La politica è morta:don Pedro Casaldaliga. Da Silvia Marcuz



  
    La politica è morta:don Pedro Casaldaliga Da:
Silvia Marcuz 



1.
    La politica è morta:don Pedro Casaldaliga
    Inviato da: "Silvia Marcuz"
donkisciotte78 at libero.it   donkisciotte78
    Sab 13 Ott 2007 6:15 pm

    La politica è morta:don Pedro Casaldaliga, vescovo
dei poveri in Brasile
    <http://www.carta. org/archivio/ autori/851>
    [12 Ottobre 2007] (fonte www.carta.org)

    Secondo il grande teorico del pensiero
    personalista, il cristiano Emmanuel Mounier,
    «tutto è politico, anche se il politico non è
    tutto». Fabio Konder Comparato, giurista e
    militante, nonostante le gravi disillusioni
    sofferte con la politica, afferma
    categoricamente: «Fuori della politica non c’è
    salvezza», Gilvander Moreira fa la stessa
    affermazione. Diversi di istituti di ricerca
    spagnoli, hanno constatato in una inchiesta che
    il 60 per cento dei giovani non sente alcun
    interesse per la politica. Il popolo semplice
    dell’interno del Brasile parlava e parla di
    politica, a priori e a posteriori, come di una
    male: «estar politico» con qualcuno, significa
aver litigato.

    E noi, che pensiamo? Politica sì o politica no?
    Bisogna riconoscere che la frustrazione che sta
    provocando la politica tradizionale, praticamente
    in tutti i paesi, crea un atteggiamento di
    sfiducia, di disprezzo e perfino di indignazione
    di fronte alla politica. Quali sono le cause?
    Purtroppo sono facili da enunciare: la
    sottomissione dei governi e dei politici alla
    macro-dittatura del capitalismo neoliberista, gli
    scandali di corruzione e nepotismo, la falsità
    delle promesse elettorali, le alleanze spurie,
    l’inerzia interessata delle oligarchie nazionali…

    L’esperienza collettiva, in quasi tutti i paesi,
    soprattutto nel Sud del mondo, è un balletto di
    sigle che occultano, tutte quante, la stessa
    pseudo-politica regnante nel potere, nel lucro,
    nel privilegio. Si è fatto della politica un
    affare, la risorsa delle élites che si succedono,
    sempre le stesse, apertamente nella destra,
    consacrando lo status quo. Dice la barzelletta:
    «Basta, fare politica con la politica! Lasciatela
    essere quello che è: fare affari!».
    Questa politica deve morire. A livello mondiale è
    già una politica morta per la società che vuole
    vivere umanamente e costruire un futuro
    autenticamente democratico, partecipativo,
    umanizzante, senza quelle disuguaglianze che
    gridano al cielo. L’economia cresce, ma cresce
    anche simultaneamente la disuguaglianza. I piani
    strutturali di aggiustamento che la politica
    attuale esige dai paesi poveri hanno fallito, a
    prezzo di molto dolore, molta miseria e persino
    di molto sangue. «Il processo attuale di
    globalizzazione» , scrive Stiglitz nel suo libro
    «La globalizzazione che funziona», «sta
    provocando alcuni risultati di disequilibrio sia
    tra paesi che all’interno degli stessi. Si crea
    ricchezza, ma ci sono troppi paesi e persone che
    non ne condividono i benefici… Questi
    disequilibri globali sono moralmente
    inaccettabili e politicamente insostenibili» . Si
    è opportunamente affermato che la disuguaglianza
    assassina la mondializzazione; e ci si convoca
    per un processo multiplo in luoghi e in modi al
    servizio di una «mondializzazione equa», che
    distribuisca il benessere e sopprima la miseria.

