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http://www.didaweb.net/fuoriregistro/leggi.php?a=1689
- Subject: http://www.didaweb.net/fuoriregistro/leggi.php?a=1689
- From: "luisa rizzo" <lu-sa at mail.clio.it>
- Date: Sun, 1 Dec 2002 21:29:56 +0100
Marino Bocchi - 30-11-2002 http://www.didaweb.net/fuoriregistro/leggi.php?a=1689 Noi abbiamo un senso della moralita' che agli occhi degli altri e' amoralita '. Noi abbiamo un senso della liberta' che agli occhi degli altri e' libertinismo. Noi anarchici siamo i perdenti. Perche' abbiamo scelto di perdere. Perche' il potere, ogni volta che ci e' toccato, lo abbiamo scagliato dalle mani "dove l'amore non era adulto e ti lasciava graffi sui seni". Quando studiavo a Parigi ho conosciuto il mio amico peruviano Raoul, che si innamoro' della mia amica Patrizia e ogni sera le parlava di Gramsci e della sua terra, dove i contadini masticano le foglie di coca per sentir meno il peso della fame. Era un esule politico, sfuggito alla dittatura che allora maciullava e stuprava la sua gente. Lo seguiva come un ombra il suo compagno Pablo, un equadoregno dal volto di indio, lo stesso volto che ho ritrovato stampato sul viso del colonnello Gutierrez, colui che pochi giorni fa ha vinto le elezioni in quel piccolo stato dove grandi vulcani dalle bocche materne e matrigne "governano il ritmo dei giorni e delle stagioni". Io mi alzavo sempre tardi, alla Cite' Universitaire e il barista nero mi teneva sempre la brioche di riserva. Una notte nella camera di Raoul, appoggiato alla finestra, sotto una luna di fuoco, il corpo esorbitante di Pablo,che indossava un largo poncho colorato, mi spinse via, facendomi ruzzolare, allorche' uno strano scalpiccio risuono' dietro la porta. Poteva essere un sicario con la pistola. Perche' allora non era facile vivere a Parigi, tra i profughi. Io con loro, fra loro, mi sentivo un fratello, anche se Raoul era un comunista e io no. Perche' noi anarchici, semplicemente non siamo. O siamo, in negativo, cio' che gli altri non sono. Siamo stranieri. Per scelta. E non bresciani o bergamaschi, come Lei ha detto al Senato, caro Ministro Bossi, erano quei giovani che accompagnarono Garibaldi nell'avventura dei Mille. Erano stranieri senza patria, perche' quella anagrafica era solo un accidente. Andarono e in quelle terre battute dalla miseria trovarono altri fratelli, fratelli pur nell'essere tanto diversi da loro, per condizione sociale, culturale, lingua. Visto che molti di loro erano ricchi e possidenti e colti. Come Francesco Nullo, che dalla Sicilia e poi dall' Aspromonte, ando' con pochi compagni bergamaschi a morire in Polonia nel 1863, in un posto dal nome geografico incomprensibile, Krzykawka, anche se per gente come lui nessun luogo e' incomprensibile. "Cavaliere e poeta della liberta'", come ebbe a scrivere Giuseppe Cesare Abba nella Storia dei Mille. O come il bresciano Angelo Targhini, che fu giustiziato a Roma insieme a Leonida Montanari a Piazza del Popolo, durante il pontificato di Leone XIII, nell'anno del giubileo del 1825. Cronache dell'epoca riportano che erano vietate "le conversazioni clamorose ove si cantava e si suonava e fu altresì proibito agli osti e caffettieri di tener aperte le loro botteghe nelle ore in cui si dispensava la parola divina". Montanari e Targhini scelsero di morire per la liberta', non la loro ma quella di altri stranieri come loro. I loro corpi vennero deposti in un cimitero sconsacrato presso il Muro Torto in cui venivano seppelliti ladri, vagabondi e donne di malaffare. Ed oggi, secondo una delle tante leggende che rendono Roma cosi' fiabesca e magica, "ogni notte i fantasmi dei due personaggi vagano sotto le mura con la propria testa in mano dando i numeri da giocare al Lotto ai coraggiosi che sostengano il loro sguardo". A lei, caro Ministro Bossi, dedico volentieri le parole di un anarchico romano, che ricorda ai giornalisti attenti alla ricostruzione esatta delle parole del Potere che , se possono campare di questo lavoro, lo devono a chi immolò la propria vita a quegli ideali e alla libertà che oggi potete sfruttare, per scarabocchiare quei fogli bianchi che tanto sangue sono costati. Fra tanti eroi artefici del risorgimento dovete ringraziare i vari Leonida Montanari, Angelo Targhini, Giuditta Tavani Arquati...(che forse nemmeno sapete chi sono) e invece pur di non spendere una riga per ricordare quegli eventi, "sete iti a rompe li cojoni pure a li gatti de torre Argentina...". Eh, i gatti, caro Ministro Bossi, i gatti, fratelli nel sangue, per noi anarchici. E infine: dubito che Lei abbia tempo per andare al cinema e voglia e talento per vedere un film di Luigi Magni, cantore della Roma del Risorgimento. Senno' saprebbe che un bellissimo film e' stato girato anni fa su quella vicenda di Montanari e Targhini. Si intitola "Nell' anno del signore" e si avvale di una splendida colonna sonora. La quale piaceva molto al nostro sommo poeta (di noi anarchici) De Andre' che per accordare la chitarra prima dei concerti ne accennava il leit motiv: "La bella che e' prigioniera, ha un nome che fa paura: liberta', liberta,liberta'".
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