La Gazzetta del Mezzogiorno, domenica 15 maggio 2011
SE UN GIORNO IL PETROLIO
SCOMPARISSE
Giorgio Nebbia nebbia at quipo.it
Il petrolio si è
affacciato come importante fonte di energia negli ultimi decenni del
l'Ottocento, con una produzione relativamente modesta; nel 1900 il consumo
mondiale di petrolio era di 30 milioni di tonnellate rispetto a 600 milioni di
tonnellate di carbone. Si tenga presente che una tonnellata di carbone produce
energia come 0,7 tonnellate di petrolio. Il consumo di petrolio aumentò
rapidamente con l'avvento dell'automobile e dell'aeroplano e con la prima guerra
mondiale (1914-1919). Nel 1920 il consumo mondiale di petrolio era di circa 130
milioni di tonnellate rispetto ad un consumo di carbone di circa 1200 milioni di
tonnellate. Nel 1950, lasciatosi alle spalle il grande massacro della seconda
guerra mondiale (1939-1945), il consumo di petrolio era diventato di 700 milioni
di tonnellate rispetto ad un consumo di circa 1500 milioni di tonnellate di
carbone. A partire dal 1950 ai due giganti energetici si è affiancato, in modo
sempre più aggressivo, il gas naturale.
Oggi i consumi mondiali vedono al
primo posto il petrolio con circa 4200 milioni di tonnellate all'anno, seguito
dal carbone con circa 5000 milioni di tonnellate all'anno (ma con un contenuto
di energia equivalente a quello di appena 3500 milioni di tonnellate di
petrolio), e al terzo posto il gas naturale con circa 3000 miliardi di metri
cubi all'anno (con un contenuto di energia equivalente a quello di appena 2500
milioni di tonnellate di petrolio). I bilanci energetici si fanno con una unità
di energia che si chiama tep (tonnellate equivalenti di
petrolio).
Durante la conferenza del 1956 dell'Istituto Americano del
Petrolio un geologo chiamato King Hubbert (1903-1989) affermò che, sulla base
delle conoscenze delle riserve di petrolio esistenti nel mondo, si poteva
prevedere che la produzione mondiale di petrolio avrebbe raggiunto un massimo,
forse nei primi anni del 2000, e poi sarebbe diminuita. A conferma di questo
ricordò che gli Stati Uniti, che erano stati esportatori di petrolio, erano
diventati importatori di petrolio per il graduale esaurimento dei suoi pozzi.
Nel 2010 il 70 % del petrolio consumato negli Stati Uniti è importato dai paesi
del Golfo Persico, da Venezuela, eccetera e i favolosi pozzi della California e
del Texas si stanno esaurendo progressivamente.
Il continuo aumento del
prezzo del petrolio è influenzato da considerazioni politiche, dalla comparsa di
nuovi giganti economici, come Cina e India, che succhiano petrolio dovunque, ma
anche da un graduale impoverimento delle riserve. Poco conta se nel sottosuolo
c'è petrolio ancora per 30 o per 60 anni; il suo esaurimento si farebbe sentire
nel corso di una o due delle future generazioni. A puro titolo di esercizio di
fanta-economia immaginiamo che cosa succederebbe se il petrolio scomparisse del
tutto. Scomparirebbe la nostra "civiltà" ? No, perché la civiltà è basata su
molti altri beni oltre alla pura e semplice energia. Comunque sarebbe un bello
sconquasso e, per capire chi ne pagherebbe di più le conseguenze, cominciamo a
vedere dove va a finire oggi il petrolio.
Circa un terzo del petrolio
consumato nel mondo va nei trasporti terrestri, aerei, navali; i principali
mezzi di trasporto terrestre sono, da decenni, gli autoveicoli azionati da
motori a scoppio a ciclo Otto; la rotazione delle ruote è assicurata
dall'energia liberata dalla combustione di un carburante liquido, la benzina o
il gasolio, entrambi derivati dalla raffinazione del petrolio. Circolano
autoveicoli che usano il metano del gas naturale, comincia ad affacciarsi
qualche autoveicolo elettrico, ma l'elettricità è ancora prodotta in gran parte
in centrali che bruciano derivati del petrolio. Se il petrolio improvvisamente
scomparisse, ci resterebbero tre soluzioni: ottenere carburanti liquidi dal
carbone; oppure usare carburanti liquidi ottenuti dalla biomassa vegetale, come
l'alcol etilico o il biodiesel; o, infine, far muovere gli autoveicoli con
motori elettrici ricaricati con l'elettricità prodotta dal carbone o dal Sole o
dal vento. Quanto poco si possa contare sull'elettricità nucleare è dimostrato
dalla catastrofe ai reattori giapponesi di Fukushima.
