TuttoscuolaNEWS n. 79



Notizie, commenti e indiscrezioni sul mondo della scuola.
La  newsletter  settimanale  di  Tuttoscuola, la rivista per
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N. 79, 2 dicembre 2002


SOMMARIO

1. Alla Moratti la "devolution" piace, ma...
2. ...che effetti avrebbe sulla sua riforma?
3. "Devolution": che potrebbe accadere ora?
4. Edilizia scolastica e dintorni: condizioni migliori al nord
5. Per lo studente emiliano si spende il quadruplo di quello calabrese
6. Il Friuli investe in sicurezza piu' di tutti
7. Ma la riforma abbassa l'obbligo scolastico o no?
8. Contratto/1: 150 euro e niente stipendi ìeuropei"
9. Contratto/2: ma Fantoni ha letto l'atto di indirizzo?
10. Il tormentone del pianeta Ssis



1. Alla Moratti la ìdevolution" piace, ma...

Pieni poteri alle Regioni su sanita', sicurezza e scuola:  il  disegno
di legge della ìdevolution"  piace  al  ministro  dell'Istruzione.  La
competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni in  materia  di
istruzione (prevista dal nuovo  titolo  V  della  Costituzione  voluto
dall'Ulivo) - sostiene infatti la Moratti  -  crea  piu'  problemi  di
quelli che risolve.
Del resto il ministro Moratti non vede nel  disegno  di  Bossi  ìalcun
punto che possa pregiudicare l'unitarieta' del sistema  scolastico"  e
ritiene che ìsi possa proseguire serenamente su questa strada".
Ha proprio ragione il ministro? E la sua riforma - una volta approvata
-    si  avvantaggerebbe  piu'  dalla  legislazione  vigente  o  dalla
ìdevolution"? Proviamo a interpretare quale potrebbe essere  stato  il
ragionamento della Moratti.
Uno dei nodi che potrebbero ostacolare l'attuazione del  suo  progetto
di riforma della  scuola  e'  l'asimmetria  -  derivante  dall'attuale
Titolo V della carta  costituzionale  -  tra  il  sistema  dei  licei,
regolato da competenza  legislativa  concorrente,  e  il  sistema  dei
percorsi professionali, di competenza  esclusiva  delle  Regioni,  che
rende di fatto  impraticabile  la  permeabilita'  tra  i  due  sistemi
(compresa la mobilita' degli insegnanti), che e' una delle  condizioni
per garantire un'effettiva ìpari dignita'" a tutti  gli  indirizzi  di
studio nella fascia 14-18 anni.
Ancora: il riferimento, contenuto nell'attuale formulazione  dell'art.
117 della Costituzione,  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato  in
materia di norme generali e di determinazione dei  livelli  essenziali
di prestazione, riguardanti entrambi i sistemi, rischia di  creare  un
forte    contenzioso  con  le  Regioni,  non  essendo  affatto  chiara
l'estensione e l'incidenza di tali attribuzioni dello Stato.
L'ipotesi contenuta nella ìdevolution", potrebbe  rendere  tutto  piu'
semplice: ferma restando la competenza esclusiva regionale in  materia
di organizzazione e programmazione,  i  piani  di  studio  (tipologie,
obiettivi, standard) sarebbero definiti a  livello  nazionale  per  la
parte di rilevanza nazionale, e a livello regionale per  la  parte  di
interesse regionale. Questo faciliterebbe i passaggi tra i sistemi sia
per gli allievi che per gli insegnanti, e dal  punto  di  vista  della
progettazione dei piani di studio,  i  percorsi  tecnico-professionali
riceverebbero lo stesso trattamento riservato ai licei.
Sono forse questi gli aspetti che  hanno  indotto  Letizia  Moratti  a
considerare positivamente la prospettiva della ìdevolution".  Ma  c'e'
anche dell'altro? Proviamo a vedere.


2. ...che effetti avrebbe sulla sua riforma?

