Amani marzo 2003



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Subject: [amaninews] Amani a III, n 1 marzo 2003


Amani a III, n 1 marzo 2003

Lettera di Padre Kizito agli amici

Nairobi, 11 Marzo 2003

Cari Amici,

Abbiamo voluto chiamarci "Amani", cioè pace, perchè ci è
parso di capire che questo è il grande impegno nel mondo di oggi,
per
tutti. E i nostri piccoli progetti, le nostre case e scuole, i nostri
interventi sui Monti Nuba hanno sempre voluto essere un segno di
pace, anche là dove la guerra e la violenza sembrano vincere.
Inevitabilmente in giorni così difficili come quelli che stiamo
vivendo, in cui si fronteggiano la follia di un piccolo dittatore e
la tracotanza di chi vuole dominare il mondo, non possiamo non essere
coinvolti da quanto sta accadendo.
Uno slogan indovinato afferma che un nuovo mondo è possibile.
Anzi, è necessario, aggiunge qualcuno. Io mi permetto di dire
sottovoce:
amici, vi sbagliate, il nuovo mondo esiste già. La prova più
evidente è nelle folle che hanno manifestato per la pace e
nell'impegno quotidiano di tanti perchè la pace prevalga.
Ogni grande movimento storico non produce solo leaders, teorie,
libri, dibattiti, statistiche, marce, o che altro. I movimenti creano
poesia. A volte è una forma minore di poesia, quella dei sogni a
occhi aperti o delle illusioni. Ma altre volte è poesia vera,
quella che ci fa vedere al di là della realtà, soprattutto
quella che
ci aiuta a vedere il futuro che esiste già adesso.
Così è stata nella Chiesa la stagione conciliare. Così è
stato il 68 per chi era giovane in quegli anni. Per l'Africa sono
stati cosi il movimento della negritudine, la prima stagione
dell'indipendenza e poi i movimenti di liberazione. Le visioni di un
mondo nuovo non nascono negli incontri di salotto di persone
intelligenti, e neanche nei "think tanks" sponsorizzati della grandi
istituzioni, o nel mondo individualista della cultura globalizzata,
tantomeno nei dibattitti televisivi. Queste visioni poetiche nascono
nei gruppi che si impegnano nel sociale e nel politico per molti
anni, che soffrono, che pagano di persona.
Poi ogni tanto questa poesia ti aggredisce in momenti imprevedibili e
immeritati. La vedi, è li a portata di mano, e ti accorgi che è
più vera della realtà.
A me è successo per esempio lunedì 18 novembre, mentre visitavo
la Koinonia di Lusaka, in Zambia. Ero seduto nel cortile della casa
dove vivono gli oltre sessanta bambini di strada ospitati dalla
comunità, nel prato, sotto il grande albero di jacaranda. C'era
una
grande quiete, l'ultima auto era passata oltre un'ora prima, nella
strada sterrata ai piedi della collina. Il sole tramontava ad
occidente mentre contemporaneamente ad oriente sorgeva la luna piena.
Alcuni bambini rientravano sudati e stanchi per una partita di
calcio. Altri erano sotto la doccia, mentre altri, già puliti e
profumanti di bucato (per lavarsi usano lo stesso sapone del bucato,
la saponetta col profumo artificiale è un lusso) preparavano
all'aperto il tavolo che sarebbe servito da altare per la Messa. Poco
lontano, sotto una tettoia dello stesso grande cortile, mama Edina e
mama Justina stavano cucinando un'enorme polenta, mentre il pentolone
di spezzatino era già pronto. I bambini indaffarati nelle varie
occupazioni mi passavano accanto e facevano un cenno d'intesa, mi
lanciavano uno sguardo, un sorriso, ognuno in modo diverso
significando la gioia di essere insieme in un posto tranquillo,
protetto, dove ci si vuol bene. Ecco, improvvisamente, il nuovo mondo
è qui. Mi è venuto in mente che era il quinto anniversario
della morte di Andrew Owour, il ragazzo kenyano che ha stimolato noi
tutti in questa avventura al servizio dei bambini di strada in tutta
l'Africa. Mi è venuto in mente che proprio qui, a Koinonia di
Lusaka, dove mi aveva accompagnato nel 1994, Andrew aveva concluso il
suo cammino di fede ed aveva deciso di diventare cattolico, da
anglicano che era. Aveva fatto qui, in questo cortile, la sua
professione di fede. Allora durante la messa ho parlato di lui ai
bambini, che mi ascoltavano come se parlassi di un loro fratello
maggiore, rapiti.
Ecco, il nuovo mondo è qui, nella comunione fra i vivi, e dei vivi
coi morti.
Quando riduci all'osso i grandi movimenti che hanno espresso i
desideri collettivi della gente, li ripulisci di tutto il dolore,
sudore, e purtroppo magari anche sangue che hanno generato, ti
accorgi che la loro forza era nell'aver in qualche modo, magari anche
sbagliato, coagulato le grandi aspirazioni di libertà e di amore
che sono dentro tutti noi. Libertà e amore (comunione) sono due,
sono
il motore di tutto ciò che si muove. Siamo aperti al mondo,
accoglienti, quando queste due forze - forze semplici, familiari, di
cui tutti intuiscono i contenuti anche se non sanno verbalizzarli -
sono vivi dentro di noi, e li sappiamo vedere nel piccolo mondo
intorno a noi, prima ancora che nel grande mondo. Koinonia è per
me
il piccolo mondo dove ogni tanto la poesia irrompe, libertà e
amore
prendono il sopravvento,  e mi accorgo che il nuovo mondo è già
qui.
Che probabilmente è solo colpa mia se non lo vedo e non lo assaporo
più spesso.