Il "re carbone" non
è un combustibile comodo da usare, però può essere trasformato per reazioni
chimiche in numerosissimi prodotti oggi ottenuti dal petrolio a cominciare dai
carburanti liquidi per autotrasporti. Il carbone è costituito essenzialmente da
carbonio, con piccole quantità di idrogeno e altri elementi. Trattando il
carbone ad alta temperatura con vapore acqueo si ottiene una miscela di gas,
principalmente idrogeno, ossido di carbonio, metano, che, per ulteriori
trasformazioni, possono diventare carburanti liquidi simili alla benzina e al
gasolio. Queste trasformazioni sono state rese possibili dalle ricerche condotte
negli anni venti e trenta del secolo scorso dai chimici tedeschi Friedrich
Bergius (1884-1949), Franz Fischer (1877-1947) e Hans Tropsch (1889-1935). Non
c'è da meravigliarsi che si sia debitori alla chimica tedesca di queste
innovazioni perché per tutta la prima metà del Novecento la Germania si è
trovata priva di petrolio e ricca di carbone. Non consideriamo per ora quanto
possano venire a costare questi carburanti dal carbone, perché la questione del
prezzo sarebbe secondaria, se trovassimo i distributori di benzina
vuoti.
Una parte del petrolio viene usato nel mondo nelle centrali
termoelettriche nelle quali il carbone è già usato su larga scala; anche in
Italia, zitte zitte, molte centrali termoelettriche funzionano a carbone. Le
riserve di carbone sono molto grandi nel mondo, ma il suo uso come combustibile
è certamente scomodo perché deve essere scavato nel sottosuolo e trasportato
allo stato solido; durante la combustione genera vari gas inquinanti e lascia
delle ceneri che pure sono fonti di danni ambientali. Ma se non ci fosse più
petrolio, state sicuro che gli ingegneri e i chimici si metterebbero al lavoro
per diminuire molti degli inconvenienti del carbone, con la gassificazione
sotterranea, la depurazione dei fumi, con il recupero delle scorie oggi sepolte
in discariche, eccetera. Una parte dei prodotti ottenuti dalla raffinazione del
petrolio viene impiegata nell'industria chimica per fabbricare plastica, fibre
tessili sintetiche, gomma sintetica e innumerevoli altri ingredienti di vernici,
coloranti, medicinali, inchiostri.
Oggi; perché gran parte delle materie
usate dall'industria chimica, etilene, propilene, butano, butilene, eccetera, in
passato era ottenuta dal carbone anche grazie ai contributi di un altro chimico
tedesco, Walter Reppe (1892-1969). Molte altre merci oggi ottenute dal petrolio
sono state per secoli e decenni ottenute dal mondo vegetale e animale. Oltre un
terzo delle fibre tessili usate nel mondo è costituito dal cotone offerto dalla
natura; molti usi delle fibre oggi ottenute con sintesi chimiche dal petrolio
erano soddisfatti in passato da lino, canapa, eccetera. In silenzio, in tutto il
mondo, si sta verificando un "ritorno" alle fibre tessili naturali anche perché
molte di esse sono prodotte nei paesi emergenti che sperano di trarne occasioni
di lavoro e di sviluppo. Circa un terzo della gomma usata nel mondo è di origine
vegetale e anzi la gomma naturale in certe applicazioni supera come qualità
quella sintetica ottenuta dal petrolio. La natura offre innumerevoli materie nel
regno vegetale e animale con cui ottenere coloranti e materie plastiche oggi
derivate dal petrolio attraverso l'approfondimento delle conoscenze della
biologia, della chimica, della merceologia.
Tranquillizzatevi, perciò,
perché, se il petrolio scomparisse, la civiltà continuerebbe e anzi sarebbe
probabilmente meno inquinata e più
sicura.