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Don Milani e i cappellani militari
- To: "'lista scuola di PeaceLink'" <pck-scuola@peacelink.it>
- Subject: Don Milani e i cappellani militari
- From: Maria Teresa Tarallo <mt.tarallo@tin.it>
- Date: Mon, 3 Apr 2000 20:11:27 +0200
- Organization: ClubNet
- Return-Receipt-To: Maria Teresa Tarallo <mt.tarallo@tin.it>
Si riporta qui sotto lo scambio di opinioni fra don Lorenzo Milani e un
gruppo di cappellani militari sul tema dell'obiezione di coscienza, con un
ampio excursus storico sulle guerre e sulla storia d'Italia.
Potrebbe essere materiale di studio inserito nei testi scolastici di
storia.
I cappellani militari e l'obiezione di coscienza
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Nell'anniversario della Conciliazione tra la Chiesa e lo Stato italiano, si
sono riuniti ieri, presso l'Istituto della Sacra Famiglia in via Lorenzo il
Magnifico, i cappellani militari in congedo della Toscana.
Al termine dei lavori, su proposta del presidente della sezione don Alberto
Cambi, è stato votato il seguente ordine del giorno:
«I cappellani militari in congedo della regione toscana, nello spirito del
recente congresso nazionale dell'associazione, svoltosi a Napoli, tributano
il loro riverente e fraterno omaggio a tutti i caduti d'Italia, auspicando
che abbia termine, finalmente, in nome di Dio, ogni discriminazione e ogni
divisione di parte di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le
divise, che morendo si sono sacrificati per il sacro ideale della Patria.
Considerano un insulto alla Patria e ai suoi caduti la cosiddetta
"obiezione di coscienza" che, estranea al comandamento cristiano
dell'amore, è espressione di viltà».
L'assemblea ha avuto termine con una preghiera di suffragio per tutti i
caduti.
Comunicato pubblicato sulla Nazione di Firenze del 12 febbraio 1965.
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Lettera ai cappellani Militari Toscani
che hanno sottoscritto il comunicato
dell'11 febbraio 1965
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Da tempo avrei voluto invitare uno di voi a parlare ai miei ragazzi della
vostra vita. Una vita che i ragazzi e io non capiamo.
Avremmo però voluto fare uno sforzo per capire e soprattutto domandarvi
come avete affrontato alcuni problemi pratici della vita militare. Non ho
fatto in tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia scuola.
Io l'avrei voluto privato, ma ora che avete rotto il silenzio voi, e su un
giornale, non posso fare a meno di farvi quelle stesse domande
pubblicamente.
PRIMO perché avete insultato dei cittadini che noi e molti altri ammiriamo.
E nessuno, ch'io sappia, vi aveva chiamati in causa. A meno di pensare che
il solo esempio di quella loro eroica coerenza cristiana bruci dentro di
voi una qualche vostra incertezza interiore.
SECONDO perché avete usato, con estrema leggerezza e senza chiarirne la
portata, vocaboli che sono più grandi di voi.
Nel rispondermi badate che l'opinione pubblica è oggi più matura che in
altri tempi e non si contenterà né d'un vostro silenzio, né d'una risposta
generica che sfugga alle singole domande. Paroloni sentimentali o volgari
insulti agli obiettori o a me non sono argomenti. Se avete argomenti sarò
ben lieto di darvene atto e di ricredermi se nella fretta di scrivere mi
fossero sfuggite cose non giuste.
Non discuterò qui l'idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste
divisioni.
Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri
allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto
di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e
oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei
stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia,
di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente
squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i
poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei
mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili
macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le
uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.
Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se le
giustificherete alla luce del Vangelo o della Costituzione. Ma rispettate
anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per le loro
idee pagano di persona.
Certo ammetterete che la parola Patria è stata usata male molte volte.
Spesso essa non è che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo
studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori
ben più alti di lei.
Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo. È troppo facile
dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettò
nemmeno la legittima difesa.
