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"Paulo Freire profeta di liberazione" (recensione)



Leandro Rossi
"Paulo Freire profeta di liberazione"
edizioni Qualevita
via Buonconsiglio 2, 67030 Torre dei Nolfi (AQ), tel.0864.46448
pp.186 L.20.000

Recensione

La pedagogia di Freire come lotta di liberazione dal neo-liberismo?
Si', se si pensa che il lavoro di coscientizzazione delle masse popolari 
mira a far prendere consapevolezza delle situazioni-limite in cui si vive e 
a cui la gente "aderisce" senza capire il perche'.
Nel suo libro, Leandro Rossi ha ampiamente e chiaramente reso fruibile il 
pensiero di questo eccezionale "profeta nonviolento", in tutti gli aspetti: 
dalle premesse al metodo al metodo educativo, ai cardini pedagogici su cui 
si impianta l'opera dell'educatore, ai riferimenti con la pedagogia 
attuale.
I paralleli-confronti con altri "profeti" violenti e non (Cristo, Gandhi, 
ma anche Marx, Che Guevara...) servono a dare un'idea della posizione 
ideologica di Freire. Un rivoluzionario si', ma che nei suoi scritti non si 
e' mai dichiarato apertamente per la violenza o la nonviolenza. Comunque fu 
un nonviolento durante la sua vita, e soffri' anche l'esilio dopo il colpo 
di stato dei militari in Brasile.
Era un uomo di fede, nel senso autenticamente evangelico, che vedeva Cristo 
incarnato nei poveri e in tutti gli uomini, oppressi e oppressori, perche' 
entrambi bisognosi di essere aiutati a sviluppare una coscienza critica in 
un dialogo aperto con il mondo.
Nello stesso tempo era un marxista, poiche' l'empatia per le masse rimane 
pura riflessione teorica se non si tramuta in prassi, cioe' azione 
consapevole dell'uomo nel e con il mondo. L'aspetto educativo diventa cosi' 
impegno sociale e politico. Politico, non "partitico".
Come per don Lorenzo Milani, anche Freire era contro una cultura 
"depositaria", basata sulla semplice trasmissione di contenuti nozionistici 
a senso unico educatore-educando. Nel libro si argomenta ampiamente che 
tale cultura garantiva stabilita' e forza alle strutture di potere, 
mascherando la realta' con l'imposizione piu' o meno occulta di miti ed 
evitando la crescita critica e creativa dell'uomo. Viceversa, come per don 
Milani, anche per Freire l'educatore deve imparare attraverso il dialogo, 
strumento di liberazione.
La cultura viene quindi vista sotto un'ottica diversa: non come "invasione 
culturale" (la cultura "valida" e' quella dell'uomo ricco, dell'uomo 
bianco, dell'uomo colto...) ma come "sintesi culturale": valorizzazione di 
tutte le culture create dall'uomo, nel suo rapporto con la natura e con il 
mondo. Cultura come sforzo dell'uomo per allacciare un dialogo con l'altro 
uomo, come conoscenza e rispetto della natura.
Freire ha visto cadere il comunismo (e' scomparso nel 1997), un'ideologia 
che si dichiarava a favore del popolo e sembrava promettere la 
realizzazione di una societa' egalitaria, ma che nella sua concreta 
realizzazione ha perpetuato gli schemi di potere oppressori-oppressi, con 
dei capi che hanno agito per il proprio tornaconto.
Questo ha rafforzato in lui la convinzione che non vi e' cambiamento 
sociale e politico senza un'adeguata formazione critica delle coscienze 
individuali. Da qui il valore della sua pedagogia della liberazione.
Tornando alla domanda iniziale, e cioe' se la pedagogia di Freire puo' 
servire alla lotta di liberazione dal neo-liberismo, possiamo rispondere di 
si'. Freire vedeva nel neo-liberismo uno strumento di oppressione e di 
disumanizzazione sociale e culturale. Egli sarebbe stato ben felice se la 
sua opera fosse servita a superarlo. "La liberazione degli oppressi 
funzionera' - dice Leandro Rossi - ma a due condizioni: che gli oppressi 
siano coscientizzati e coinvolti; e che si sentano amati e non piu' 
manipolati".

Maria Teresa Tarallo


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Maria Teresa Tarallo - Taranto
e-mail: mt.tarallo@tin.it