il decreto sugli stabilimenti balneari cemento per spiaggia ricevuta...



DA IL SECOLO XIX
16-05-2011
 
IL DECRETO SUGLI STABILIMENTI BALNEARI
COLATADI CEMENTO PER SPIAGGIARICEVUTA
GIORGIO BERTONE
 
S'aggirano per l'Italia leggi-lampo e leggi-lumaca. Le prime sono più veloci della luce: tanto per far saltare un referendum sul nucleare. Oppure più veloci della stesura medesima: come la promessa di stoppare con un decreto legge la demolizione di 70.000 case abusive campane, come ha giurato il lider maximo a radio Kiss Kiss: tutto si tiene, anche il nome del media di turno. Le leggi-lumaca trovano il loro esemplare nel Piano Casa. Data di inizio: giugno 2008. Data di scadenza della legiferazione: l'eternità. In tutte e due i casi al povero cittadino che cerca di capirci qualcosa è impossibile un controllo, come si dice, democratico. O per le dizioni brevi, incomplete, surrettizie, o per l'estensione della legge come fosse di caucciù.
Nel titolo "Piano Casa" si celano due intenti. Il primo (decreto legge 112/25.6.2008) di aiuto per chi la casa non ce l'ha Social housing). Il secondo (dal 2009 in poi con successivi provvedimenti e lo sciagurato patto Stato-Regioni del 31marzo 2009) ha scacciato in grandissima parte il primo, concedendo aumenti di cubature via via più lasche per chi la casa già ce l'ha ("padroni in casa propria"). Passo passo con allargamento dei beneficiari: anche coloro che ebbero già il condono, anche agli edifici non residenziali (i capannoni: il Veneto insegna), anche le strutture turistiche e alberghiere (per essere trasformate in che cosa? in residenze, ovvio). Con l'ultimo di sullo sviluppo si prevede la possibilità di aumento del 20% in aree degradate o dimesse. Tutto e sempre "in deroga agli strumenti urbanistici vigenti".
Ogni regione ha poi la sua storia e la distribuzione a dosi omeopatiche di provvedimenti sempre più concessivi, anche se esecrati il mese prima. Forse nessuna regione italiana ha però la fortuna di avere una Marylin Fusco, vicepresidente della
Regione Liguria, vero alfiere degli spostamenti progressivi del piacere cementizio, cui va il merito di aver fatto ingenuamente esplodere ciò che deve passare a poco a poco in sordina. L'ultimo grido in fatto di leggi-lampo è quella sul diritto di superficie degli arenili (art. 3, di Tremonti). Si sostituisce la vecchia concessione con un diritto che a tutti gli effetti è un diritto di proprietà, limitato a tutto ciò che sta sopra il terreno. Perciò un diritto a edificare, anche a meno di 300 metri dalla battigia, anzi, soprattutto lì.
Come ha detto un esperto di diritto amministrativo, Marcello Clarich (Il Sole 240re): "Si introduce per la prima volta un regime di natura privatistica nel regime demaniale che è di natura pubblicistica. La ragione non è chiara". Come non è chiara? La capisce persino il cittadino ignoto:
1) in clima elettorale fare un favore a migliaia di clien-tes, antichi concessionari, supportati dalla pasionaria Michela Brambilla, sia pur con una marcia indietro sui 90 anni di durata (forse un'esagerazione così macroscopica e indigeribile dal capo
dello Stato e dalla Ue, da far pensare a un effetto-civetta).
2) evitare la direttiva europea di Bolke-stein che impone di mettere in gara questi servizi entro il 2015 (le concessioni da noi erano state nel frattempo prorogate nel decreto formidabilmente nominato "Milleproroghe").
3) evitare pure che le gare se le aggiudichino stranieri della Ue.
4) fare cassa con l'accatastamento delle strutture balnea-ri-fantasma (ben più che il chiosco-fantasma): pochi, maledetti e, forse, subito. Lasciando però in una zona grigia la questione della reale valutazione di mercato degli stabilimenti: se capisco bene, le tariffe verranno negoziate solo dopo le attribuzioni, comunque c'è sempre tempo per un'altra legge-lampo. Le associazioni ambientaliste (Wwf, Italia Nostra, Legambiente) scorgono un futuro di centri benessere, parchi commerciali con solette, al solito erose e arrugginite, aggettanti sull'ultima onda. Con l'aggiunta: se lo Stato un giorno vorrà abbatterle, quelle strutture dovrà pagarsele. E non manca chi si ristori con la vista delle belle spiagge libere della Costa Azzurra.
Le cose che mi colpiscono sono due. A) In tutte queste leggi (Piano casa, Piano spiaggia) la congerie di provvedimenti di tipo edilizio sostituisce il piano urbanistico (con la complicità degli Enti locali che si sono rivelati tutt'altro che consapevoli del Bene Comune). L'urbanistica, come progetto generale, coerente, armonioso e sostenibile, è morta. Ovvero: la politica è morta, sostituita dal bracconaggio giorno per giorno. B) Da ragazzi, d'estate si facevano sulla costa mille mestieri, dal bagnino al verniciatore di cabine, allo scavatore serale di fosse nella sabbia, dove il mezzogiorno seguente schiere dimilanesi e torinesi attanagliati dai reumatismi si sarebbero fatti ricoprire e arrostire, fiduciosi nelle sabbiature allora di moda. Le famiglie che gestivano i "Bagni" erano dinastie feudali, di padre in figlio, nipoti e parenti. E il Demanio per noi era una divinità misteriosa, ma sentivamo i grandi nominarla con timore reverenziale. Oggi, in pieno Duemila, per via istituzionale si ripropone un modello veterofeudale di privilegi, di eredità da padri a figli (o subappaltatori), aggiornato all'ultima moda della spianata di cemento per lo spinning; e soprattutto all'ininterrotto trend di disperato sfruttamento del residuo bene italiano: la sua terra, le città, le coste. L'ultima spiaggia.

GIORGIO    BERTONE
all'Università di Genova.
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Letteratura    Italiana