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economia sostenibile: capire un nanotubo
- Subject: economia sostenibile: capire un nanotubo
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 30 Mar 2011 06:39:23 +0200
da greenreport.it
Capire un nanotubo per
un'economia sostenibile
4 marzo 2011 Gianfranco Bologna ROMA. Poco più di una settimana dopo dall'uscita del GER, il Green Economy Report del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) di cui ho parlato nella scorsa rubrica, il 9 marzo prossimo a Roma, presso Palazzo De Carolis (via del Corso, ingresso via Lata n.3) alle 10.30 Gunter Pauli, noto economista e imprenditore, tra i fautori dell'impatto zero, fondatore della Zeri Emissions Initiatives presso l'Università delle Nazioni Unite a Tokyo negli anni Ottanta-Novanta, terrà l'Aurelio Peccei Lecture 2011. Il tema della Lecture che è organizzata dal Wwf Italia e dalla Fondazione Aurelio Peccei (Club di Roma Italia) è quello del suo recentissimo libro "Blue Economy" di cui ho curato l'edizione italiana (pubblicata da Edizioni Ambiente) e del quale abbiamo già scritto in varie occasioni su queste pagine. Una critica che è stata sempre fatta all'impostazione che le Nazioni Unite hanno dato al lancio di una Green Economy Initiative sin dal 2008 e che tutta l'iniziativa è stata impostata con una forte accentuazione all'internalizzazione delle ben note esternalità ambientali (al trovare cioè meccanismi economici che consentano di far sì che il "costo" ambientale di qualsiasi iniziativa venga correttamente contabilizzato e tenuto in conto come componente di un costo complessivo e che non sia invece, "scaricato" liberamente sui sistemi naturali) e all'accentazione dell'ecoefficienza (fare cioè in modo che la produzione di beni e servizi preveda un minor input di energia e materie prime). Le motivazioni di questa critica sono abbastanza ovvie:
1. Non basta semplicemente incorporare i costi esterni scaturiti dai processi economici perché ciò non risolve il problema ma è necessario, in ogni caso, diminuire il nostro impatto, ridurre i flussi di materia e di energia nei nostri sistemi sociali, basarci su approcci innovativi di sufficienza: 2. L'ecoefficienza, e cioè fare lo stesso o di più (produzione di beni e servizi) con meno input di energia e materia, non basta, serve solo a guadagnare tempo; i "consumatori" stanno aumentando, oggi non sono solo i paesi ricchi dell'area OCSE ad avere potere di acquisto da alti livelli di consumo ma anche percentuali significative delle popolazioni di tanti altri paesi (Cina ed India, Brasile e Sud Africa, Indonesia e Messico ecc.) e la pressione esercitata sui sistemi naturali non fa che acuirsi, rendendo sempre più difficile garantire le loro capacità rigenerative e ricettive. E' evidente che siamo tutti consapevoli che le internalizzazioni e
l'ecoefficienza sono molto meglio di niente e che, quindi, nell'attuale sistema economico vadano promosse e perseguite ma è altrettanto evidente che la nostra prospettiva deve avere capacità di innovazione più significative e importanti e che è ormai ineludibile lavorare tutti, per cercare realmente di cambiare le basi sulle quali poggia il sistema economico attuale. In questo quadro una prospettiva quale quella riassunta da Gunter Pauli, diventa estremamente interessante e non è un caso che alla Blue Economy partecipino anche l'UNEP e l'IUCN, l'Unione Mondiale per la Conservazione che riunisce sia le organizzazioni non governative, tanti enti scientifici ed istituti di ricerca e rappresentanze istituzionali di tanti paesi del mondo (vedasi i siti www.blueeconomy.de e www.zeri.org) La prospettiva della Blue Economy è quella di
esplorare sempre di più le
possibilità, per i nostri modelli produttivi ed industriali, di imitare i processi ed i flussi della natura, la biomimetica. Ottenere importanti risultati in questo senso significa anche comprendere e oltrepassare le distorsioni che oggi esistono nei nostri sistemi economici. Ricorda molto opportunamente Pauli nel suo libro "Blue Economy" che oggi i laureati delle moderne facoltà di economia seguono l'assioma secondo cui ogni iniziativa deve essere sottoposta a una rigorosa analisi economico-finanziaria, producendo rapporti dettagliati e stabilendo precise strategie per aver successo e contrastare i maggiori concorrenti. Si formano gli amministratori delegati e i dirigenti d'azienda da cui ci si attende che operino entro campi ben determinati, rispettando chiari parametri per una buona riuscita. Se l'azienda non è competitiva non è economicamente valida. Garantirsi una quota di mercato significa che i clienti comprano ripetutamente un prodotto se offerto a una combinazione di qualità prezzo percepita come ideale. Ma una volta accettato, questo modello è restio al cambiamento e spesso ignora gli impatti negativi su ambiente e società. I limiti di questo approccio a volte possono anche allontanare i dirigenti dall'etica, distorcendo la morale. È incredibile come spesso le aziende concludano che "fare meno danno" equivalga a fare del bene. Negli ultimi cinquant'anni, i concetti di
