Il Ponte
e le mafie per la diplomazia USA
di Antonio Mazzeo
Il
Ponte sullo Stretto di Messina? Un grande affare per
le organizzazioni mafiose. Parola di uno dei
responsabili del corpo diplomatico statunitense in
Italia, J. Patrick Truhn, console generale a Napoli.
L’interesse criminale per la realizzazione della
megainfrastruttura che dovrebbe collegare stabilmente
la
Sicilia al continente è stato preso
in considerazione in due distinti dispacci inviati dal
diplomatico tra il giugno 2008 e il giugno 2009 e
adesso pubblicati dal sito di Wikileaks.
In maniera “strettamente confidenziale”, si tenta di
fare il punto sui maggiori business di mafia, camorra
e ‘ndrangheta e delle possibili azioni di contrasto.
Truhn ce la mette tutta nel tentare di comprendere le
odierne dinamiche criminali, ma complice forse il poco
rigore scientifico di alcune delle fonti “consultate”,
le analisi restano superficiali, incomplete e persino
inspiegabilmente omissive. Specie, appunto, sul
perverso intreccio Ponte e mafie.
È
il 15 giugno 2009 e mister Truhn invia un cablogramma
alla Segreteria di Stato, ai Dipartimenti del Tesoro e
della Giustizia, all’FBI, alla CIA, alla DEA, ai
consolati USA di Firenze e Milano, ai Comandi militari
della VI Flotta e USNAVEUR Napoli e alla Missione USA
presso la NATO. Titolo in oggetto, “Sicily: Regional Government in Turmoil while
the Mafia is down, but not out”. In
verità, più che il potere criminale in sé, a
preoccupare il diplomatico sono i problemi che i clan
potrebbero arrecare alla sicurezza dei militari e dei
civili statunitensi e agli affari delle grandi
corporation presenti in Sicilia.
“Quale sede di un’importante base dell’US Navy, nonché
luogo dove sono state scoperte di recente riserve di
gas e risiedono 17.000 cittadini statunitensi, il
futuro della Sicilia è di particolare interesse per
gli Stati Uniti d’America”, scrive Patrick Truhn. “La Sicilia
ospita la stazione aeronavale di Sigonella (la seconda
stazione aerea militare più importante in Europa);
diverse compagnie USA hanno importanti investimenti
diretti nell’isola, tra cui IBM, Wyeth ed
Exxon-Mobil”. C’è però un grande nemico dello sviluppo
economico da affrontare, avverte il diplomatico, “la Mafia,
che potrebbe essere la principale beneficiaria se il
ponte sullo Stretto di Messina, di cui si dibatte da
secoli, verrà eventualmente realizzato”. Il
diplomatico riserva un intero paragrafo alle trame tessute dalle organizzazioni
criminali. Il titolo è più che esplicito: “The Bridge to More Organized Crime”, il “Ponte
ad un crimine più organizzato”. “Berlusconi ha
annunciato la sua intenzione di rilanciare il ponte
sullo Stretto di Messina di cui si è parlato a
lungo, quale principale progetto di lavori pubblici
per creare posti di lavoro e potenziare le
infrastrutture della Sicilia”, scrive il console.
“Anche se i sondaggi indicano che il progetto gode
del diffuso sostegno in Calabria ed in Sicilia,
esiste un forte allarme che i contratti e i
sub-contratti finiscano per arricchire le Mafie di
ambedue le parti dello Stretto. Recentemente il
prefetto di Reggio
Calabria ha dichiarato al Console Generale
che la gara di appalto dovrebbe essere “blindata”,
ma che essa potrebbe essere mantenuta perfettamente
pulita. Tuttavia il prefetto di Messina ha ammesso
che il Ponte, che si suppone dovrebbe collegare la Sicilia
“insulare” alla “sviluppata” terraferma, potrebbe
avere alla fine l’effetto controproducente di
riportare indietro la Sicilia,
che ha fatto un lavoro migliore per contrastare il
crimine organizzato rispetto alla Calabria,
fisicamente e psicologicamente più vicina alla ‘Ndrangheta, il più
pericoloso consorzio criminale in Europa. Dati gli
infiniti ritardi che hanno tormentato la costruzione
dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, ancora non
completata dopo diversi decenni, il Ponte sullo
Stretto non sarà certamente costruito presto, e
servirà poco allo scopo senza massicci investimenti
a favore delle infrastrutture stradali e ferroviarie
di Sicilia e Calabria, dove esse sono di valore
scadente”.