E' l'intravedere questi valori che attira i giovani d'oggi verso il
movimento per la pace. Il che dà a chi fa da punto di riferimento
o di coagulo una grande responsabilità. Ho letto recentemente il
giudizio severo di Enzo Bianchi che riferendosi ad alcuni personaggi
che appaiono come i leaders dei pacifisti, dice "Non si tratta di
maestri: sono voci critiche che incanalano un dissenso. I testimoni
di una volta scrivevano, lasciavano un'eredità. Ora invece il
mondo dei mass media crea facilmente i suoi idoli e altrettanto
presto li dimentica; si tratta di personaggi privi di eloquenza, che
appaiono soltanto; tutti li applaudono, ma qual'è il loro
messaggio?"
Credo che questo giudizio sia un po' ingeneroso, ma purtroppo è
indubbio che c'è una grande carenza di maestri e testimoni veri,
che
ci facciano gustare la bellezza, la poesia di un mondo che c'è
già.
Forse questa difficoltà nell' identificare i maestri, i leaders, i
testimoni nasce anche dal fatto che - come ha scritto John Berger -
dall' 11 settembre in poi ci hanno rubato le parole. Giustizia, pace,
democrazia, terrorismo, violenza, guerra, non hanno più il
significato che avevano qualche anno fa. Spesso vogliono dire il
contrario. Per mantenerci liberi, capaci di interpretare veramente
cosa sta succedendo, dobbiamo capire cosa si nasconde dietro alcune
parole chiave. Se gli oppositori diventano tutti terroristi, se la
guerra di conquista diventa guerra preventiva, se la volontà di
dominio diventa ingerenza umanitaria, se la reazione ad un atto
terribile come quello compiuto l'11 settembre e' "consumate per
continuare a far girare l'economia", dobbiamo stare attenti, il
rischio e' che noi tutti da persone umane diventiamo solo consumatori
e clienti del supermercato globale. E quelli che percepiamo come
leaders sono solo i personaggi scontati di un gioco che ci vuol
manipolare.
Noi viviamo di segni. I terroristi dell'11settembre ne erano
perfettamente consapevoli. Nella loro azione non si sono limitati ad
ubbidire. Avrebbero potuto far cadere gli aeroplani su qualsiasi
anonima città americana magari causando più morti. Ma hanno
creato un evento simbolico, colpendo, o cercando di colpire i centri
del potere economico, militare e politico di quello che era da loro
percepito come l'impero del male.
Tutto può diventare segno. A volte un hamburger è solo un
hamburger, a volte è il segno visibile della reale o immaginaria
compartecipazione al mondo globale.
Anche noi dobbiamo porre dei segni che esprimano al di là di ogni
dubbio che riconosciamo gli altri come persone, che rispettiamo i
diritti umani, che siamo per la crescita integrale di tutti i popoli
e di tutte le culture. Noi cambiamo il mondo con gesti grandi e
piccoli. Tendendo la mano ad un amico, scavando un pozzo, curando un
malato, coltivando un campo, riparando un computer, accarezzando un
bambino che piange, fermandoci sull'autostrada ad aiutare chi è
coinvolto in un incidente. I nostri gesti, il nostro lavoro, i nostri
progetti hanno un valore che va al di là della loro pura
materialità.
Quando sono posti consciamente cambiano il significato della nostra
vita personale e del mondo che ci circonda.
E' un gesto anche riconoscere umilmente il valore di ciò che gli
altri fanno. Riconoscendo per esempio che la suorina Africana che
cura i malati di AIDS da dieci anni in un ospedale dove i pazienti
sono  quasi tutti musulmani, sempre sorridente, sempre pronta a
correre quando è chiamata, ha capito molto meglio di me, che
magari discetto di Tobin tax e di scontro di civiltà, cosa vuol
dire
andare incontro agli altri, e quindi democrazia e diritti umani.
In particolare io credo che quelli fra noi - come me e molti di voi -
che cercano di essere cristiani, abbiamo nella nostra comunità una
ricchezza enorme di segni potenti, che hanno la potenzialità di
controbilanciare efficacemente i segni della società dei mass
media.
Se il mangiare insieme un hamburger può essere un segno, quale
segno può essere più forte che il radunarsi insieme intorno alla
stessa mensa di Huti e Tutsi che, mentre altri individui della loro
gente si stanno scannando, mangiano lo stesso Corpo e bevono lo
stesso Sangue, e recitano il Padre Nostro tenendosi per mano?
Ogni nostro gesto deve essere un segno trasparente di che "un mondo
diverso" è già quì.
Il cristianesimo è basato sull'incarnazione. Da che Dio e'
diventato carne le persone, partecipano della vita di Dio. Ed è la
religione più concreta di questo mondo, che ci indica una
possibilità
infinita di gesti concreti. Ci dice "beati i costruttori di
pace", "ama i tuoi nemici e prega per quelli che ti
perseguitano", "vinci il male con il bene", "è meglio dare che
ricevere". Altro che non violenza attiva. E questi non sono principi
astratti, utopie da vivere in un mondo che non c'è. Mi basta
uscire
di casa, anche qui a Riruta, periferia di Nairobi, e trovo persone
semplici che li vivono.
I momenti di poesia come quelli del 18 novembre nella Koinonia di
Lusaka che la vita ci regala sono l'espressione della realtà, non
ombre cinesi di un mondo irraggiungibile.
La Pasqua ormai non lontana ci fa vedere la poesia più bella: la
Vita che ha vinto la morte. Il mondo nuovo è già qui.

