame di stato. Ma allora, se 
questo controllo deve esserci, esami come quello di maturità debbono 
diventare ben più severi di oggi, almeno quanto lo erano ai miei tempi, con 
una commissione esterna (tranne un solo docente interno), e programma di 
tre anni al completo - e sogni angosciosi che ci hanno accompagnato per 
tutta la vita. Altrimenti potrebbe accadere di avere generazioni di 
ignoranti, alcuni provenienti dalle scuole statali ormai riservate a 
sottoproletari, e alcuni provenienti da scuole private truffaldine per 
ragazzi ricchi e svogliati. Non finisce qui. Ammettiamo che tutti questi 
inconvenienti possano essere risolti da una legge che salvaguardi anche i 
diritti dei non abbienti, e che un piccolo senegalese italianizzato possa 
frequentare con buono statale anche la più esclusiva tra le scuole private. 
Si deve tenere presente che, se stabilendo una scuola privata, si è 
finanziati da buoni statali, allora ciascuno ha diritto di farlo. Gli 
scolopi, certamente, e i gesuiti, ma anche i valdesi, o una associazione di 
laici che costituisca i Licei Siccardi (o Cavour, o Peano, o Ardigò) in cui 
si educhino i ragazzi a un sano razionalismo, si mettano sullo stesso piano 
tutte le religioni, si legga un poco di Corano, un poco di Bibbia e un poco 
di testi buddisti, e si rilegga la storia d'Italia in spirito laico. O che 
Rifondazione stabilisca delle scuole Feuerbach, ispirate a una critica dei 
pregiudizi religiosi, o che la Massoneria metta insieme dei Licei Hiram, 
dove si educano i ragazzi ai principi spirituali e morali di quella 
associazione. Tanto lo stato paga, e l'impresa (magari con qualche 
sponsorizzazione) potrebbe essere in attivo. Ancora, perché proibire (siamo 
in democrazia) al reverendo Moon e a monsignor Milingo di fare il proprio 
liceo, così come esistono le scuole steineriane? E perché proibire una 
media musulmana, o ai seguaci di varie sette sudamericane di lanciare i 
Licei Oxalà, dove si trasmettano i principi del sincretismo 
afro-brasiliano? Chi potrebbe protestare? Il Vaticano, chiedendo al governo 
a ristabilire la sovrana autorità dello Stato? Ma allora saremmo da capo a 
quindici. E, anche ammesso che si potesse attuare un controllo statale di 
accettabilità, potremmo escludere dalle scuole accettate una che trasmetta 
ai propri allievi un totale scetticismo nei confronti delle religioni, e 
un'altra che diffonda sani principi fondamentalisti coranici, purché basati 
su una interpretazione filologicamente esatta dei testi sacri? Certo che 
no. Dopo di che avremmo un paese di cittadini, divisi per gruppi etnici e 
ideologici, ciascuno con la propria formazione, incommensurabile con le 
altre. Ma questo non sarebbe una soluzione di sano multiculturalismo in una 
società multiculturale del futuro. Una società multiculturale deve educare 
i propri cittadini a conoscere, riconoscere e accettare le differenze, non 
a ignorarle. Qualcuno ha fatto l'esempio di paesi stranieri in cui la 
libertà dell'educazione regnerebbe sovrana. Non so, penso soltanto alla 
Francia. Se volete diventare, in quel paese, un gran commis d'état, dovete 
passare per l'Ena, o per l'École Normale Supérieure di rue d'Ulm, e se 
volete arrivare all'École Normale dovete essere passato per i grandi licei 
statali, che si chiamano Descartes, Henry IV, Fénelon. In questi licei lo 
stato si preoccupa di educare i propri cittadini a quello che essi chiamano 
la République, ovvero un insieme di conoscenze e valori che debbono rendere 
uguale, almeno in teoria, una ragazzo nato ad Algeri e uno nato in 
Normandia. Forse l'ideologia de La République è troppo rigida, ma non può 
essere corretta col proprio opposto, cattolici coi cattolici, protestanti 
coi protestanti, musulmani coi musulmani, atei con gli atei e Testimoni di 
Geova coi Testimoni di Geova. Ammetto che, a lasciar le cose come vuole 
oggi la costituzione, non si eliminerebbe una certa dose d'ingiustizia: i 
ricchi continuerebbero a mandare i figli dove vogliono, magari all'estero 
(i più stupidi tra i ricchi li manderebbero a una highschool americana), e 
i poveri rimarrebbero affidati alla scuola di tutti. Ma democrazia è anche 
accettare una dose sopportabile di ingiustizia per evitare ingiustizie 
maggiori. Ecco alcuni problemi che nascono dall'affermazione, in sé ovvia e 
indolore, che i genitori dovrebbero poter mandare i loro figli alla scuola 
che preferiscono. Se non si affrontano tutti questi problemi, il dibattito 
rischia di ridursi a una faida tra cattolici integristi e laici 
mangiapreti, il che sarebbe male.