    Bisogna fare della politica un esercizio basilare
    di cittadinanza. La cittadinanza è il
    riconoscimento politico dei diritti umani. Poiché
    siamo umanità siamo anche società. Il filosofo
    italiano Giorgio Agamben scrive: «La separazione
    tra ciò che è umano e ciò che è politico, che
    stiamo vivendo attualmente, è la fase estrema
    della scissione tra i diritti dell’uomo e i
diritti del cittadino».
    La politica ha nelle sue mani la manipolazione
    dell’opinione pubblica e la «colonizzazione delle
    soggettività». Per la maggior parte dell’umanità
    è una politica che deve morire, è già una
    politica morta. E, tuttavia, la politica, l’altra
    politica, non può morire, appunto perché
    l’umanità non può vivere senza. La politica è
    l’organizzazione della vita umana, il processo
    della società. La politica è più di una
    dimensione, abbraccia tutte le dimensioni della
vita sociale.

    Per questo sempre più persone e aggregazioni
    sociali rivendicano una politica «altra», di
    giustizia, di partecipazione, di trasparenza, di
    servizio. Programmata e vissuta sia a livello
    mondiale che locale. Rinnovando le istanze
    tradizionali, molte delle quali caduche e
    ingiuste, e favorendo istanze nuove. Formando
    politicamente la cittadinanza. Suggerendo
    atteggiamenti, processi, campagne; aiutando a
    cercare soluzioni. Occorre sempre più aiutare a
    pensare e ad assumere ciò che si deve fare perché
    la politica viva, resuscitata, lontano dai
    «sepolcri imbiancati», sia una politica umana e
    umanizzante. Con Max Weber, vogliamo distinguere
    tra la politica come professione e la politica
    come vocazione. Scrisse Rubem Alves, nel
    memorabile articolo «Sulla politica e il
    giardinaggio» : «Di tutte le vocazioni, la
    politica è la più nobile… Di tutte le professioni
è la più vile».

    Occorre sognare camminando. Vogliamo e dobbiamo
    essere politici, fare politica. Ci
    autoconvochiamo per entrare, donne ed uomini,–e
    sempre più le donne nelle diverse sfere della
    politica–, adulti e giovani, tutti impegnati e
    colmi di speranza, in questa grande mobilitazione
    di obiettivi, di forum, di campagne, di
    realizzazioni. Chiediamo, sognando in grande, che
    la politica sia un esercizio di amore, la
    celebrazione quotidiana di una convivenza
    veramente umana. Una politica di fratelli e
    sorelle. Un culto quotidiano all’umanità, il
    miglior culto per i credenti al Dio vivo.
    Vogliamo essere politici e fare politica, senza
    possibile neutralità, senza ipocrite
    equidistanze. Nel suo celebre discorso
    all’Università di Lovanio, il martire San Romero
    d’America affermò: «Essere a favore della vita o
    della morte. Ogni giorno vedo con più chiarezza
    che è questa l’opzione da seguire. In ciò non
    esiste neutralità possibile. O serviamo la vita o
    siamo complici della morte di molti esseri umani.
    Qui si rivela qual è la fede dei credenti: o
    crediamo nel Dio della Vita o usiamo il nome di
    Dio servendo i carnefici di morte».

    * Dall’introzuione dell’Agenda 2008, curata dal
    Gruppo America Latina della Comunità di
Sant’Angelo
    Sant’Angelo Solidale Onlus di Milano
[santangelosolidale@ tiscali.it]

    ------------ --------- --------- ------
    - Parlo da utopista, lo so. Ma o essere utopisti o
sparire - P.P. Pasolini
    ------------ --------- --------- ------
    - Il solo modo di vivere liberi è di vivere da
africani - Thomas Sankara
    ------------ --------- --------- ------

    [Sono state eliminare la parti non di testo del
messaggio]

    Torna all'inizio
    Rispondi a mittente | Rispondi a gruppo | Rispondi
mediante post su web
    Messaggi sullo stesso t


      ___________________________________ 
L'email della prossima generazione? Puoi averla con la nuova Yahoo! Mail: http://it.docs.yahoo.com/nowyoucan.html