In privato, il ministro non puo' non pensare che il  suo  progetto  di
riforma in questo modo potrebbe tornare al punto di partenza.
Quali sarebbero infatti le ricadute sull'attuale testo del disegno  di
legge Moratti, nel caso che il Titolo V - che  prevede  la  competenza
concorrente tra Stato e Regioni  in  materia  di  istruzione  -  fosse
modificato   in  direzione  della  ìdevolution"  verso  la  competenza
esclusiva delle Regioni?
Diverse parti del disegno di legge - approvato  in  prima  lettura  al
Senato dopo una ìgestazione" di otto mesi - dovrebbero essere emendate
o riscritte, a cominciare dalla  riforma  degli  ordinamenti  e  dagli
interventi connessi con la loro attuazione.  Bisognera'  probabilmente
rivedere    anche   il   capitolo  dell'alternanza  scuola-lavoro,  e
soprattutto quello del canale di formazione professionale, nonche'  la
materia dei crediti scolastici, la definizione degli standard minimi e
i passaggi tra i sistemi.
E' vero che, stando a quanto detto dal ministro Bossi -  e  fortemente
sottolineato  dal  vicepresidente  Fini  -  resterebbe  la  competenza
esclusiva dello Stato per la definizione delle norme  generali  e  dei
livelli essenziali di prestazione, ed e' anche vero che il nuovo testo
dell'art.    117   salvaguarderebbe   l'autonomia  delle  istituzioni
scolastiche e  formative  (la  maggioranza  ha  accolto  l'emendamento
presentato in proposito dal  diessino  Bassanini),  ma  le  parti  del
disegno di legge che, con riguardo al  rapporto  dello  Stato  con  le
Regioni,   si  limitano  nell'attuale  testo  a  parlare  di  semplice
consultazione (ìsentita" la Conferenza) dovrebbero essere  riviste  in
direzione del ìprevio accordo con".
In conclusione: la prima vittima della devoluzione sarebbe proprio  la
riforma della Moratti.


3. ìDevolution": che potrebbe accadere ora?

Il fronte sempre piu' largo, che si  e'  saldato  dentro  e  fuori  il
Parlamento, di opposizione al  disegno  Bossi  rende  quasi  certo  il
ricorso al referendum, dopo il perfezionamento delle quattro  fasi  di
cui si compone il processo di approvazione di una legge costituzionale
(che necessita di una doppia approvazione  da  parte  di  entrambe  le
Camere). La devoluzione insomma non e' proprio  dietro  l'angolo.  Con
un'aggravante sui tempi: si profila la concreta  possibilita'  che  il
testo sulla devolution che il  Senato  dovrebbe  approvare  mercoledi'
prossimo possa confluire in un  unico  disegno  di  legge  comprensivo
anche    della   revisione  di  tutto  l'art.  117  (ora  lo  integra
semplicemente) e della ìriforma della riforma" del titolo  V.  Insomma
in questo possibile nuovo scenario, la prima lettura del  testo  Bossi
si configurerebbe come una falsa partenza: si ricomincerebbe da capo.
In questo quadro, che ne sara' della riforma Moratti? No,  non  sembra
proprio comoda la posizione di un ministro chiamato ancora una volta a
misurarsi con decisioni politiche su  cui  non  puo'  avere  influenza
alcuna.

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4. Edilizia scolastica e dintorni: condizioni migliori al nord

In attesa dell'eventuale devolution scolastica, e' bene ricordare  che
gli studenti del nord se la passano di gran lunga meglio di quelli del
sud, secondo le statistiche pubblicate dal ministero dell'Istruzione (
www.istruzione.it ) relativamente all'anno 2000. C'e' da chiedersi  se
dopo, poniamo, dieci anni di ìdevolution", il divario di oggi  sarebbe
accresciuto o ridotto.
Cosa dicono i dati del MIUR? Che per gli studenti del nord  si  spende
di piu' per servizi di mensa, di trasporto, per  la  manutenzione  dei
locali e per oneri correnti vari: molto di piu' appunto nei  territori
settentrionali che in quelli meridionali.
Di chi e' attualmente la competenza  in  materia?  Le  amministrazioni
locali  per  legge  debbono  sostenere  l'onere  per  le  funzioni  di
istruzione pubblica: ai Comuni  spettano  gli  oneri  per  la  materna
statale e per le scuole dell'obbligo; alle Amministrazioni provinciali
competono le spese per gli istituti d'istruzione secondaria superiore.
Mediamente i  comuni  italiani  impegnano  il  9%  del  loro  bilancio
complessivo per le  funzioni  di  istruzione,  ma  quelli  dell'Emilia
Romagna impegnano l'11,5% e quelli del Piemonte l'11%, mentre i Comuni
sardi impegnano solamente il 7,2% e, addirittura, i Comuni dell'Umbria
e della Campania il 6,9%.
Per le amministrazioni provinciali, che  hanno  oneri  piu'  rilevanti
rispetto   alle  complessive  disponibilita'  di  bilancio,  la  media
nazionale    di    impegno    per   l'istruzione   e'  del  22,2%  (
http://www.tuttoscuola.com/ts_news_79-1.doc ). Anche qui sono forti le
differenze: le province del Lazio impegnano addirittura il  33,2%  del
proprio bilancio e l'Emilia Romagna il 32,4%;  ma  le  amministrazioni
provinciali sarde impegnano solamente il 13,9%, il Friuli il  15,1%  e
il Molise il 16,7%.
Contraddittoria la situazione in Liguria, dove i Comuni impegnano  per
la scuola  solamente  il  6,9%  del  proprio  bilancio  (ultima  nella
graduatoria nazionale), mentre le Province  liguri  impegnano  ben  il
29,3% del loro bilancio per gli istituti superiori.


