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per analizzare criticamente la pubblicita'
Vance Packard e i "persuasori occulti"
Nella società dei consumi si è sviluppata una campagna per guidare gli atti
quotidiani, generando motivazioni per l'acquisto di nuovi prodotti, non
tutti di prima necessità e non tutti realmente utili. Sono nate così le
continue manipolazioni delle abitudini e dei meccanismi mentali dei
consumatori mediante tecniche di persuasione che agivano "di nascosto" e
all'insaputa dei consumatori stessi. Tali tecniche di persuasione, proprio
perché occulte, hanno generato dei meccanismi che oltrepassano la semplice
persuasione per diventare, appunto, "manipolazione". I manipolatori della
mente hanno attinto a piene mani le loro tecniche dalle scienze sociali e
dalla psicoanalisi generando bisogni fittizi e orientando i comportamenti
con una nuova tecnica sociale: la pubblicità.
La "manipolazione", secondo Mario Stoppino, agisce diversamente rispetto
alla "persuasione": "Quando un soggetto cerca di persuadere un altro ad
abbracciare una certa credenza o a tenere un certo comportamento, egli
indica in modo esplicito e aperto le ragioni che militano in favore della
credenza o del comportamento. In tal maniera, la persuasione, all'opposto
della manipolazione, mira a ottenere il consenso volontario e consapevole
del soggetto al quale viene rivolta". Come funziona invece la tecnica di
persuasione occulta, ossia di manipolazione? "La manipolazione - spiega
Mario Stoppino - è una relazione in cui A determina una data condotta in B
e nello stesso tempo, da una parte, A non richiede apertamente a B tale
condotta, ma anzi nasconde a B il suo intento di ottenerla (ovvero la
natura del suo intervento per ottenerla), e, dall'altra, B non si rende
conto del fatto che la sua condotta è voluta da A (ovvero del modo in cui è
causata dall'intervento di A), ma anzi crede di sceglierla liberamente
(ovvero con decisione consapevole)".
(Bobbio, Matteucci, Pasquino, "Dizionario di politica", UTET, voce
"Manipolazione" a cura di Mario Stoppino)
Come difendersi da questa e altre tecniche di assalto? Secondo il
sociologo americano Vance Packard, autore del libro da cui è estratto il
brano che segue, il problema è quello di non lasciarsi persuadere,
imparando a riconoscere i trucchi piccoli e grossi dei manipolatori della
mente umana. Il testo è datato ma è un "classico" dello studio critico
sulla pubblicità.
------------------------ Testo di Vance Packard --------------------------
Per alcuni anni la società DuPont ha tenuto in esame il comportamento delle
massaie americane nella giungla che si chiama supermarket. I risultati,
per quanto riguarda le nuove prospettive che dischiudono alla pubblicità,
sono stati così sensazionali che centinaia di società di prodotti
alimentari e di agenzie pubblicitarie hanno richiesto copia della relazione.
Pubblicata nel 1954, essa si apre con una entusiastica affermazione in
caratteri maiuscoli: "La moderna cliente del supermarket è sempre più
condizionata da una nuova legge fondamentale del mercato: se il vostro
prodotto riesce in qualche modo ad attrarre il mio sguardo, e se per
qualche ragione ha un aspetto particolarmente invitante, LO VOGLIO". La
relazione si basava sull'esame del comportamento di 5.338 clienti in 250
supermarket.
Gli investigatori della DuPont hanno appurato che, quando va a far compere,
la donna americana moderna non si dà la pena di preparare una lista, o per
lo meno la lista completa, di ciò che le occorre. Solo una su cinque, in
media, entra nel supermarket con la lista; e tuttavia tutte le massaie
trovano modo di riempire fino all'orlo il loro carrello; all'uscita, a
quanto riferisce la DuPont, esclamano per lo più: "Non mi sognavo neppure
di comprare tutta questa roba!". Perché la massaia non ha più bisogno della
lista? La relazione non esita a rispondere: "Perché oggi, sette acquisti
su dieci vengono decisi nell'emporio stesso, dove le clienti comprano
spinte da un impulso momentaneo!".