Mi riferirò piuttosto alla Costituzione.
Articolo 11 «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla
libertà degli altri popoli...».
Articolo 52 «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino».
Misuriamo con questo metro le guerre cui è stato chiamato il popolo
italiano in un secolo di storia.
Se vedremo che la storia del nostro esercito è tutta intessuta di offese
alle Patrie degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati
dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi
dovrete spiegarci chi difese più la Patria e l'onore della Patria: quelli
che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a
tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete
nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati.
L'obbedienza a ogni costo? E se l'ordine era il bombardamento dei civili,
un'azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l'esecuzione sommaria dei
partigiani, l'uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la
tortura, l'esecuzione d'ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti,
le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo
per incutere terrore negli altri soldati della Patria), una guerra di
evidente aggressione, l'ordine d'un ufficiale ribelle al popolo sovrano, la
repressione di manifestazioni popolari?
Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra.
Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o avete
taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verità in
faccia ai vostri «superiori» sfidando la prigione o la morte? se siete
ancora vivi e graduati è segno che non avete mai obiettato a nulla. Del
resto ce ne avete dato la prova mostrando nel vostro comunicato di non
avere la più elementare nozione del concetto di obiezione di coscienza.
Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come
dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria,
cioè noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo
a caro prezzo (1000 miliardi l'anno) l'esercito, è solo perché difenda
colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranità
popolare, la libertà, la giustizia. E allora (esperienza della storia alla
mano) urgeva più che educaste i nostri soldati all'obiezione che
all'obbedienza.
L'obiezione in questi 100 anni di storia l'han conosciuta troppo poco.
L'obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l'han conosciuta anche
troppo.
Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che parte era la
Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire e quando
occorreva obiettare.
1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell'idea di Patria, tentò di
buttare a mare un pugno di briganti che assaliva la sua Patria. Fra quei
briganti c'erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria.
Per l'appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha in qualche
piazza d'Italia un monumento come eroe della Patria.
A 100 anni di distanza la storia si ripete: l'Europa è alle porte.
La Costituzione è pronta a riceverla: «L'Italia consente alle limitazioni
di sovranità necessarie...». I nostri figli rideranno del vostro concetto
di Patria, così come tutti ridiamo della Patria Borbonica. I nostri nipoti
rideranno dell'Europa. Le divise dei soldati e dei cappellani militari le
vedranno solo nei musei.
La guerra seguente 1866 fu un'altra aggressione. Anzi c'era stato un
accordo con il popolo più attaccabrighe e guerrafondaio del mondo per
aggredire l'Austria insieme.
Furono aggressioni certo le guerre (1867-1870) contro i Romani i quali non
amavano molto la loro secolare Patria, tant'è vero che non la difesero. Ma
non amavano molto neanche la loro nuova Patria che li stava aggredendo,
tant'è vero che non insorsero per facilitarle la vittoria. Il Gregorovius
spiega nel suo diario: «L'insurrezione annunciata per oggi, è stata
rinviata a causa della pioggia».
Nel 1898 il Re «Buono» onorò della Gran Croce Militare il generale Bava
Beccaris per i suoi meriti in una guerra che è bene ricordare. L'avversario
era una folla di mendicanti che aspettavano la minestra davanti a un
convento a Milano. Il Generale li prese a colpi di cannone e di mortaio
solo perché i ricchi (allora come oggi) esigevano il privilegio di non
pagare tasse. Volevano sostituire la tassa sulla polenta con qualcosa di
peggio per i poveri e di meglio per loro. Ebbero quel che volevano. I morti
furono 80, i feriti innumerevoli. Fra i soldati non ci fu né un ferito né
un obiettore. Finito il servizio militare tornarono a casa a mangiar
polenta. Poca perché era rincarata.
Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare «Savoia» anche quando li
portarono a aggredire due volte (1896 e 1935) un popolo pacifico e lontano
che certo non minacciava i confini della nostra Patria. Era l'unico popolo
nero che non fosse ancora appestato dalla peste del colonialismo europeo.