5. Per lo studente emiliano si spende il quadruplo di quello calabrese

Dallo studio sui costi per l'istruzione sostenuti dagli Enti locali si
ricava,  come  conseguenza  della  rilevazione  delle  maggiori  spese
sostenute al nord, che la' gli studenti costano di piu', o meglio  che
su di essi si investe di piu'.
Il    costo    pro-capite    per    studente    (
http://www.tuttoscuola.com/ts_news_79-5.doc ) che nel  2000  i  Comuni
hanno sostenuto per l'istruzione statale vede al  primo  posto  quelli
dell'Emilia Romagna, che hanno  speso  in  media  piu'  di  3  milioni
all'anno di vecchie lire per ciascuno dei 262 mila studenti di  media,
elementare e materna statale  iscritti  nelle  scuole  della  regione:
quattro volte il costo sostenuto dai Comuni calabresi.
La spesa media annuale per i Comuni di tutta Italia e' stata di  oltre
1,6 milioni di vecchie lire. Sotto questa media ci sono  i  Comuni  di
tutte le regioni del Sud e delle Isole.
Se si guarda invece al costo per ciascun studente di scuola secondaria
superiore ( http://www.tuttoscuola.com/ts_news_79-6.doc  )  (a  carico
dei bilanci delle Province), si trova al primo posto il Lazio  che  ha
investito per ogni studente quasi un milione di vecchie lire all'anno.
La media di investimento per studente e' stata di poco superiore  alle
600 mila lire all'anno, al di sotto della  quale  si  ritrovano  quasi
tutte le Province delle regioni meridionali e  insulari  in  compagnia
anche di qualche zona settentrionale (Liguria, per esempio).
Il budget investito per ciascun studente laziale e' stato superiore al
triplo di quello investito per gli studenti sardi.


6. Il Friuli investe in sicurezza piu' di tutti

I   Comuni  friulani  e  giuliani  amministrano  meno  di  800  scuole
dell'infanzia e dell'obbligo, ma hanno investito nel 2000 in  edilizia
scolastica, messa a norma degli impianti e manutenzione  straordinaria
tanto come i Comuni calabresi che di scuole ne  hanno  piu'  di  2.600
(quasi 4 volte di piu'): 155 milioni di  vecchie  lire  in  media  per
scuola del  Friuli  contro  i  46  milioni  per  ogni  edificio  della
Calabria.
In    media    i    Comuni    italiani    (
http://www.tuttoscuola.com/ts_news_79-7.doc ), limitatamente al  2000,
hanno riservato alle spese di capitale per gli edifici scolastici poco
piu'    di   68  milioni  di  vecchie  lire  per  scuola,  investendo
complessivamente 2.530 miliardi di lire.
Umbria e Marche gia' nel 2000  erano  sopra  la  media  nazionale.  La
Sardegna e' in fondo a questa specie di graduatoria  con  meno  di  37
milioni di investimento per ogni scuola affidata.
Da    sole    le    100    amministrazioni    provinciali    (
http://www.tuttoscuola.com/ts_news_79-8.doc ) hanno sostenuto spese di
capitale per l'istruzione  scolastica  statale  per  meta'  di  quanto
investito da tutti i Comuni italiani nello  stesso  periodo,  con  una
media di spesa di quasi 225  milioni  di  vecchie  lire  per  istituto
scolastico.
Le Province  del  Friuli,  anche  per  gli  istituti  superiori  hanno
investito piu' di tutte (388 milioni di vecchie lire per istituto); la
sorpresa viene dalle Province calabresi che, a  differenza  di  quanto
avvenuto per i Comuni della regione, si sono collocate al terzo  posto
per maggiori investimenti in media per istituto.
Le due amministrazioni provinciali del Molise hanno investito meno  di
tutti - almeno per l'esercizio 2000 - per una media di 95,5 milioni di
vecchie lire per ciascuno dei 54 istituti amministrati.