Il volume degli "acquisti impulsivi" di generi di drogheria è andato
aumentando ogni anno da circa vent'anni a questa parte, e la DuPont rileva
che questo incremento degli "acquisti impulsivi" ha coinciso col
diffondersi degli empori in cui ci si serve da sé. Se la cliente deve
affrontare un commesso è costretta a stabilire prima ciò che le occorre.
L'acquisto impulsivo di cibi aromatici o dall'odore pungente, come certe
qualità di formaggio, o di generi allettanti per l'occhio, come sottaceti o
macedonie di frutta in recipienti di vetro, o dolci torte, creme e paste da
spalmare, e altri tipi di specialità "voluttuarie" rappresentano il 90 per
cento degli acquisti totali.
A questo punto un noto specialista di analisi motivazionali, James Vicary,
fu preso dalla curiosità di sapere a che cosa si dovesse un così
strabiliante aumento di "acquisti impulsivi" nei supermarket. Gli era
venuto il sospetto che, all'entrata del supermarket, intervenisse qualche
misterioso fattore a modificare completamente la psicologia delle clienti.
Forse, opinava l'esperto, la vista di tante diverse possibilità produceva
nelle donne un aumento di tensione, costringendole a scelte subitanee. E
si mise all'opera per accertare la fondatezza di questa interpretazione.
Una soluzione la offriva una macchina da presa nascosta, che avrebbe
registrato i movimenti delle palpebre delle massaie mentre si aggiravano
nei reparti. Dal ritmo dei battiti si può infatti dedurre, con discreta
approssimazione, il grado di tensione interna di una persona. Secondo
Vicary, la media normale si aggira sui trentadue battiti al minuto. Se il
soggetto è in uno stato di tensione, i movimenti si faranno sempre più
frequenti, fino a raggiungere, in caso di estrema agitazione, la media di
cinquanta-sessanta al minuto. Se invece il soggetto si trova in uno stato
di particolare rilassamento la media scenderà a venti battiti o anche meno.
Vicary installò dunque le sue macchine da presa e cominciò a seguire le
signore dal momento in cui mettevano piede nel supermarket. I risultati
sbalordirono perfino lui. Il ritmo dei battiti, invece di aumentare a
indizio di una crescente tensione, continuava a scendere, fino a
raggiungere la media, assolutamente sub-normale, di quattordici per minuto.
Le signore precipitavano in quella che Vicary definisce una trance
ipnoide, una leggera forma di trance che, egli spiega, è la prima fase
dell'ipnosi. A suo parere, la causa di questo fenomeno è da ricercarsi nel
fatto che il supermarket è gremito di prodotti accessibili, fino ad alcuni
anni fa, soltanto alla borsa di re e regine, mentre qui, in questo paese
delle meraviglie, essi sono alla portata di tutti. "Chiunque" egli fa
osservare "è in grado, oggi, di essere re o regina, di passare in rassegna
centinaia di prodotti che dicono "comprami, comprami"." Si poté constatare
che molte donne erano a tal punto ipnotizzate da incrociare conoscenti o
vecchie amiche senza riconoscerle o salutarle. Alcune procedevano con occhi
sbarrati. Altre si aggiravano tra i banchi come automi, pescando a caso
dagli scaffali, inciampando negli ostacoli senza vederli, del tutto ignare
della macchina da presa sebbene, in alcuni casi, si trovassero col volto a
mezzo metro dall'obiettivo. Riempito il carrello, le donne si avviavano
verso la cassa, e solo allora il ritmo dei battiti cominciava a salire
verso la media, ancora leggermente sub-normale, di venticinque al minuto.
Poi, sentendo trillare il campanello del registratore e la voce del
commesso che chiedeva i soldi, la media balzava di colpo al di sopra del
livello normale, fino a quarantacinque battiti al minuto. In molti casi
risultò che le donne non avevano sufficiente denaro per pagare tutte le
belle cose che avevano messo sul carrello.
