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A: economia
Oggetto: acqua oro blu tra 35 anni resteremo a secco
ACQUA ORO BLU. Il mondo ha sempre più sete e tra 35 anni resterà a secco
Data di pubblicazione: 22.03.2011
Autore: Fazio, Luca
Il rapporto acqua-città, il dramma dei paesi poveri e le buone pratiche nel colabrodo Italia. A meno di tre mesi dal referendum, la giornata mondiale dell'acqua diventa l'occasione per rispondere alle sfide globali rappresentate dalla gestione della risorsa
più preziosa
Ci sono due motivi sostanziali per cui la giornata mondiale dell'acqua quest'anno è dedicata al tema Acqua per la città: come rispondere alle sfide dell'urbanizzazione. La metà del genere umano vive in agglomerati urbani, e si calcola che tra vent'anni quasi
il 60% della popolazione sarà stipata nelle principali città del mondo: 5 miliardi di persone. Essendo così decisivo il rapporto acqua-città, il problema ormai chiama direttamente in causa la responsabilità politica delle singole amministrazioni, delle aziende
e di tutti i cittadini che possono influire direttamente nella gestione dell'acqua in contesti urbani - basti pensare al referendum di giugno. Di questa sfida parla il dossier preparato dal Comitato italiano Contratto Mondiale sull'acqua (www.contrattoacqua.it).
La situazione mondiale
La mancanza di acqua nelle aree più povere del pianeta (Asia e Africa) apre scenari drammatici. Almeno 5 milioni di persone ogni anno abbandonano le campagne per trasferirsi in città, 493 milioni di persone non hanno servizi sanitari, 789 milioni sopravvivono
senza accesso all'acqua e il 27% della popolazione urbana nei paesi del sud del mondo non ha la rete idrica in casa. E il futuro non promette niente di buono, se è vero che nei prossimi venti anni in questa area del pianeta la popolazione è destinata a raddoppiare.
Ma l'impatto dell'urbanizzazione ormai si fa sentire anche nelle città industrializzate, dove 497 milioni di persone hanno servizi igienici in comune e dove il 38% della crescita della popolazione è concentrato nelle periferie, con accampamenti totalmente
sprovvisti di acqua e servizi. Sono i poveri che abitano a «casa nostra».
Acqua e povertà
La sfida più importante sarebbe quella di fornire acqua a quelle 828 milioni di persone che oggi vivono nelle baraccopoli. I poveri, oltretutto, pagano un litro d'acqua fino a 50 volte di più dei loro vicini ricchi, in quanto sono costretti a rifornirsi dai
privati. Stime non proprio confortanti dicono che la popolazione dei quartieri poveri è destinata ad aumentare di 27 milioni di persone all'anno. Ma c'è chi muore di sete e chi l'acqua può sprecarla: si passa da una disponibilità media pro-capite di 425 litri
al giorno per un cittadino statunitense ai 10 litri per un abitante del Madagascar (237 per un italiano e 20 per una intera famiglia africana). Allora si può ben dire, come ha scritto L'Osservatore Romano, che «l'acqua è un bene troppo prezioso per obbedire
solo alle ragioni del mercato e per essere gestita con un criterio esclusivamente economico e privatistico».
Inquinamento, salute e sprechi
Ogni giorno, nelle principali città, 2 milioni di tonnellate di rifiuti umani vengono smaltiti in corsi d'acqua. La mancanza di impianti di depurazione nei paesi poveri, e gli scarichi industriali fuori controllo, provocano gravi problemi di salute (la malaria
è ancora una delle principali cause di morte in molte aree urbane). La gestione degli acquedotti fa acqua da tutte le parti: i livelli di perdita delle reti idriche raggiungono anche il 70%, con una disonorevole media italiana del 47%. In totale, la quantità
d'acqua potabile che ogni anno viene dispersa nelle principali città è stimata attorno ai 500 milioni di metri cubi.
Città e acque in bottiglia
Gli italiani continuano ad essere i più forti bevitori in Europa di acqua minerale (194 litri a testa, più del doppio della media europea, per un totale di 12,5 miliardi di litri imbottigliati). Le aziende produttrici gestiscono affari colossali (2,3 miliardi
di euro all'anno) pagando alle Regioni pochissimi euro all'anno per lo sfruttamento delle fonti di acque minerali: sono 189, per 321 marche commercializzate. A livello di bilancio familiare, significa che una famiglia di quattro persone spende tra 320 e 720
euro all'anno per bere acqua minerale.