Padre Kizito

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di Pietro Veronese

Pietro Veronese inviato di Repubblica ha scritto questo articolo dopo
aver partecipato alla All Nuba Conference durante i primi giorni
dello scorso dicembre. Questo articolo è stato pubblicato sul
mensile "Nigrizia" di Febbraio 2003: la pubblicazione su "Amani" è
stata possibile grazie all'esplicito permesso dell'autore (n.d.r.).

Un Parlamento all'ombra dei manghi

Ai primi giorni di dicembre 2002 si è tenuta a Kauda, sui monti
Nuba del Sudan, la prima All Nuba Conference, cioè il primo
congresso
di tutti i Nuba sudanesi fino a pochi mesi prima divisi dalla linea
del fronte: quelli delle zone liberate, quelli che vivono nelle
località sotto il controllo del governo di Khartum - in massima
parte
proprio nella capitale - e quelli della diaspora in America ed
Europa. C'era un solo giornalista (io) e un solo fotografo, Gian
Marco Elia, se si eccettua padre Kizito Sesana, che oltre a fare il
giornalista è anche missionario comboniano. L'eco mediatica
dell'avvenimento è stata poca o nulla. Per chi c'era, la presenza
a
Kauda in quei giorni è stata occasione di una triplice
riflessione:
sui Nuba e il frangente storico nel quale si trovano a vivere; sulla
situazione più generale del conflitto sudanese; e sull'assenza dei
media.
I Nuba riuniti a Kauda hanno dato di sé grande spettacolo. Il loro
ritrovarsi è stato, per chi vi assisteva, molto commovente.
Qualcosa di speciale distingue questa tribù del centro del Sudan:
una
certa aperta umanità, una dignità mai altera, un equilibrio tra
disponibilità e rispetto nell'incontro con gli altri. Espressione
di questi tratti è sempre stato, da quando i Nuba hanno
un'identità politica, anche il loro gruppo dirigente: prima il
compianto Yusuf Kuwa, scomparso due anni fa, e ora il suo successore
Abdel Aziz. Il piccolo parlamento riunito sotto i manghi di Kauda
è
stato in seduta per ore ininterrotte e si è concluso con un
documento
che segna un forte momento di unità politica dei Nuba intorno a
Abdel
Aziz, anche da parte dei delegati venuti dalle zone sotto il
controllo governativo. Ma l'aspetto più impressionante è stato
il
carattere democratico della discussione e delle deliberazioni e ancor
più l'emozione del ritrovarsi insieme. Ogni giornata di lavori si
concludeva in abbracci, scambi di notizie tra amici che non
s'incontravano da anni e anni, emozioni del ritorno per chi non
rivedeva il villaggio o la famiglia da moltissimo tempo. Si legge nel
comunicato finale: "E' stato un evento notevole, di cui non s'era mai
visto l'eguale sulle montagne Nuba".
Si viveva a Kauda un'atmosfera molto particolare. Il cessate-il-fuoco
tra i Nuba e le forze governative regge. Gli osservatori
internazionali della Joint Military Commission dicono che le cose
vanno bene. Tra loro c'è anche un ufficiale di collegamento venuto
da Khartum e così in quei giorni si sono trovati fianco a fianco
il
leader della Spla, John Garang, intervenuto a sorpresa il secondo
giorno del congresso, e questo maggiore dell'Aeronautica sudanese (un
musulmano, il quale ricordava con nostalgia il viaggio fatto a Roma
in Vaticano in occasione della beatificazione di Comboni). Questo
clima non è rappresentativo della situazione generale del
conflitto sudanese. Nel sud le cose vanno peggio. Ma quello che sta
accadendo sui monti Nuba dà la sensazione di una pace possibile.
Le
dichiarazioni di Abdel Aziz, incontrato in quei giorni, non erano
affatto ottimiste. All'ottimismo spingeva però la situazione di
fatto.
Tutto questo ha ottenuto sulla stampa mondiale un unico articolo,
apparso su Repubblica qualche giorno dopo. E' stato un vero
peccato. E' vero che proprio alla vigilia del congresso Nuba ci fu
l'attentato anti-ebraico di Mombasa, il quale distolse dal viaggio in
Sudan chi eventualmente, tra i corrispondenti basati a Nairobi,
avesse voluto intraprenderlo. Forse gli stessi Nuba non avevano le
risorse per contattare i giornalisti e attirare l'attenzione dei
media. Ma ancora una volta una bella storia africana, una storia che
non era negativa, catastrofica, disperante, è andata perduta.

