La Psicoanalisi come Critica del Capitalismo



Fromm nota come Marx abbia articolato il proprio pensiero sulla compresenza vita e morte.

Dalla parte della morte è il capitalismo, lo sfruttamento, il lavoro alienato, la merce.

Dalla parte della vita è il socialismo, il lavoro liberato, l'utopia.

Scopo della psicoanalisi è la presa di coscienza critica delle limitazioni che ciascuno subisce vivendo nell'epoca del capitalismo, cioè dello sfruttamento e dell'alienazione.

La psicanalisi si fa dunque critica dell'ideologia capitalistica.

Laura Tussi

 

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IL SOCIALISMO UMANISTICO.

La psicoanalisi come critica dell’ideologia capitalistica

 

di LAURA TUSSI 

 

Fromm nota come Marx abbia articolato il proprio pensiero sulla compresenza vita e morte.

Dalla parte della morte è il capitalismo, lo sfruttamento, il lavoro alienato, la merce.

Dalla parte della vita è il socialismo, il lavoro liberato, l'utopia.

Scopo dell'analisi è la presa di coscienza critica delle limitazioni che ciascuno subisce vivendo nell'epoca del capitalismo, cioè dello sfruttamento e dell'alienazione.

La psicanalisi si fa dunque critica dell'ideologia capitalistica.

Fromm condivide le critiche culturaliste rivolte a Freud anche se gli riconosce un apporto culturale incomparabile nell’aver sintetizzato la componente razionalistica di tradizione illuminista e quella romantica del pensiero occidentale, in un modello di apparato psichico che prevede il superamento delle componenti irrazionali attraverso il sapere e l'esperienza psicoanalitici.

È la ragione che, riconosciutasi surdeterminata da elementi irrazionali, li controlla e li domina nel suo più potente apparato.

Fromm sostiene che Freud abbia interpretato l'ideologia della sua epoca senza discuterla, accettandola come necessaria ed inevitabile e generalizzata ad una mentalità limitata socialmente e storicamente nei termini di natura umana.

La critica concerne l’aver pensato i rapporti sociali solo in termini di soggetto e oggetto, subordinando lo scambio al soddisfacimento libidico, come l'essenza in un assoluto dell'uomo.

Per scoprire la natura umana è necessaria una teoria critica, l'antropologia marxiana.

Marx vede l'uomo come un sistema di facoltà naturali che tendono ad esprimersi nel mondo, non un impulso ad usare il mondo per soddisfare le proprie necessità psicologiche.

Il rapporto uomo e mondo si articola secondo il principio dell'amore, che si esemplifica nell'attrazione uomo e donna, ma che governa tutto il divenire della sostanza vivente e della vita.

Fromm nel saggio “Fuga dalla libertà” del 1941 ha dimostrato che l'uomo è pronto a barattare la sua libertà con l'appartenenza sociale per paura della solitudine, attribuita alla condizione storica dell'uomo moderno.

La storia dell'uomo è un progressivo allontanamento dalla natura, non solo dal mondo, ma anche da se stesso.

Nel saggio “Anatomia della distruttività umana” del 1973, Fromm indaga il trasformarsi dell'aggressività, finalizzata alla sopravvivenza, propria di tutti gli animali, in aggressività maligna, tipicamente umana, come il sadismo e la necrofilia, che non sono eliminati nell'uomo, ma socialmente indotti e che interagiscono con la società e con la storia.

Da una rilettura dei manoscritti filosofici di Marx, l'uomo costruisce la sua utopia, il socialismo comunitario, che vede la vittoria dell'amore e della vita sulle componenti distruttive, attraverso progressivi mutamenti della situazione personale e sociale.

Il pensiero di Fromm è definito “radicalismo umanista” ed è stato criticato dalla scuola di Francoforte come una generalizzazione del pensiero comune.

Fromm era consapevole che l'uomo meritasse un destino migliore rispetto a quello impostogli dalla società e quindi tenta di rispondere agli interrogativi dell'uomo contemporaneo con una filosofia morale di tradizione classica.

Sullivan propose una psicologia generale fondata sui rapporti interpersonali anziché sulle dinamiche intrapsichiche anche se non nega l'esistenza di potenzialità e predisposizioni.

Tra le relazioni interpersonali inserisce sia i rapporti reali che quelli immaginari con gli antenati, gli eroi e i posteri.

Lo sviluppo infantile inizia con l'angoscia di base che si evolve poi come ricerca di sicurezza.

Le nevrosi sono suscitate soprattutto dagli attriti con gli altri, dalla loro latente o palese disapprovazione.

Affrontando un'indagine dinamica ed interattiva delle psicosi, Sullivan riporta la schizofrenia alla relazione con una cattiva figura materna, schizofrenogena.

Sullivan sottolinea il carattere comunicativo della psicosi, in cui il linguaggio svolge una funzione prevalentemente difensiva.

Sullivan definisce la terapia come una relazione interpersonale a due e amplia l'applicazione del colloquio psichiatrico al campo delle psicosi.

Pur considerando troppo esigente la società che cerca di formare gli individui ad essa più idonei, Sullivan ritiene che si organizzi la società più rispondente ai loro interessi.

Sia l'uomo che la società sono sempre suscettibili di cambiamento.

La sua psicologia, prevalentemente descrittiva, non ricostruisce però i meccanismi psichici della relazione individuo e società e affida la guarigione, il mutamento sociale all’io, alla volontà razionale e cosciente.

Si viene delineando una nuova disciplina, la psicologia sociale.

Clara Thompson, psicanalista della scuola culturalista americana, seguace di Fromm, accusa la teoria freudiana di essere semplicemente quantitativa, imputando il disturbo psichico al mancato deflusso delle energie pulsionali.

In realtà la causa della malattia mentale è l'interazione dinamica tra le persone che può produrre un eccesso di frustrazioni.

In ogni patologia è sempre determinante il fattore socioculturale.

Il conflitto edipico deve considerarsi come l'interiorizzazione dei rapporti famigliari dominanti nella nostra società monogamica e patriarcale.

Mentre per Freud l'aggressività e la coazione a ripetere sono manifestazioni della pulsione di morte, intesa come tendenza degli esseri organici a ritornare allo stato inorganico, per la Thompson sono reazioni all'aggressività sociale.

Spetta allo psicanalista ricostruire l'integrità del paziente, pacificando i conflitti più laceranti nell'unità della personalità.

In realtà Freud non ha mai ridotto lo psichico al biologico, ma ha sempre cercato di costruire un modello dinamico in cui le energie individuali interagissero con quelle sociali.

Si possono criticare i neofreudiani per il modo semplicistico con il quale contrappongono l'individuo al sociale, la salute alla malattia.

L'individuo è considerato un elemento naturale, autonomo, influenzato dal sociale.

I neofreudiani non concepiscono la civiltà come un dato omogeneo ed universale, ma come una variabile che muta nei diversi contesti socioeconomici e culturali.

La civiltà è dentro e fuori di noi.

Compito dello psicanalisi è quello di ritrovare la dinamica storica nel microcosmo del soggetto, nei suoi conflitti mentali, nei suoi sintomi.

Il culturalismo ha correlato la psicanalisi con la psichiatria, la sociologia e l'antropologia, attraverso la centralità dei rapporti interpersonali.

Si perde così la priorità della dinamica intrapsichica, caratteristica dell'ottica psicanalitica.

Laura Tussi

 

 

 

 

 

 

 

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