Quando si battono bianchi e neri siete coi bianchi? Non vi basta di imporci
la Patria Italia? Volete imporci anche la Patria Razza Bianca? Siete di
quei preti che leggono la Nazione? Stateci attenti perché quel giornale
considera la vita d'un bianco più che quella di 100 neri. Avete visto come
ha messo in risalto l'uccisione di 60 bianchi nel Congo, dimenticando di
descrivere la contemporanea immane strage di neri e di cercarne i mandanti
qui in Europa?
Idem per la guerra di Libia.
Poi siamo al '14. L'Italia aggredì l'Austria con cui questa volta era
alleata.
Battisti era un Patriota o un disertore? È un piccolo particolare che va
chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri ragazzi che
quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter
ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti?
Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era
dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava
forse a una «inutile strage»? (l'espressione non è d'un vile obiettore di
coscienza ma d'un Papa canonizzato).
Era nel '22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l'esercito non
la difese. Stette a aspettare gli ordini che non vennero. Se i suoi preti
l'avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che con l'Obbedienza
«cieca, pronta, assoluta» quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e
al mondo (50.000.000 di morti). Così la Patria andò in mano a un pugno di
criminali che violò ogni legge umana e divina e riempiendosi la bocca della
parola Patria, condusse la Patria allo sfacelo. In quei tragici anni quei
sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra
«Patria», quelli che di quella parola non avevano mai voluto approfondire
il significato, quelli che parlavano come parlate voi, fecero un male
immenso proprio alla Patria (e, sia detto incidentalmente, disonorarono
anche la Chiesa).
Nel '36 50.000 soldati italiani si trovarono imbarcati verso una nuova
infame aggressione: Avevano avuto la cartolina di precetto per andar
«volontari» a aggredire l'infelice popolo spagnolo.
Erano corsi in aiuto d'un generale traditore della sua Patria, ribelle al
suo legittimo governo e al popolo suo sovrano. Coll'aiuto italiano e al
prezzo d'un milione e mezzo di morti riuscì a ottenere quello che volevano
i ricchi: blocco dei salari e non dei prezzi, abolizione dello sciopero,
del sindacato, dei partiti, d'ogni libertà civile e religiosa.
Ancor oggi, in sfida al resto del mondo, quel generale ribelle imprigiona,
tortura, uccide (anzi garrota) chiunque sia reo d'aver difeso allora la
Patria o di tentare di salvarla oggi. Senza l'obbedienza dei «volontari»
italiani tutto questo non sarebbe successo.
Se in quei tristi giorni non ci fossero stati degli italiani anche
dall'altra parte, non potremmo alzar gli occhi davanti a uno spagnolo. Per
l'appunto questi ultimi erano italiani ribelli e esuli dalla loro Patria.
Gente che aveva obiettato.
Avete detto ai vostri soldati cosa devono fare se gli capita un generale
tipo Franco? Gli avete detto che agli ufficiali disobbedienti al popolo
loro sovrano non si deve obbedire?
Poi dal '39 in là fu una frana: i soldati italiani aggredirono una dopo
l'altra altre sei Patrie che non avevano certo attentato alla loro
(Albania, Francia, Grecia, Egitto, Jugoslavia, Russia).
Era una guerra che aveva per l'Italia due fronti. L'uno contro il sistema
democratico. L'altro contro il sistema socialista. Erano e sono per ora i
due sistemi politici più nobili che l'umanità si sia data.
L'uno rappresenta il più alto tentativo dell'umanità di dare, anche su
questa terra, libertà e dignità umana ai poveri.
L'altro il più alto tentativo dell'umanità di dare, anche su questa terra,
giustizia e eguaglianza ai poveri.