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Diario dalla Zambia

di Padre Kizito

Ho trovato il progetto Mthunzi che cresce bene, i bambini contenti e
impegnati. Ce ne sono 5 nuovi. L'ultimo è arrivato qualche giorno
prima della mia visita. Hanno visto questo bambino piccolissimo,
forse di 5 anni, entrare nel cortile e guardarsi in giro spaesato,
sul punto di scoppiare a piangere. Gli hanno chiesto che cosa
volesse, e lui ha raccontato che la mamma lo ha accompagnato fino  al
ponticello alla base della collinetta su cui c'è la nostra casa,
lo ha salutato dicendogli che non lo avrebbe più rivisto e gli ha
detto: "adesso vattene via, va in quella casa, troverai delle persone
che ti aiuteranno e ti vorranno bene". Poi se ne è andata. Da dove
venivano? Da lontano, hanno camminato tutta la mattina, ed erano
partiti molto presto, ma la mamma cammina adagio, perchè é
molto malata; Chokepo parla solo Chitumbuka, una lingua di una
piccolo popolo molto lontano da Lusaka. Ci vuole poco ad immaginare
cosa faccia sua mamma a Lusaka, e di che cosa sia malata,
probabilmente morente.
Pochi giorni dopo guardavo Chokepo (lo hanno chiamato così, come
si fa in Africa, dove un avvenimento forte di dà il nome, chokepo
vuol dire "vattene via") giocare al pallone con gli altri, pensavo a
quella mamma che ha avuto tanta fiducia in noi, alle centinaia di
bambini in Zambia, altre centinaia in Kenya, altre migliaia (senza
esagerare) in Sudan che Amani e i sostenitori di Amani aiutano ad
avere una vita serena, e a poter guardare al futuro con speranza.
Abbiamo una grande responsabilità. Ne siamo consapevoli e facciamo
questa azione insieme all'altra fondamentale azione, che è
l'impegno a cambiare la società.
Lo dico sempre, ma ripeterlo fa bene anche a me. Un'azione senza
l'altra non avrebbe senso. Se gli educatori di Mthunzi avessero detto
a Chokepo "ci spiace, non c'è posto per te, ma non preoccuparti
perché ormai con la nostra azione politica e sociale siamo vicini
a costruire il nuovo mondo possibile e fra cinque anni non ci saranno
più problemi per te e per tutti i poveri" sarebbero stati a dir
poco degli irresponsabili. Ma lo stesso si sarebbe potuto dire se
continuassero a fare azioni caritatevoli senza impegnarsi per il
mondo nuovo.

Il progetto: Il "Mthunzi Centre", è progetto educativo realizzato
dalle famiglie della comunità di Koinonia di Lusaka (Zambia) a
favore dei bambini di strada. Il Centro Mthunzi oltre ad accogliere
53 bambini di strada in forma residenziale curandone la crescita e
l'educazione, è un punto di riferimento per la popolazione locale
con il suo dispensario medico e con i suoi laboratori di falegnameria
di avviamento professionale.

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INIZIATIVE.

Amani partecipa alla delegazione della Campagna Sudan a Khartoum.