principale attività aziendale e di
competenze distintive hanno dominato il mondo imprenditoriale. L'amministrazione aziendale avrà molte difficoltà ad accettare un nuovo approccio che esula dal suo campo principale di competenza. Inoltre, non si può introdurre sul mercato una nuova tecnologia basandosi solo sulle caratteristiche intrinseche e salienti di un'impresa. Gunter Pauli sottolinea che se anche si riuscisse a convincere un'azienda leader che una nuova tecnologia rappresenta un'opportunità per acquistare un vantaggio competitivo e relative quote di mercato, non c'è garanzia che si approverà lo sviluppo di tale tecnologia. Sono gli imprenditori che non appartengono ai cosiddetti leader di mercato ad avventurarsi più facilmente in questi nuovi campi. Grazie al cambiamento delle piattaforme tecnologiche e al bisogno di nuove competenze la società in fase di avviamento non ha bisogno di esperienza nel settore. Prendiamo in considerazione il pacemaker. Per 50
anni le irregolarità del
ritmo cardiaco sono state risolte con questo strumento impiantato chirurgicamente. Il pacemaker è alimentato da una batteria collocata vicino alla clavicola. A causa dei nostri attuali stili di vita molto stressanti, negli anni a venire, saranno necessari milioni di pacemaker, ognuno al costo minimo di 50.000 dollari. Mentre tutti si stanno concentrando a sviluppare batterie più efficienti, la soluzione di nuova generazione per regolare il ritmo cardiaco non avrà bisogno né di interventi chirurgici né di batterie, come Pauli dimostra nel volume. Il costo di questa nuova tecnologia chirurgica potrebbe essere di soli 500 dollari; il costo dei nanotubi è appena di qualche dollaro. L'introduzione di un conduttore con nanotubi che trasmettono la corrente dai tessuti sani alle zone colpite del cuore prende ispirazione dallo studio dei canali delle cellule che garantiscono la conduttività nel cuore delle balene. Un concetto non noto ai produttori di pacemaker. Nessuna azienda di tecnologia medica tradizionale ha le basi per lanciarsi in questa nuova attività. Questa innovazione ha bisogno di un conduttore, tubi di carbonio, capacità comunicative, fonti di energia naturale e progettazione di chip. Questa ristrutturazione implica un'enorme quantità di fattori sconosciuti ed è per questo che i leader di mercato sono restii a investire. Questa specie di "tecnologia dirompente" avrebbe inoltre bisogno di nuovo personale, componenti e programmazione aziendale simili alla creazione di un nuovo reparto produttivo. Ma la sfida più grande è rappresentata dal fatto che l'adozione di questo approccio innovativo potrebbe anche intaccare il proficuo flusso di introiti delle aziende che producono apparecchiature mediche. Chi si avventurerebbe in un nuovo campo,
soprattutto durante un periodo di
recessione? I giganti del settore come la Boston Scientific e la Medtronic non se la sentono di fare da pionieri. Se un importante dirigente d'azienda ha deciso di acquistare, pagandolo a caro prezzo, un dispositivo con un potenziale giro d'affari garantito e prodotto con una tecnologia comprovata e di successo, perché dovrebbe promuovere il finanziamento della ricerca o approvare un investimento che potrebbero comprometterlo? Chi favorirebbe il passaggio a questo metodo non chirurgico quando i ricavi generati saranno solo una frazione del flusso di denaro che ogni intervento chirurgico produce per l'intero sistema sanitario, compresi i chirurghi, gli anestesisti, le compagnie farmaceutiche e i produttori di batterie? La risposta è ovvia: nessuno che trae beneficio dal mercato attuale. Ecco perché tra i tanti obiettivi che dobbiamo
raggiungere vi è anche quello
di impostare le nuove soluzioni per il nostro futuro con un grande impegno di innovazione e di visioni, con una mentalità, come le definisce Pauli, "fuori dal coro". Impostare una nuova economia richiede visione,
impegno, coraggio e capacità di cambiamento non comuni. Ma dobbiamo farle emergere e promuoverle. |
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