In questo fertilissimo campo degli acquisti impulsivi gli psicologi si sono
alleati con i maghi della pubblicità per indurre la massaia a comprare
prodotti di cui non ha particolarmente bisogno o addirittura desiderio,
finché non se li vede presentare in forma invitante. I 60 milioni di donne
americane che affollano ogni settimana i supermarket vengono "aiutate" nei
loro acquisti da psicologi e psichiatri assoldati dagli uffici vendite
delle ditte di prodotti alimentari. Il 18 maggio 1956, "The New York
Times" pubblicò una interessante intervista con un giovane di nome Gerald
Stahl, vicepresidente del Package Designers Council. Stahl disse tra
l'altro: "Secondo gli psichiatri, la scelta che si offre al consumatore è
così vasta che egli ha bisogno d'essere aiutato: la sua preferenza andrà,
insomma, a quella scatola o confezione capace di ipnotizzarlo e per così
dire, "farsi scegliere"." L'esperto consigliava alle ditte alimentari di
dare alle loro confezioni una maggiore "carica ipnotica", in modo che la
massaia allungasse istintivamente la mano verso il loro prodotto ad
esclusione dei numerosi concorrenti.
Stahl ha accertato che la donna media impiega esattamente venti secondi a
percorrere la corsia di un supermarket se qualcosa non la trattiene; per
cui una scatola che si rispetti deve saperla ipnotizzare come un riflettore
puntato in piena faccia. Certi colori, come il rosso e il giallo, possono
servire a creare effetti ipnotici. Limitarsi a mettere su una scatola il
nome e il fabbricante del prodotto è una pratica del tutto sorpassata, che,
secondo Stahl, lascia completamente indifferente la cliente moderna. La
quale, si può dire, non legge nulla finché non ha la scatola tra le mani.
Per costringerla ad allungare il braccio e prendere in mano il prodotto,
spiegò Stahl, i grafici si servono ora di "simboli dotati di
caratteristiche oniriche". E citò come esempio certe meravigliose torte "in
sezione" che decorano le scatole delle miscele per dolci, bistecche
sfrigolanti, funghi galleggianti nel burro fuso. Più che la carne si
tratta insomma di vedere lo sfrigolio. Queste immagini orientano
l'immaginazione della donna verso il prodotto finale. Nel 1956 comparvero
addirittura scatole che, non appena la trasognata massaia cominciava a
rigirare tra le mani, emettevano sottovoce un discorsetto pubblicitario o
pronunziavano il nome della marca. Le parole erano incise su un nastro
magnetico che scatta in trasmissione al più lieve tocco.
Come si comprende, grafici e illustratori sono convinti che l'acquisto
impulsivo dipende interamente dalla confezione del prodotto, e gli esperti
più imparziali non esitano ad ammetterlo. [... 1 Tuttavia, secondo altri
esperti, il fattore fondamentale che, nella giungla del supermarket,
determina l'acquisto impulsivo, è la posizione del prodotto sullo scaffale.
I venditori più accorti procurano infatti che i prodotti più costosi (sui
quali il margine di profitto è più alto) vengano collocati al livello
dell'occhio.
Entro il 1955, in quasi tutti i supermarket le merci e i reparti erano
disposti secondo un piano preciso, destinato a mettere in evidenza i
prodotti maggiormente suscettibili di "acquisto impulsivo". In molti empori
essi erano stati collocati lungo la prima o unica corsia che il cliente
potesse infilare. Addirittura irresistibili sembra si siano dimostrati i
recipienti di vetro che permettono di vedere il contenuto, o quei prodotti
che vengono esposti addirittura all'aperto, e offerti alla vista e al
palato del consumatore. L'assaggio gratuito di sottaceti e cubetti di
formaggio infilati in uno stuzzicadenti si è dimostrato una efficacissima
arma pubblicitaria. Il direttore di un supermarket dell'Indiana, noto in
tutta l'America per le sue audaci applicazioni psicologiche, mi disse di
aver venduto una volta mezza tonnellata di formaggio in poche ore,
semplicemente esponendo nel suo emporio un'enorme forma e invitando i
clienti ad assaggiarlo e a tagliarsi da sé il pezzo che desideravano
comprare; con la clausola che non l'avrebbero pagato se fossero riusciti a
indovinare il peso con un'approssimazione di trenta grammi. L'imponenza
della forma costituiva di per sé un potentissimo richiamo. "Alla gente"
spiegò il mio interlocutore "piace vedere una grande abbondanza di merce.