Dal 28 gennaio al 7 febbraio scorso, si è svolta la visita della
Campagna Italiana per la Pace e i Diritti Umani in Sudan, a Khartoum.
La delegazione era guidata da Tonio Dell'Olio, portavoce della
Campagna e coordinatore nazionale di Pax Christi, e da Gino Barsella,
ex-direttore del Comboni College di Khartoum e direttore di Nigrizia.
Per Amani ha partecipato Cristina Brecciaroli.
Gli obiettivi della missione erano principalmente quelli di
incontrare la società civile nel nord del paese, le autorità
governative di Khartoum, la diplomazia italiana ed europea e le
agenzie ONU, al fine di:
- raccogliere le loro interpretazioni e aspettative rispetto
all'attuale processo di pace nonché indicazioni su come poterlo
sostenere dall'Italia, sia come Campagna sia come singole
associazioni;
- far conoscere alla società civile l'esistenza della Campagna
ed il lavoro finora svolto in Italia, ma anche prendere contatti con
nuove sezioni di essa;
- aprire un "credito di fiducia" presso le autorità alle quali
va riconosciuta la disponibilità ad incontrarci mentre in passato
avevano più volte rifiutato persino il visto a una delegazione di
Pax Christi;
- verificare, per quanto possibile, la situazione dei diritti
umani, in particolare degli sfollati del Sud dislocati nei campi
intorno alla capitale e altre città come Kosti ed El Obeid.

Nonostante un parziale miglioramento della situazione negli ultimi
quattro anni, il regime speciale limita ancora fortemente i diritti
umani, civili e politici, delle persone: dalla forte censura sulla
stampa, ai processi sommari. Il principale problema, tuttavia, è
la mancanza assoluta di servizi nei campi degli IDP, Internally
Displaced People, cioè gli sfollati del Sud. Questi, circa 2
milioni nella sola Khartoum, sono lasciati a se stessi, in zone
aride, senza acqua, corrente elettrica, servizi medici, scuole, e
senza, soprattutto, la possibilità di trovarsi un lavoro o
inserirsi
in un qualche tipo di economia che permetta loro una sopravvivenza
dignitosa.

Rispetto al processo di pace in corso, la società civile rammarica
la totale esclusione da esso. I negoziati riguardano di fatto solo
due parti militarmente contrapposte, il Governo del Sudan e
l'Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese (SPLA).Entrambe queste
parti, si stima, non hanno attualmente che il 20% di sostegno da
parte della popolazione. Per questo la società civile non confida
che
la prossima possa essere una pace duratura: la previsione è che le
parti ora dominanti si ritrovino a dover far fronte a spaccature
interne altrettanto gravi quanto quella che attualmente contrappone
il nord e il sud. Quasi tutti i rappresentanti della società
civile
reputano che al termine del periodo di transizione di 6 anni,
attualmente previsto dagli accordi di pace, il sud voterà per la
secessione.

Nel complesso, la delegazione si è ritenuta soddisfatta, non solo
per la quantità e qualità degli incontri realizzati, ma anche
per
gli elementi raccolti. È sempre più necessario mobilitare
l'opinione pubblica europea e, soprattutto, italiana affinché
questo
"conflitto dimenticato" non si trasformi in una "pace dimenticata",
tanto più in un paese, il nostro, il cui governo è impegnato in
prima
fila nei negoziati di pace.

Per Amani la partecipazione alla delegazione è stato un momento
importante perché per la prima volta la nostra associazione ha
potuto visitare l'altra parte di un paese in cui da anni si impegna
con aiuti umanitari e iniziative di solidarietà. Il forte impegno
di
Amani a fianco del popolo Nuba non può essere visto in un'ottica
restrittiva. Il destino di questo popolo che Kizito ci ha insegnato a
conoscere, è inserito in un quadro molto più ampio, complesso e
dagli equilibri delicati.
Proprio il 4 marzo si sono riaperti i negoziati in Kenya per
discutere del destino delle tre aree più controverse del Sudan:
Montagne Nuba, Southern Blue Nile e Abyei. Dalla firma del Cessate il
fuoco sulle Montagne Nuba, gennaio 2002, il programma speciale delle
Nazioni Unite, NMPACT - Nuba Mountains Programme for Advancing
Conflict Transformation, sta operando per facilitare la ricostruzione
di una unità del popolo Nuba incrinata da una separazione forzata,
imposta dal conflitto. Forse anche per Amani sarà finalmente
possibile estendere il proprio aiuto e la propria attenzione a quella
parte del popolo Nuba che è rimasto sotto il controllo del Governo
di Khartoum e che ha sofferto le conseguenze della guerra tanto
quanto quella sotto il controllo dell'SPLM/A. Amani potrebbe così
contribuire alla ricostruzione dell'unità Nuba e allo stesso tempo
rafforzare le basi per una pace duratura.