Poca
fiducia, dunque, sulla portata strategica dell’opera,
a differenza di quanto invece espresso ufficialmente
dai Comandi militari USA in Italia. “Il Ponte sullo Stretto è
un progetto assai ambizioso, di cui si è discusso per
decenni”, si legge su Stars
and Stripes, l’autorevole quotidiano delle
forze armate. “La realizzazione richiederà
anni ma, una volta completato, il Ponte permetterà di
viaggiare tra le basi dell’US Navy di Sigonella e
Napoli più velocemente. Attualmente le auto devono
affidarsi alle navi per attraversare lo stretto che
separa la città siciliana di Messina dal continente”.
Mentre il console stigmatizza le gravi carenze delle
reti viarie del Sud Italia, le forze armate USA
sperano nel Ponte per “velocizzare” i collegamenti
stradali tra i due più importanti complessi militari
del Mediterraneo, la stazione aeronavale di Sigonella
e le basi di Napoli-Capodichino-Gaeta, veri e propri
trampolini di lancio per le operazioni di guerra in
Africa, Medio Oriente ed Afghanistan.
Agli
aspetti criminogeni del Ponte, J. Patrick Truhn aveva dedicato pure un passaggio del report
trasmesso il 6 giugno 2008, in cui veniva abbozzato
uno studio comparato delle organizzazioni criminali
operative nel Mezzogiorno. A ricevere il
cablogramma, insieme ai comandi delle forze armate
USA in Italia e alle agenzie d’intelligence di
Washington, c’erano stavolta i generali USAREUR
delle basi tedesche di Heidelberg e Vaihingen, il
comando dell’US Air Force di Ramstein e le
ambasciate USA a Bogotà (Colombia) e Kabul
(Afghanistan). Soffermandosi sui business “legali”
ed “illegali” e sulle modalità di riciclaggio del
crimine, il diplomatico sottolineava la propensione
della Mafia ad operare imprenditorialmente nel
settore delle opere pubbliche e dell’edilizia.
“Nel caso di Cosa Nostra, ad esempio, le
organizzazioni criminali utilizzano il denaro
proveniente da altre attività illegali come
l’estorsione per trasformare le società immobiliari in
monopoli sotto il controllo mafioso”, scrive Truhn.
“Grazie ad un sistema di rotazione programmata, a
tutte le società controllate dalla Mafia sono
garantiti contratti anche se esse offrono solo sconti
minimi; i profitti lucrativi permettono ai vincitori
degli appalti di distribuire tangenti più grandi alla
Mafia e ai politici corrotti e ai pubblici ufficiali
che li aiutano. Attraverso queste transazioni,
miliardi di euro provenienti dal governo centrale o
dai fondi per lo sviluppo dell’Unione europea sono
finiti nelle mani del crimine organizzato. Lorenzo
Diana, ex senatore ed ex capo dell’unità antimafia del
Partito democratico è certo che la maggior parte del
tracciato autostradale tra Napoli e Reggio Calabria è
stato costruito – utilizzando materiali e mezzi
scadenti – dai clan della Camorra e della
‘Ndrangheta”. Poi una pesante stoccata
alla megaopera che si vorrebbe realizzare tra Scilla
e Cariddi. “Secondo Vincenzo Macrì, viceprocuratore
antimafia, il progettato Ponte sullo Stretto di Messina è un’altra miniera
d’oro nell’orizzonte del crimine
organizzato. Anche se i gruppi criminali sarebbero
solo marginalmente coinvolti nella progettazione, la
fase realizzativa offrirà miliardi di euro in
contratti e sub-contratti per la costruzione, i
materiali, i servizi ed altro”.