Quando sullo scaffale ci sono soltanto due o tre scatole di un dato
prodotto nessuno si muove." Il pubblico non vuole i resti. Da un test
condotto dal giornale "Progressive Grocer" risultò che i consumatori
comprano molto di più (fino al 22 per cento) se gli scaffali sono pieni.
Il bisogno di conformarsi è davvero molto profondo in molti di noi.
A quanto sembra, le sole persone che, una volta entrate in un supermarket,
si abbandonano ad acquisti superflui in misura maggiore delle massaie, sono
i mariti e i figli delle massaie stesse. Gli esperti affermano infatti
concordemente che gli uomini sono facile bersaglio per ogni sorta di
prodotti assalto, e citano innumerevoli casi di uomini mandati all'emporio
a comprare una pagnotta i quali ne escono con le braccia cariche di tutte
le loro specialità preferite. Taluni direttori di supermarket sono
riusciti ad incrementare le vendite speculando abilmente sulla
caratteristica impulsività dei bambini. Nel supermarket dell'Indiana che
ho citato in precedenza, il direttore tiene sempre a disposizione una
dozzina di minuscoli carrelli che i bambini spingono in giro per le corsie
mentre la madre fa la spesa col carrello grande. Il pubblico pensa che
questi carrelli sono molto graziosi; e il direttore che sono molto
redditizi. 1 bambini corrono su e giù per l'emporio imitando la madre nei
suoi "acquisti impulsivi", ma su scala molto più grande. Allungano la
mano, presumibilmente in stato di ipnosi, afferrano scatole di biscotti,
dolci, alimenti per cani, tutto ciò che li diverte o li interessa.
Naturalmente quando madre e figlio escono dallo stato di trance e si
ritrovano davanti alla cassa nascono delle complicazioni. Secondo le
parole del direttore "si verifica, di solito, una clamorosa scenata
allorché la madre vede la massa di prodotti che il bambino ha accumulato
nel suo carrello e cerca di farglieli riportare indietro. Il bambino
accetta di restituire quegli articoli che non gli stanno particolarmente a
cuore, come ad esempio il caffè, ma si mette a urlare e a tirar calci non
appena si tratta di rinunciare ai dolci, ai gelati o alle bibite: sicché
generalmente questi prodotti restano in famiglia ".
Il peso complessivo di questi sistemi di persuasione occulta spiega forse
il fatto che mentre in anni più lontani la famiglia americana media
spendeva in prodotti alimentari il 23 per cento circa del suo reddito, oggi
ne spende quasi il 30 per cento. Il direttore che ho citato in precedenza
calcola che una qualsiasi cliente di supermarket potrebbe ridurre
agevolmente del 25 per cento le spese alimentari, solo che volesse
esercitare un minimo di oculatezza vecchio stile pianificando gli acquisti.
Lo studio sistematico dell'acquisto impulsivo si estese verso a 1955 a
molti altri prodotti non reperibili negli empori alimentari. Le rivendite
di liquori cominciarono a installare speciali scansie per consentire alla
clientela femminile di prendere in mano la merce e cedere più facilmente al
famoso impulso. Questa idea, nata nel celebre "viale della pubblicità" di
New York, Madison Avenue, si diffuse rapidamente in altre parti del Paese.
I grandi magazzini e i negozi di specialità organizzarono interi reparti
sotto questa semplice insegna: "Perché no?" che sollecitava all'acquisto
spensierato, impulsivo, di nuovi prodotti che la maggior parte della
clientela non aveva mai provato. Al proprietario di un grande magazzino si
attribuisce questa frase: "Basta dare alla gente un pretesto per provare un
prodotto che non conosce, e il colpo è fatto".
da: Vance Packard, I persuasori occulti, Milano, 1968, pp. 138-147 con tagli
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