Progetto: Amani sostiene sui Monti Nuba un Centro educativo
polifunzionale: una "scuola modello" che prevede oltre all'educazione
elementare di 500 bambini per fare fronte all'emergenza scolastica
presente nella zona, anche la formazione di circa 30 insegnanti
all'anno per rivitalizzare il tessuto culturale ed educativo in
quell'area duramente provata dalla guerra.
Questo progetto potrà in futuro essere ampliato con la
dislocazione di altre scuole sui Monti Nuba se la situazione politica
e le energie degli organizzatori e dei sostenitori lo permetteranno.
Amani inoltre aiuta attraverso borse di studio un gruppo di giovani
nuba rifugiati in Kenya e li accoglie nelle proprie strutture a
Nairobi.

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Premio letterario Energheia Africa Teller


Il 21 marzo alle ore 18,30, si svolgerà a Matera, presso l'Aula
Magna dell'Università, in via S. Rocco, la cerimonia di consegna
del
Premio letterario Africa Teller. Il Premio, alla sua terza edizione,
è
promosso dall'associazione culturale Energheia, di Matera, e da
quest'anno vede la collaborazione attiva di Amani.

Alla cerimonia saranno presenti il vincitore, Jealous Nyandoro dallo
Zimbabwe, padre Kizito Sesana e i giurati, Antonio Perna,
responsabile del CRIC - Centro Regionale di Intervento per la
Cooperazione di Reggio Calabria, Jean Léonard Touadi, giornalista
RAI e di Nigrizia, e Pietro Veronese, inviato speciale di Repubblica.

In occasione della cerimonia di premiazione, Amani presenta la
pubblicazione delle due prime raccolte dei racconti finalisti, Africa
Teller 1 e Africa Teller 2. Con questi due volumi, Amani debutta come
Amani Edizioni e da avvio ad una collana che spera possa avere un
lungo seguito, continuando a raccogliere le voci di un Continente
lontano ma che desidera comunicare ed essere ascoltato. Un Continente
vasto e della cui diversità troppo spesso ci dimentichiamo. Anche
per questo da quest'anno il bando di Africa Teller si rivolge anche
al mondo dell'Africa francofona. Quello di Amani è un invito alla
lettura, all'ascolto e alla scoperta di una dimensione più intima
dell'Africa che si esprime attraverso i suoi giovani scrittori.

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Incontri di padre Kizito a marzo - aprile 2003 .

20 giovedì Milano Mattino
20 giovedì Bari Sera
21 venerdì Matera
22 sabato Taranto
23 domenica Taranto
24 lunedì Roma
25 martedì Roma
27 giovedì Padova
28 venerdì Cremona
01 mercoledì Bologna
02 giovedì Varese
03 venerdì Merate (CO)

Chi fosse interessato a partecipare agli incontri di padre Kizito
previsti in Italia a marzo - aprile può contattare la sede di
Amani ai tel. 02 48951149 / 02 4121011 e all'e-mail
amani at amaniforafrica.org per avere ulteriori dettagli (luogo, ora,
ecc.), consultare il sito web www.amaniforafrica.org o iscriversi
ad "Amaninews", un servizio che permette agli iscritti un continuo
aggiornamento sulle iniziative di Amani e di conseguenza anche sugli
incontri di padre Kizito.

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Un Fiore per un Fiore

di Amalia e Tina

" E come potevamo noi cantare..."

Non è certo con Quasimodo che avremmo voluto comunicarvi, cari
amici, quanto è successo "ad un Fiore per un Fiore" dall'ultima
volta
che ci avete letto. Ma purtroppo gli avvenimenti internazionali
stendono una triste coltre sulla nostra gioia nonostante il successo
dell'iniziativa. Perché di successo si tratta.

Infatti circa 500 rizomi hanno trovato collocazione tra privati e
comunità. In particolare 300 sono stati piantati dai giovani di
Comunità Nuova di Villa Paradiso ( Besana Brianza - Milano ) che
hanno accolto con entusiasmo la nostra proposta di impegnarsi con
Amani, per la Casa di Anita, felici di stabilire un ponte di
generosità fra due situazioni di difficoltà
dolorosa ma in evoluzione positiva. Grazie ragazzi!

Questo poco prima di Natale. Un grande Natale.

A fine gennaio un'altra bellissima novità: una piccola comunità
di adolescenti si è offerta di allargare il cerchio di altruismo;
anche loro a scavare, a sperare pensando ad altri lenendo così le
proprie sofferenze con sentimenti che scavalcano tutte le distanze.
Come è lontana la guerra degli adulti, la guerra dei forti.
Ora questi ragazzi attendono di sapere il nome di chi adotterà le
peonie che loro coltivano ed il cui fiore sarà messo in offerta al
momento della fioritura.