Per
il console, dunque, il coinvolgimento criminale nella
fase progettuale sarebbe “marginale”. Una lettura
riduzionista, poco giustificabile alla luce delle
diverse inchieste che in nord America e in Italia
avevano individuato già nel 2004 il tentativo di una
delle maggiori organizzazioni mafiose transnazionali,
il clan Rizzuto di Montreal (Canada), di finanziare
con 6 milioni di dollari la progettazione ed
esecuzione dell’opera. I Rizzuto, grazie ad un
intermediario italo-canadese che aveva concorso alla
costruzione delle basi USA in Medio oriente, erano
persino entrati in contatto con il governo italiano,
con alcuni manager della Società Stretto di Messina e
con alcune società internazionali che hanno poi
partecipato alla gara d’appalto. Meglio nota come “The Sixth Family”, la famiglia Rizzuto
è stata legata ai grandi padrini del crimine USA,
personaggi tutt’altro che ignoti al mondo politico e
giudiziario degli States. Ma della spinosa connection
Ponte - mafie nord americane, l’“Operazione Brooklin”
secondo la definizione della procura di Roma, non c’è
traccia nei cablogrammi del consolato USA di Napoli.
Sulle
strategie di ’ndrangheta e mafia per accaparrarsi i
lavori del Ponte non ha parlato poi solo il giudice
Macrì. Altri magistrati, commissioni parlamentari
d’inchiesta, organi di polizia, servizi segreti,
studiosi ed esperti hanno infatti posto ripetutamente
l’accento sugli interessi criminali per l’opera. Tra
le dichiarazioni più allarmanti quella dell’allora
procuratore capo di Messina, Luigi Croce (oggi a
Palermo), che nel dicembre 2000 ipotizzava
“un’alleanza ancor più stretta tra Cosa Nostra e
’ndrangheta in vista della possibile costruzione
dell’infrastruttura, per cui la crisi delle
organizzazioni locali potrebbe semplicemente aprire la
strada a un’invasione da parte delle organizzazioni
mafiose esogene”. Nel luglio 2002, il magistrato
Alberto Cisterna, sostituto procuratore della
Direzione Nazionale Antimafia, aveva parlato di
“elementi concreti sotto il profilo investigativo per
affermare che la ’ndrangheta si sta preparando ad
approfittare dell’affare miliardario”. “Molte cosche
calabresi starebbero per entrare in cordate di impresa
che potranno avere parte negli appalti al momento in
cui saranno chiamate dal general contractor”,
aggiungeva Cisterna. “Tra queste, quelle che si
occupano di attività legate all’edilizia: gli Alvaro,
gli Iamonte, i Latella, i Libri, i Molè, gli Araniti,
i Garonfolo ma anche i Raso–Gullace–Albanese, i
Bellocco, i Serraino e i Rosmini, oltre alla potente
cosca dei Piromalli. Queste potrebbero comprare o
entrare in società pulite già costituite nel
Centronord e in particolar modo nei grandi distretti
industriali del nord Italia. Un modello
comportamentale aggiornato alle esigenze di una grande
opera infrastrutturale, che porterà le cosche a
trovare un accordo per guadagnare tutte del grande
affare”. Altrettanto grave l’allarme lanciato nel 2006
dal Presidente della Corte d’Appello di Messina: “è
concreta la prospettiva di una recrudescenza, ancora
più cruenta che per il passato, del fenomeno mafioso
nel caso maturino condizioni ad esso particolarmente
favorevoli, come nella ipotesi di effettiva
realizzazione del ponte sullo Stretto, data la
prevedibile convergenza, su entrambe le sponde, di
agguerrite avanguardie della mafia siciliana e della
’ndrangheta calabrese…”.
Allarmi
sino ad oggi del tutto inascoltati. “Il Ponte s’ha da
fare!” è l’ordine dei padrini e dei signori
dell’acciaio e del cemento. E se a realizzare il Ponte
ci dovesse poi essere la mafia, “benvenga la mafia!”,
come ebbe a dire incautamente nel corso di una
popolare trasmissione televisiva l’allora presidente
della “Stretto di Messina Spa”.
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