ridisegnare la città



Herman Daly, UNO DEI MAGGIORI ECONOMISTI ECOLOGICI, É IL PADRE DELLA TEORIA DELLA SOSTENIBILITÀ

RIDISEGNARE LA CITTA?

DI ELENA COMEHI

La prima preoccupazione è logistica. Nel 2050 saremo oltre 9 miliardi, di cui l'8o% insediati nei centri urbani. Come faranno a funzionare le metropoli del futuro? Riusciranno ad accogliere i nuovi arrivati- senza scivolare nel caos, senza far saltare le regole della convivenza civile? Ma soprattutto, come faranno a contenere l'im-patto ambientale di questa trasfor-mazione epocale entro limiti accettabili? Le metropoli più lungimiranti hanno già definito una strategia preventiva, per non farsi travolgere dalla marca montante.
Prendiamo New York: nel 2030, secondo le stime attuali, avrà un milione di abitanti in più rispetto agli 8,2 milioni dell'inizio millennio, con un aumento di 75o mila po-sti di lavoro e un maggiore afflusso di turisti. Il sindaco Michael Bloomberg si è posto il problema già nel 2005 e ha interrogato i cittadini. La risposta è stata corale, raccolta in migliaia di sedute del consiglio comunale, delle assemblee di zona e di quartiere. Bisogna pianificare in anticipo, altrimenti la nuova ondata potrebbe trasformarsi in un incubo. Così è nato PlaNyc, il nuovo dipartimento comunale per disegnare la New York del futuro. L'obiettivo è già delineato. Bisogna creare 2Ó5mila alloggi in più per accomodare i nuovi abitanti, rendendo al tempo stesso più economico e sostenibile il tessuto residenziale esistente. Bisogna aggiungere capacità ai trasporti pubblici, soprattutto le linee di metropolitana e i treni leggeri per i pendolari per ridurre i tempi di percorrenza. Bisogna dare a ogni newyorkese una zona verde nel raggio di 10 minuti a piedi dal suo alloggio.
A questo fine, è stato modificato il piano regolatore, per concentrare i nuovi insediamenti nelle zone ben servite dalla metropolitana e consentire il risanamento di ìoomila alloggi già esistenti. «In questi tre anni e mezzo sono state completate 200 miglia di nuove piste ciclabili e pedonalizzate alcune aree del centro, è stata con verti-t;i all'ibrido un quarto  della flotta di taxi e potenziata la rete della me-tropolitana, sono stati piantati 32omila alberi e imposti obblighi stringenti per le nuove costruzioni, con l'obiettivo di ridurre le
emissioni di gas serra del 30% entro il 2030», spiega David Bra-gdon, il nuovo direttore di PlaNyc, approdato a City Hall dopo 10 anni in servizio a Portland, Oregon, la città più verde d'America. Sono stati riqualificati e aperti al pubblico ìli spazi ricreativi fino a ieri riservati alle scuole. Times Square, Herald Square e Madison Square sono diventate pedonali, nell'ambito di un progetto destinato ad allargarsi progressivamente.
L'impatto sulla vita dcgli abitanti è stato notevole. Oggi 1*84% dei newyorkesi vive a 10 minuti a piedi da un parco, l'8% in più rispetto a 3 anni fa. L'80% vive a 10 minuti di distanza da una fermata dei mezzi pubblici e salirà al 95% entro il 2030, secondo la tabella di marcia diPlaNyc. Il numero dei newyorkesi che vanno al lavoro in bicicletta è raddopp iato. E il consumo di elettricità procapite è diminuito per la prima volta nella storia.
Ma New York non diventa solo più grande, sta anche invecchiando. Le reti dell'acqua e dell'energia nel 2030 avranno un secolo di vita: la rete elettrica risale agli anni Venti e i due tunnel dell'acquedotto sono stati completati nel 1936. Il terzo tunnel, recentissimo, finalmente provvedere al backup del sistema in caso di emergenza. Il 70% delle centrali elettriche della metropoli, a sua volta, avrà più di5o anni nel 2030, con il relativo calo di efficienza: una centrale di più di 30 anni può consumare anche il doppio del combustibile rispetto a unapiù recente. Bisogna dunque rinnovare le reti, sostituire le centrali obsolete e trovare nuove fonti per coprire l'aumento della domanda. La sfida più ampia è disinnescare i rischi ambientali derivanti dalla crescitae dalle fragilità infrastrut-turali: è qui che si riallacciano tutti i fili della strategia complessiva diPlaNyc.
Il primo obiettivo, su questo fronte, è di ottenere l'aria più pulita fra le grandi città americane. Sono già stati fatti progressi su quasi tutti gli inquinanti, dagli os-
sidi di azoto alle Pm10 - che oggi rientrano nei limiti prescritti dall'Environmental protection agency - ma non sulle Pm2,5 e sull'ozono, che sforano regolarmente i valori di legge. Questi sono i due punti dolenti, che New York condivide con Los Angeles, Chicago, Houston e Washington, ma si sta impegnando a migliorare, con la riconversione all'ibrido delle sue auto gialle e con severe restrizioni sugli scuolabus.
Altro punto dolente sono i terreni contaminati: il comune ne ha censiti a decine, occupati da ex complessi industriali oggi in gran parte dismessi, per un'estensione complessiva di 700 ettari, e li sta bonificando uno a uno. Poi ci sono le vie d'acqua: già oggi sono più pulite di prima della rivoluzione industriale, ma il sindaco Bloomberg vuole fare di meglio. L'obiettivo è di aprirne il 90% all'utilizzo ricreativo dei newyorkesi, dal nuoto alla pesca, passando per il canottaggio. Le acque esterne sono già quasi tutte pulite, ma per le acque interne resta il problema degli sversi fognari insufficientemente depurati, oltre ad alcuni scarichi industriali. La prima mossa è stata di potenziare 114 impianti di depurazione. E sul lungo termine l'obiettivo è rivitalizzare le zone umide della città, che rappresentano un filtro naturale: ne sono rimaste solo 14 miglia quadrate, contro le 100 miglia dell'inizio del '900. Con la protezione di queste zone, Bloomberg vuole invertire il trend, che fino a oggi le ha viste progressivamente sparire dal territorio cittadino.
«Ora i principali punti da migliorare sono la rete dei trasporti pubblici, i consumi energetici e la raccolta differenziata dei rifiuti», si prefìgge Bragdon. La prossima sfida, che dal 2011 aggiungerà un capitolo nuovo a PlaNyc - oltre a territorio, acqua, trasporti, energia, aria e cambiamenti climatici -è la produzione locale di cibo». http://elenacomelli.novaioo.ilso-ie240re.com/