Parte così l'operazione " ADOTTA UNA PEONIA " per cui inviando ad
Amani 10 Euro si diventa " proprietari " di una pianta di peonie
coltivata dai nostri generosi amici.
Un cartellino con il vostro nome, posto di fianco alla peonia, li
farà felici perché darà la prima concretezza ai loro sforzi.
Il
ricavato servirà ad ultimare il pagamento dell'allevamento di
polli alla Casa di Anita.

Ad aprile poi presso Villa Paradiso ci troveremo per la SBOTTONATURA
delle peonie che consiste nel togliere i boccioli laterali per
permettere a quello centrale di donarci un grosso fiore.
Conosceremo i ragazzi di Villa Paradiso con i quali , assieme,
pranzeremo a base dei loro asparagi.
Se desiderate partecipare a questo momento non esitate a contattarci.

A fine maggio inizio giugno, dipende dal tempo, LA FESTA DELLA
PEONIA. Ma per questo ci faremo vivi più avanti attraverso la
Newsletter di Amani.

Per avere maggiori informazioni su questa iniziativa contattare la
sede di Amani ai tel. 02 48951149 / 02 4121011 e all'e-mail
amani at amaniforafrica.org.

Il progetto: La "Casa di Anita" è una casa di accoglienza per
minori situata a Ngong (piccolo centro agricolo a 30 Km da Nairobi) e
curata da tre famiglie keniane. La "Casa di Anita" accoglie 24
bambine di strada (di età compresa tra i 4 e i 13 anni), alcune
orfane e altre provenienti da famiglie poverissime, spesso vittime di
abusi sessuali, e 3 bambini Nuba, inserendoli in una struttura
familiare e protetta e permettendo loro una crescita affettivamente
tranquilla e sicura. La Casa di Anita nasce in memoria di Anita
Pavesi, giudice onorario del Tribunale dei minori di Milano,
scomparsa nel 1998 dopo oltre vent'anni di straordinario e umanissimo
impiego a favore di persone e famiglie in grande difficoltà.

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Master : L'AFRICA PRESENTATA DAGLI AFRICANI
Approach to African Culture and Life

In collaborazione con l'Università Cattolica del Sacro Cuore di
Milano, Facoltà di Scienze della Formazione, il 20, 21 e 22 Marzo
si è tenuto un Master in interventi relazionali in contesti di
emergenza, L'AFRICA PRESENTATA DAGLI AFRICANI  Approach to African
Culture and Life.

Molto spesso l'Africa è presentata esclusivamente per il suo volto
di povertà, per il suo ritardo di sviluppo, per le sue miserie.

Salvo poi raccogliere alcuni frammenti di positività attraverso la
testimonianza di qualche missionario o la lettura del taccuino di
qualche antropologo. Il Corso si è proposto di presentare agli
Studenti, con una metodologia diretta, un approccio alla Cultura e
alla Vita del Continente distante da pregiudizi, fornendo tracce per
una lettura obiettiva.

Tra gli altri hanno partecipato in qualità di relatori Padre
Renato Kizito Sesana ; Dott. A.Maurice Amollo , Antropologo e
Archeologo Università di Nairobi - Dipartimento di Archeologia ;
Dott.
Michael Ochieng , Università di Nairobi - Coord. di Africa Peace
Point ; Dott. Michael Owiso Università di Nairobi - Dip. di
Scienze
Politiche - Direttore dell'Amani People's Theater

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Forse non tutti sanno che:

Sito web di Amani: ricordiamo a tutti gli amici che Amani ha cambiato
il proprio dominio in rete. E' possibile trovare il sito web di Amani
all'indirizzo www.amaniforafrica.org. Per ancora un po' di tempo, per
evitare possibili problemi e confusione, il vecchio indirizzo
www.peacelink/amani.html sarà ancora valido insieme a quello nuovo
sopra citato. E' cambiato anche l'indirizzo e-mail: il nuovo è
amani at amaniforafrica.org. Sarà ancora attivo ancora per un po' di
tempo, come per il sito web, il vecchio indirizzo amani at iol.it.

Amaninews: è attiva per via mail un servizio chiamato "Amaninews",
che permette agli iscritti di essere aggiornati sulle iniziative di
Amani, ricevere i comunicati stampa della stessa associazione e
avere, tramite mail, una copia di questo giornale. L'iscrizione a
questo servizio è gratuita e molto semplice basta mandare un
messaggio mail a: amaninews-subscribe at yahoogroups.com
Pensiamo che questo sia un ottimo strumento per essere sempre più
coinvolti nella vita della nostra Associazione e per mantenere vivi i
contatti tra di noi.