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TIE, NUOVA "PATENTE" PER UN NUOVO INGLESE

Irlanda, linguisticamente parlando, promossa a pieni voti.
Anche dal Governo Italiano che ha approvato il TIE
(Test of Interactive English), che viene ora considerato
un credito formativo idoneo per gli studenti che supereranno
il relativo esame in Irlanda e sosterranno esami di Stato italiani.

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7. Ma la riforma abbassa l'obbligo scolastico o no?

Mentre il ddl sulla riforma scolastica e' all'esame della Camera (e ci
vorra'    un   po'   prima  che  torni  alla  ribalta  della  cronaca
parlamentare), continua il dibattito su alcune  questioni  importanti.
Tra queste c'e' l'obbligo scolastico che dovrebbe  ritornare  (secondo
quanto previsto all'ultimo comma del testo Moratti) ad  essere  quello
di tre anni fa, quando la legge n. 9/1999 non ne aveva ancora  sancito
l'innalzamento di un anno.
Quella legge sara' dunque abrogata come appunto  previsto  dall'ultimo
comma dell'ultimo articolo, per consentire, con  la  nuova  previsione
legislativa, un potenziamento dell'obbligo scolastico (art.  2,  comma
1, lett. c: http://www.tuttoscuola.com/ts_news_79-9.doc ): ìil diritto
all'istruzione e alla formazione per almeno dodici  anniÖ  costituisce
un dovere legislativamente sanzionatoÖ  viene  ridefinito  e  ampliato
l'obbligo scolastico di cui all'art. 34 della CostituzioneÖ".
Vi potrebbe essere pero' un problema di attuazione e di coordinamento.
Infatti, nel momento stesso di approvazione della legge di riforma  le
norme abrogate cesseranno immediatamente di avere validita'.  C'e'  da
chiedersi se il diritto dei  ragazzi  per  l'ampliamento  dell'obbligo
scolastico e formativo possa attendere i tempi dell'approvazione della
legge delega e dei successivi regolamenti attuativi, per  i  quali  e'
previsto un tempo massimo di 24 mesi. Una ìvacatio legis" che potrebbe
risultare molto pericolosa: per coloro che  avranno  quattordici  anni
quando la riforma Moratti diventera' legge, e  prima  dei  regolamenti
attuativi, l'obbligo  scolastico  cesserebbe  temporaneamente  con  la
terza media?


8. Contratto/1: 150 euro e niente stipendi ìeuropei"

C'era poca gente al dibattito organizzato  a  Roma  nel  quadro  della
terza edizione di ìFarescuola" sul nuovo contratto  degli  insegnanti,
non piu' di 50-60 persone sparse nel grande  auditorium  dell'istituto
Massimo,  che  ne  puo'  ospitare  mille.  Diffidenza?  Rassegnazione?
Saturazione da eccesso di convegnistica? E' vero che la partecipazione
e' stata bassa  anche  per  altre  iniziative  che  si  svolgevano  in
parallelo, ma ci si sarebbe aspettati una maggiore  affluenza  per  un
tema come quello del rinnovo contrattuale, anche per il grave  ritardo
con il quale si e' aperto il negoziato. Anzi, il pre-negoziato,  visto
che non ci sono certezze nemmeno sull'esatta consistenza delle risorse
finanziarie su cui discutere.
I sindacalisti presenti (di Cgil, Cisl, Uil, Snals e  Gilda)  si  sono
sentiti spiegare da Guido Fantoni,  presidente  dell'ARAN,  che  nella
migliore delle ipotesi gli aumenti di stipendio non supereranno i  150
euro lordi mensili, e che per la ìvalorizzazione professionale", cioe'
per aumenti legati alla professionalita' e al merito individuale,  non
ci sara' nulla, ìneanche un euro".
Agli sconsolati  sindacalisti,  che  tentavano  di  tenere  aperta  la
prospettiva di un salario ìeuropeo" almeno per il  biennio  2003-2004,
Fantoni ha replicato tre cose: che i 150 euro per gli insegnanti  sono
di fatto un  tetto  invalicabile,  e  comunque  piu'  alto  di  quello
previsto per il resto dei pubblici dipendenti; che saranno distribuiti
a pioggia, come in passato; e che non si capisce perche' si dovrebbero
dare stipendi  ìeuropei"  agli  insegnanti  e  non,  per  esempio,  ai
metalmeccanici.