L'impatto ambientale di questo consumo scriteriato è presto detto: l'Italia produce 12,4 miliardi di bottiglie l'anno consumando 655 tonnellate di petrolio, scaricando in aria 910 mila tonnellate di CO2 e (nella spazzatura) 200 mila tonnellate di plastiche,
il cui smaltimento è a carico degli enti locali, cioè dei cittadini. Inoltre, solo il 18% delle acque minerali imbottigliate viaggia su rotaia: significa che ogni anno 300 mila Tir fanno avanti e indietro per far aumentare i profitti stratosferici delle multinazionali
o delle aziende che imbottigliano un bene comune.
Buone pratiche in città
Il Comitato italiano per un Contratto mondiale dell'acqua dieci anni fa ha lanciato l'idea di ricostruire e riattivare nelle città «punti d'acqua pubblica» come momenti di riscoperta e socializzazione del bene più prezioso. Da eventi inizialmente simbolici,
oggi hanno preso corpo tre specifiche campagne che danno un prezioso contributo nella costruzione di un nuovo rapporto tra acqua e città.
1) L'etichetta dell'acqua del sindaco: si tratta di una campagna di sensibilizzazione per contrastare la tendenza a denigrare l'acqua del rubinetto, sottoscritta da diverse amministrazioni che hanno «sponsorizzato» la bontà della loro acqua, con il risultato
che oggi l'acqua del rubinetto, dopo anni, è riapparsa nelle mense scolastiche di diverse città (Roma, Firenze, Milano, Bologna, Perugia...).
2) Le Case dell'Acqua: diverse amministrazioni hanno reintrodotto punti di ristoro collettivi (in giardini, piazze, scuole e stazioni) per contrastare l'uso di acque minerali.
3) Le fontanelle pubbliche: la proposta di realizzare nuove fontanelle o erogatori di acqua pubblica (anche frizzante) è stata accolta da numerosi comuni italiani, che oggi offrono ai cittadini sorsate di prodotto gratis o a prezzi stracciati. Piccole gocce
di saggezza.
Meno minerale e più rubinetto
Gli italiani spendono di più per comprare acqua minerale che per acquistare vino. Dai dati forniti dall'Istat in occasione della Giornata mondiale dell'acqua, Coldiretti ha desunto che l'acquisto di minerale è la prima voce di spesa del bilancio familiare destinata
alle bevande (19,71 euro al mese per famiglia). Tra alcolici e analcolici, ogni famiglia italianaspende complessivamente 41,06 euro al mese. La minerale per la prima volta ha superato il vino per il quale le famiglie italiane spendono 12 euro mensili. Negli
ultimi 30 anni la spesa per il vino si è dimezzata, il consumo procapite è sceso a 40 litri per persona all'anno, per un totale di 20 milioni di ettolitri circa. L'uso della minerale è in calo mentre cresce il consumo dell'acqua del rubinetto (+1,2% negli
ultimi dieci anni). Secondo l'Istat la spesa media per famiglia per il servizio idrico integrato domestico (acquedotto, canone fognatura, canone di depurazione) si aggira intorno ai 270 euro all'anno. Una famiglia su dieci (10,8%) lamenta disservizi nell'erogazione.
L'Italia è come sempre divisa in due. Al sud le segnalazioni di inefficenze salgono al 18,7% (Calabria 33,4%, Sicilia 28,3%). Al nord si fermano al 5,8% delle famiglie. Conseguentemente al sud si spende di più per l'acqua minerale (20,34 al mese per famiglia
contro 18,75 euro spesi al nord). Il calo di consumo di minerale cresce tanto più aumenta la fiducia nei confronti dell'acqua del rubinetto. Il 32,8% delle famiglie ha almeno un componente che non si fida dell'acqua del rubinetto con punte là dove è peggiore
la situazione degli acquedotti (Sicilia, 64,2%, Calabria 52%). Le famiglie che acquistano minerale nel 2009 erano il 63,4%, mentre nel 2000 erano il 64,2%. La fiducia nel rubinetto però crolla quanto più aumentano i costi in bolletta. Rispetto al 2008 i rincari
medi si attestano al 6,7% (Viterbo +53,4%, Treviso +44,7%). Dal 2000 ad oggi, 80 capoluoghi su 115 hanno ritoccato la bolletta per un aumento totale del 64,4%.
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