Africanews: è possibile ricevere la versione italiana e quella
inglese di Africanews gratuitamente in internet mandando un messaggio
mail a: africanews1-subscribe at yahoogroups.com.
Per ricevere la versione in inglese bisogna mandare un messaggio mail
a africanews2-subscribe at yahoogroups.com.
Se si desidera riceverlo in copia cartacea per posta bisogna mandare
una richiesta all'indirizzo mail africanews at iol.it o presso la sede
di Amani con l'indirizzo e, a discrezione, un contributo per le spese
postali.

Gruppo adozioni: per domande, informazioni, idee e tutto ciò che
riguarda le "adozioni a distanza" è possibile contattare
direttamente Alessandro, Francesca, Angela, Benedetta e Tiziana, il
gruppo di volontari di Amani che si occupa di questa iniziativa
all'indirizzo e-mail amani.adozioni at iol.it oppure consultare il sito
web www.amaniforafrica.org cliccando su "Adozioni a distanza".

Le offerte ad Amani sono deducibili: i benefici fiscali per
erogazioni a favore di Amani possono essere conseguiti con due
possibilità alternative:
1. deducibilità ai sensi del DPR 917/86 a favore di ONG per
donazioni destinate a Paesi in via di sviluppo. Deduzione nella
misura massima del 2% del reddito imponibile sia per le imprese che
per le persone fisiche.
2. oneri deducibili ai sensi del DL 460/97 per erogazioni liberali a
favore di ONLUS.
Per le imprese per un importo massimo di euro 2.065,83 o del 2% del
reddito di impresa dichiarato.
Per le persone fisiche detraibile nella misura del 19% per un importo
complessivo non superiore a euro 2.065,83.
Ai fini della dichiarazione fiscale è necessario conservare:
per i versamenti con bollettino postale: ricevuta di versamento;
per i bonifici o assegni bancari: estratto conto della banca ed
eventuali note contabili.
Ricordiamo inoltre di segnare sempre la causale del versamento e
l'indirizzo completo del donatore

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Chi siamo.

Amani, che in Kiswahili vuol dire pace, è una associazione laica e
una ONG - Organizzazione Non Governativa - riconosciuta dal Ministero
degli Affari Esteri.
Amani si impegna particolarmente a favore delle popolazioni africane
seguendo queste due regole fondamentali:

1. curare lo sviluppo di un numero ristretto di progetti, in modo da
poter mantenere la sua azione su base prevalentemente volontaria per
contenere i costi a carico dei donatori.
2. affidare ogni progetto ed ogni iniziativa sul territorio africano
solo ed esclusivamente a persone del luogo. A conferma di questo
molti degli interventi di Amani sono stati ispirati da un gruppo di
giovani africani riuniti nella comunità di Koinonia.
Le principali attività di Amani sono le due case di accoglienza
per i bambini e le bambine di strada di Nairobi, Kivuli e la Casa di
Anita; la difesa del popolo Nuba in Sudan, vittima di un vero e
proprio genocidio e Africanews un'agenzia di stampa redatta
interamente da giovani giornalisti e scrittori africani. Inoltre,
Amani sostiene in Zambia il Mthunzi Centre, un progetto per i bambini
di strada di Lusaka, una piccola scuola in Kenya nel poverissimo
quartiere di Kibera, e una compagnia di giovani attori che lavorano
per una cultura di pace attraverso la mediazione dei conflitti:
l'Amani People Theatre.

Come contattarci.
Amani Onlus - ONG
(Organizzazione non lucrativa di utilità sociale e Organizzazione
non governativa)
via Gonin, 8 - 20147 Milano - Italy
Tel. 02-48951149 - 02-4121011 - Fax. 02-48302707
e-mail: amani at amaniforafrica.org
sito web: www.amaniforafrica.org

Come aiutare Kivuli, la Casa di Anita, il Mthunzi e il popolo Nuba.
Basta versare una somma sul c/c postale n. 37799202 intestato ad
Amani Onlus - ONG, via Gonin 8 - 20147 Milano o sul c/c bancario n.
503010 Banca Popolare Etica ABI 05018 - CAB 12100. Ricordiamo inoltre
di scrivere sempre la causale del versamento e il vostro indirizzo
completo.
Nel caso dell'adozione a distanza è necessario versare 26 euro
mensilmente almeno per un anno. È importante indicare in entrambi
i casi la causale del versamento.







Questo è un servizio di informazione sull'attività dell'Associazione Amani
Onlus.
Se vuoi contattarci per mandare suggerimenti manda una mail ad amani at iol.it,
segnalando come oggetto "per amaninews".
Per annullare l'iscrizione a questo gruppo, manda una mail all'indirizzo:
amaninews-unsubscribe at yahoogroups.com



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