Non vi affannate a rispondere accusando l'uno o l'altro sistema dei loro
vistosi difetti e errori. Sappiamo che son cose umane. Dite piuttosto cosa
c'era di qua dal fronte. Senza dubbio il peggior sistema politico che
oppressori senza scrupoli abbiano mai potuto escogitare. Negazione d'ogni
valore morale, di ogni libertà se non per i ricchi e per i malvagi.
Negazione d'ogni giustizia e d'ogni religione. Propaganda dell'odio e
sterminio d'innocenti. Fra gli altri lo sterminio degli ebrei (la Patria
del Signore dispersa nel mondo e sofferente).
Che c'entrava la Patria con tutto questo? e che significato possono più
avere le Patrie in guerra da che l'ultima guerra è stata un confronto di
ideologie e non di patrie?
Ma in questi cento anni di storia italiana c'è stata anche una guerra
«giusta» (se guerra giusta esiste). L'unica che non fosse offesa delle
altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana.
Da un lato c'erano dei civili, dall'altra dei militari. Da un lato soldati
che avevano obbedito, dall'altra soldati che avevano obiettato.
Quali dei due contendenti erano, secondo voi, i «ribelli», quali i
«regolari»?
È una nozione che urge chiarire quando si parla di Patria. Nel Congo p. es.
quali sono i «ribelli»?
Poi per grazia di Dio la nostra Patria perse l'ingiusta guerra che aveva
scatenato. Le Patrie aggredite dalla nostra Patria riuscirono a ricacciare
i nostri soldati.
Certo dobbiamo rispettarli. Erano infelici contadini o operai trasformati
in aggressori dall'obbedienza militare. Quell'obbedienza militare che voi
cappellani esaltate senza nemmeno un «distinguo» che vi riallacci alla
parola di San Pietro: «Si deve obbedire agli uomini o a Dio?». E intanto
ingiuriate alcuni pochi coraggiosi che son finiti in carcere per fare come
ha fatto San Pietro.
In molti paesi civili (in questo più civili del nostro) la legge li onora
permettendo loro di servir la Patria in altra maniera. Chiedono di
sacrificarsi per la Patria più degli altri, non meno. Non è colpa loro se
in Italia non hanno altra scelta che di servirla oziando in prigione.
Del resto anche in Italia c'è una legge che riconosce un'obiezione di
coscienza. È proprio quel Concordato che voi volevate celebrare. Il suo
terzo articolo consacra la fondamentale obiezione di coscienza dei Vescovi
e dei Preti.
In quanto agli altri obiettori, la Chiesa non si è ancora pronunziata né
contro di loro né contro di voi. La sentenza umana che li ha condannati
dice solo che hanno disobbedito alla legge degli uomini, non che son vili.
Chi vi autorizza a rincarare la dose? E poi a chiamarli vili non vi viene
in mente che non s'è mai sentito dire che la viltà sia patrimonio di pochi,
l'eroismo patrimonio dei più?
Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo
il luogo dei profeti è la prigione, ma non è bello star dalla parte di chi
ce li tiene.
Se ci dite che avete scelto la missione di cappellani per assistere feriti
e moribondi, possiamo rispettare la vostra idea. Perfino Gandhi da giovane
l'ha fatto. Più maturo condannò duramente questo suo errore giovanile.
Avete letto la sua vita?
Ma se ci dite che il rifiuto di difendere se stesso e i suoi secondo
l'esempio e il comandamento del Signore è «estraneo al comandamento
cristiano dell'amore» allora non sapete di che Spirito siete! che lingua
parlate? come potremo intendervi se usate le parole senza pesarle? se non
volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno tacete!
Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi auspicate:
Auspichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni
divisione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le
divise che morendo si son sacrificati per i sacri ideali di Giustizia,
Libertà, Verità.
Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani che ci guardano
non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra la verità e
l'errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima.
Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che, avvelenati senza loro
colpa da una propaganda d'odio, si son sacrificati per il solo malinteso
ideale di Patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile ideale
umano.
Lorenzo Milani sac.
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Maria Teresa Tarallo - Taranto
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