9. Contratto/2: ma Fantoni ha letto l'atto di indirizzo?

L'intervento del presidente dell'Aran a proposito del contratto  della
scuola ha  sollevato  piu'  di  una  perplessita',  anche  perche'  e'
sembrato  a  molti  che  egli  formulasse  un  parere,  essenzialmente
soggettivo, sulla questione  piuttosto  che  esprimere  una  posizione
ufficiale e oggettiva.
Vediamo uno per uno i tre punti toccati da Fantoni.
Aumenti:
150 euro al mese vogliono dire 1.800  euro  all'anno,  cioe'  qualcosa
come un aumento medio per il personale scolastico di oltre 3 milioni e
mezzo delle vecchie lire all'anno pro capite (al mese  300  mila).  Si
tratterebbe di un aumento che sfiora il 10% dell'attuale  retribuzione
media, ben al di sopra di quel risicato 5%  di  cui  parla  l'atto  di
indirizzo.
Ci sarebbe da prenderlo al volo, perche',  sulla  base  dei  parametri
definiti dall'atto di indirizzo, l'aumento medio pro  capite  potrebbe
essere solamente di circa mille euro all'anno (80-85 euro al mese).
Salari europei:
Fantoni si chiede  perche'  gli  insegnanti  dovrebbero  conseguire  i
livelli europei di salario e gli altri lavoratori no. Ma il presidente
non puo' non sapere che l'atto di indirizzo del Governo prevede per  i
docenti il graduale conseguimento dei livelli europei di prestazione e
di retribuzione.
Aumenti a pioggia:
L'ipotesi di aumenti a pioggia fa  proprio  a  pugni  con  l'obiettivo
sindacale e governativo della valorizzazione professionale. Visto  che
il contratto si scrive in due, Fantoni e' proprio sicuro  che  la  sua
previsione e' pienamente condivisa dai cinque sindacati che siedono al
tavolo della trattativa?


10. Il tormentone del pianeta Ssis

Parita' di trattamento sissini-precari (ordini del giorno della Camera
e del Senato), incompatibilita' del punteggio di servizio  durante  la
frequenza della Ssis (sentenza del Consiglio di Stato che - secondo le
indiscrezioni - confermerebbe la sentenza del Tar  Lazio),  ammissione
al 2ƒ anno delle  Ssis  in  deroga  al  numero  chiuso  (decreto  MIUR
26.11.2002): non passa giorno senza che si parli di loro, a  favore  o
contro.
Ci    riferiamo   alla  Ssis  e  ai  sissini,  cioe'  alla  Scuola  di
specializzazione per l'insegnamento della secondaria e ai docenti  che
l'hanno frequentata. Sembra proprio una telenovela  o,  se  preferite,
una doccia scozzese permanente.
L'ultimo in ordine di tempo  e'  il  decreto  con  il  quale  il  MIUR
autorizza l'ammissione direttamente al 2ƒ anno, in  deroga  al  numero
chiuso di iscritti delle Ssis,  degli  insegnanti  non  abilitati  che
siano in possesso del diploma  di  specializzazione  per  il  sostegno
oppure del diploma di laurea o di  istituto  superiore  di  educazione
fisica (ISEF).
Vi sono gia' prese  di  posizione  contro  il  provvedimento  per  due
presunti  elementi  di  illegittimita'.  Vi  sarebbe  innanzitutto  un
trattamento sperequato rispetto ad altre tipologie di insegnanti,  non
compresi tra i  beneficiari  della  deroga.  Inoltre,  la  deroga  con
iscritti in soprannumero violerebbe la legge (Dpr  470/31.07.96,  art.
7)    che   prevede  un  numero  programmato  di  iscritti,  stabilito
annualmente.
Sentiremo parlare ancora di questa deroga, e si puo' essere certi  che
vi saranno, nuovamente, ricorsi da parte di docenti esclusi, mentre ci
si puo' gia' preparare a nuovi fuochi d'artificio con botti di ricorsi
contro la posizione che il  MIUR  dovra'  assumere  sulla  parita'  di
trattamento invocata dalle Camere.

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