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Interventi sulla nonviolenza e la democrazia
Rivoluzione nonviolenta
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LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE, UNA SCELTA NONVIOLENTA
Anche per la Teologia della Liberazione, la presa di posizione di fronte
all'alternativa violenza-nonviolenza dev'essere definita in funzione non di
dichiarazioni particolari, ma della scelta fondamentale, l'opzione
liberatrice,
che si traduce sul terreno storico nell'identificazione con il popolo ed i
popoli come soggetti.
Questa scelta e' segnata da una tensione utopica verso una societa' ed
un'organizzazione del mondo, radicalmente diversi da quelli attuali, dove il
popolo e la grande maggioranza dei popoli non sono soggetti, ma satelliti
delle
classi e dei popoli dominanti. Una tensione utopica quindi verso una
societa' e
un mondo nonviolenti: in effetti, l'emergere del popolo e dei popoli come
soggetti esprime in tutta la sua ricchezza attuale e potenziale il contenuto
positivo della scelta nonviolenta, imperniata sull'amore, la condivisione, la
solidarieta' universali.
Porre la scelta nonviolenta nel cuore della teologia significa riconoscere in
essa il costituito dell'identita' cristiana il perno del messaggio liberatore
di Gesu'.
Ma la nonviolenza cosi' intesa .. e' necessariamente e radicalmente
conflittuale. L'identificazione con gli emarginati implica una decisa presa
di
partito nei grandi conflitti del nostro tempo: dalla parte dei popoli contro
gli imperi, dalla parte delle classi popolari contro i gruppi dominanti,
dalla
parte degli emarginati contro quanti a tutti i livelli confiscano il
potere, le
ricchezze, la vita.
La scelta nonviolenta e' conflittuale anche sul terreno culturale. Essa
impone infatti un'azione sistematica intesa a smascherare la violenza occulta
ed a smantellare la cultura che assolve questo ruolo.
Infine, la scelta nonviolenta e' conflittuale all'interno della chiesa.
Essa
impone infatti di rilanciare nel cuore del mondo moderno il grido dei
profeti e
dei poveri, di denunciare con essi le complicita' tra la religione del
tempio e
il sistema di violenza, assumendo con i profeti il rischio della
persecuzione e
della repressione da parte della stessa istituzione religiosa.
Solo cosi' sara' possibile riscoprire la carica nonviolenta del messaggio
evangelico: non piu' come invito alla rassegnazione, ma come appello
dirompente
alla liberazione di tutti gli emarginati; come impegno militante per la
costruzione di un'alternativa radicale.
in: Giulio Girardi: "la Teologia della Liberazione tra violenza e
nonviolenza"
tratto da "Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea" 1988 atti del
convegno di studio della Fondazione "Centro Studi Aldo Capitini"
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Intervento di Betty Valori (richiesto da Marino Marinelli)
Caro Marino, mi chiedi un intervento dal tema generico: "democrazia".
Comincero' con il dire che dalla mia esperienza di donna, ministeriale ed ex
militante internazionalista, a contatto con spicchi di "popolo" ben diversi
tra
loro, ho compreso che il vago diritto di "liberta' d'informazione" o quello
di
"voto" non sono sufficienti a caratterizzare o a garantire una democrazia.
Alle soglie del 2000 la sfida della democrazia non e' quella del
riconoscimento istituzionale, ma quello della sua qualita'. Il nodo da
sciogliere non e' la quantita' dei diritti-doveri garantiti quanto la
qualita'
di essi.
Da cio' ne segue (piaccia o no) che si deve necessariamente tornare
indietro
nel tempo per recuperare le tante inevase domande poste dai popoli ad un
sistema di potere internazionale volutamente sordo.
Penso soprattutto a quel concetto di "qualita' della vita" che e' troppo
rapidamente passato di moda senza peraltro assolvere la necessita', il
bisogno
esistenziale che lo hanno creato.
Non mi interessa, qui, domandarmi chi avesse la responsabilita' di tentare
una qualsiasi risposta a tali domande e per interessi vari ha ritenuto di non
doverlo fare. Voglio sottolineare solamente, che, a mio avviso, se non si
cerca
di recuperare quelle domande sospese, quei bisogni mal espressi di
cambiamento
profondo della coscienza individuale e collettiva ogni teorizzazione sul vago
concetto di "democrazia" e' priva di senso. Un alibi intellettuale.
Leggevo in questi giorni (a conferma delle mie sensazioni) il buon libro di
Ernst F. Schumacher, "Piccolo e' bello". Al di la' dell'utopia che esprime,
cio' che emerge importantissimo dopo ventitre anni da quando e' stato
scritto,
e' la descrizione semplice e schietta di una realta' confermata. Non piu' una
previsione scientifica, ma una evidenza ormai sotto gli occhi anche dei piu'
sprovveduti: cosi' le conseguenze di uno sviluppo esclusivamente (comunque in
modo preponderante) quantitativo contro i limiti imposti dalla natura
(aumento
della fame, dei tumori a carattere "ambientale" come quelli polmonari o della
pelle, epidemie di malattie incurabili, inquinamento irreversibile
dell'acqua e
dell'aria ...).
Bisogna porre un freno, prima che sia troppo tardi, alle contraddizioni di
un sistema economico mondiale che "rende i ricchi sempre piu' ricchi ed i
poveri sempre piu'
poveri", nonche' ad una etica che isolando l'uomo nei propri interessi
egocentrici lo condanna alla solitudine ed all'angoscia psicologica,
all'impotenza.
Secondo me, democrazia puo' significare esclusivamente uomini "forti", una
collettivita' di uomini che siano profondamente consapevoli dei propri
diritti
come delle proprie responsabilita' individuali e collettive. Tutti noi
(soprattutto le organizzazioni del volontariato) abbiamo il compito di creare
una nuova "ideologia" per il futuro. Una ideologia che parta dalla semplice
quotidiana consapevolezza di quanto sia piccola questa nostra Terra con i
suoi
prossimi 10 miliardi di individui. L'isolamento in essa non e' piu'
possibile.
Ed e' criminale nascondere dietro riforme strutturali quello che e' il
problema
educativo, un'educazione che puo' nascere esclusivamente dai fatti, dalla
partecipazione collettiva e cosciente alla risoluzione dei problemi. E' stato
perso molto tempo lungo questa strada, ma eludere ancora questa sfida vuol
dire, secondo me, rendersi complici, senza piu' attenuanti, di un controllo,
una repressione che nascondendosi dietro la maschera di false liberta', falsi
diritti, prima l'uomo ed il cittadino della capacita' e possibilita' di
riappriopriarsi del proprio destino per se' ed i suoi figli. Io credo che
democrazia non possa essere altro che questo "diritto" di essere protagonisti
attivi e coscienti e non comparse o burrattini.
Spero che queste sintetiche riflessioni possano contribuire in qualche modo
al vostro dibattito.
Buon lavoro. Betty