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Re[3]: [educazione] L'Italia era femmina e non lo avevamo notato
- Subject: Re[3]: [educazione] L'Italia era femmina e non lo avevamo notato
- From: Andrea Sciuto <visci at katamail.com>
- Date: Sun, 25 Apr 2010 09:20:37 +0200
>>"Stato" e "Repubblica" significano due cose diverse che, se da un punto di >>vista culturale tu puoi identificare con "elite sovrana" e "popolo", hanno >>un significato tecnico nettamente distinto dal quale non si può >>prescindere. > Perfetto! Non potendo prescinderne, vorresti essere così gentile da > riportare tale distinto significato tecnico? Certamente. Non provo neppure a dirlo in termini tecnici, perché non sono un esperto e rischio di dire qualche improprietà. Se però ci sono persone più competenti in lista, intervengano liberamente a rettificare. "Stato" è il potere centrale sovrano. "Repubblica" è termine che identifica un sistema istituzionale, e fa riferimento all'organizzazione politica della società in generale. In termini più pratici, il Comune, l'ASL, il Dipartimento scolastico ecc sono a buon diritto istituzioni della Repubblica; non sono però istituzioni dello Stato, perché non sono poteri sovrani, ma ricevono il loro potere dal potere centrale. In realtà, poi, c'è sempre un problema economico. A scuola, ci sono per esempio gli insegnanti che sono dipendenti dello Stato (=il loro reclutamento è su base nazionale, e vengono pagati dal Governo) ma anche i bidelli, che invece sono dipendenti della Provincia, e quindi sono certamente impiegati pubblici (=della Repubblica), ma non dello Stato. L'articolo 5 della Costituzione, che usa entrambi i termini, non li usa per svista, perché uno dei due è quello "giusto" e l'altro sta lì per "mera abitudine storica": li usa entrambi perché definisce questa netta distinzione terminologica: la Repubblica (=il nostro sistema istituzionale) applica il decentramento rispetto allo Stato (=al sistema centrale). Ora, che tu mi dica che lo "Stato" è (o esprime, o rappresenta) l'istanza di un'elite sovrana, e la "Repubblica" quella del popolo è una semplificazione assai pericolosa. Che poi, per risolvere, tu sostituisca in maniera meccanica "Repubblica" laddove il testo dice "Stato", in generale crea pasticci. I Padri costituenti sapevano quel che facevano. Mi spiego con un esempio: se tu dici che "la responsabilità civile [dei funzionari pubblici che agiscono in violazione della legge] si estende allo Stato e agli enti pubblici", vuol dire che se io vado a Genova e un poliziotto viene a portare delle molotov nel posto dove dormo, per poi chiamarmi terrorista e prendermi a calci in faccia, per come è scritto l'articolo della Costituzione attualmente, lo Stato si prende parte della responsabilità civile (per esempio indennizzandomi ecc); se tu cambi l'articolo e dici che questa responsabilità se la prende "la Repubblica", vuol dire che non se la prende nessuno in particolare, che la colpa è del sistema. Si capisce la differenza? >>Cerca un testo di educazione civica delle scuole medie. Che saranno anche >>"finto pubbliche" e in mano alla casta degli statali, ma almeno insegnano >>le cose. > Quali cose? Quelle che fanno comodo agli statali? Quelle che gli > statali hanno deciso di sviluppare partendo dall'assioma del "loro" > posto fisso? Gli statali hanno seguito e divulgato una cultura che > ruota attorno al "loro" posto fisso, l'unica cosa ferma ed > immutabile al centro di un Universo dinamico e costantemente mutevole. Mi sembra un modo molto superficiale di guardare le cose. Se hai bisogno di un'appendicite ti rivolgi a un chirurgo che ha preso la laurea e l'abilitazione, oppure chiedi a tua moglie di guardare la voce "appendice" su wikipedia e cominciare a scaldare il coltello della cucina? Quali cose insegnano? Le cose, in generale, quelle che la gente dovrebbe imparare. Poi, su quali siano queste cose, potremmo discutere. Ma sul fatto che ci fidiamo di più di un sistema di istruzione controllato dallo Stato che di uno basato sugli autodidatti, boh, credevo fossimo d'accordo. (in realtà, il tuo discorso apre una questione ben seria. Una volta la scuola pubblica aveva dei "programmi", definiti dall'alto; questo significava che una serie di persone più o meno discutibili, magari portatrici di inteerssi esterni al bene pubblico, ma se non altro nominate da un governo democraticamente eletto decidevano sulla base delle loro competenze nelle materie, e di criteri esclusivamente didattici, quali fossero le cose che dovevano entrare nel patrimonio culturale del popolo. E tutto il resto di quello che ruotava attorno alla scuola doveva adattarcisi. Oggi, invece, con l'autonomia scolastica, non ci son più i programmi nazionali, ma ogni insegnante fa la sua "programmazione" individuale - il Ministero si limita a fornire delle Indicazioni programmatiche che però sono per lo più generiche indicazioni di metodo. E il risultato è che il patrimonio culturale degli italiani, oggi, è deciso da... gli editori dei libri di testo, i quali si basano su criteri commerciali e della cultura degli italiani se ne fottono. Ma questo è un altro discorso) > Sono contento di aver catturato un momento la tua attenzione ma ora > non fermiamoci qui. Per il bene del popolo, della Collettività, > continuiamo la nostra amabile conversazione. Ma assolutamente no. Questa conversazione è amabile solo per te. Io, ogni volta che leggo il rispetto che tu provi per chi fa il mio mestiere, ho un travaso di bile. Andrea visci at katamail.com
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