La Gazzetta del Mezzogiorno, sabato 11 dicembre 2010
Giorgio Nebbia nebbia at quipo.it
L'Italia ha ottomila
chilometri di coste: la metà circa di queste coste è costituita da spiagge
sottili, coperte di sabbia o piccoli ciottoli, l'altra metà è costituita da
coste rocciose. Le spiagge hanno un grande valore estetico ed economico, sono
belle e attraggono le persone che vogliono fare il bagno o prendere il Sole.
Davanti alle spiagge il livello del mare degrada lentamente per cui possono fare
il bagno anche quelli che non sono esperti nuotatori; per questo le spiagge sono
così frequentate da persone di tutte le età. Purtroppo quasi tutte le spiagge,
di anno in anno, si accorciano, come se ci fosse uno spirito maligno. Non colpa
della forza delle onde, che più o meno è sempre uguale ogni anno, e non sono
neanche le forze del mare che, anche quando è tranquillo, fa scorrere grandi
masse di acqua parallelamente alle coste, spostando la sabbia del fondo da un
posto all'altro.
Nel corso del Novecento l'Italia, rispetto ad una
superficie totale di circa 300.000 chilometri quadrati, ha perduto da 200 a 400
chilometri quadrati di coste sabbiose, si è "ristretta", di un millesimo della
sua superficie. Questo restringimento della superficie italiana, più rapido da
un ventennio a questa parte, sta preoccupando amministratori pubblici e
operatori turistici. La Puglia, questa penisola con circa settecento chilometri
di coste, esposte al mare da tutte e due le parti, e la Basilicata, vedono
sparire spiagge e crollare edifici costieri e pezzi di strade. Sarà anche un po'
colpa dei cambiamenti climatici ma ci deve pur essere qualche altra ragione per
questa perdita di ricchezza ecologica e economica.
Le ragioni
dell'erosione sono abbastanza note: la spiaggia sabbiosa nasce da un insieme di
azioni fisiche e geologiche ed assume un volto mutevole nel tempo, ospita
vegetazione e molte forme di vita, e rappresenta un ecosistema di grande
interesse naturalistico. La spiaggia, in quanto interfaccia fra mare e terra, è
molto bella e attrae il turismo e quindi ha un grande valore anche "economico".
Nell'uso delle spiagge a fini ricreativi l'intervento umano apporta inevitabili
modificazioni che possono compromettere la stabilità di tale ecosistema.
Dapprima si insediano delle cabine con gli ombrelloni, poi le cabine
diventano di cemento e si trasformano in palazzine, poi nascono ristoranti e
alberghi e per raggiungere la spiaggia e i ristoranti e i nuovi edifici bisogna
realizzare strade per le automobili e piazzole di sosta e porticcioli turistici,
spianando le dune, quelle ondulazioni sabbiose formate ad opera del vento e del
moto ondoso che garantiscono la sopravvivenza della spiaggia. In questa
operazione viene distrutta la vegetazione spontanea, che la natura ha
predisposto proprio a difesa della costa. Se su una costa si interviene creando
ostacoli stabili, come la diga di un porto, il movimento delle acque viene
frenato e le sabbie si accumulano da una parte della diga e vengono asportate
dalla parte opposta. Molti porti o porticcioli turistici, insediati nel posto
sbagliato, ben presto si riempiono della sabbia asportata dalle coste vicine, e
così si spendono soldi per svuotare i porti dai depositi e si spendono soldi per
ricostruire le spiagge erose.
La conseguenza delle presenze umane
invadenti ed esigenti, per ragioni "economiche" a breve termine, è la graduale
scomparsa delle spiagge e delle coste, cioè della base naturale di tale maniera
di intendere l'economia. Particolarmente delicate sono le coste sabbiose che
offrono, a chi le vuole guardare, innumerevoli sorprese. La sabbia che troviamo
in riva al mare è un insieme di granuli, aventi diametro variabile fra sei
centesimi di millimetri fino a due millimetri, che nel corso di millenni le
acque hanno trasportato dall'interno delle terre emerse fino al mare. La forza
di urto dell'acqua delle piogge disgrega le rocce delle montagne e colline; i
frammenti, rotolando verso valle, si frantumano in pezzetti sempre più piccoli
che vanno a creare l'alveo dei fiumi, le pianure alluvionali, e le parti più
"leggere" di tali frammenti arrivano fino al mare depositandosi sulle
coste.
Chi guarda sulla spiaggia, l'insieme dei granuli di sabbia vede
facilmente come essi siano diversi e tale osservazione potrebbe permettere la
ricostruzione della storia naturale di ciascun granulo. I principali costituenti
delle sabbie sono materiali calcarei o silicei, spesso miscelati a seconda del
percorso dei fiumi o delle direzioni del vento che li ha trasportati; talvolta
si incontrano sabbie di cui è facile riconoscere l'origine sapendo quali rocce
sono state attraversate dai fiumi che hanno trasportato la sabbia al mare. Si
può quasi dire che i granuli di sabbia "parlano", raccontano la propria storia:
i granuli scintillanti di quarzo vengono da rocce granitiche; su alcune coste,
quelle laziali e quella di Manfredonia, si trovano sabbie contenenti magnetite i
cui cristalli vengono attratti da una calamita. Durante l'autarchia fascista
qualche bella mente aveva proposto di recuperare ferro da tali sabbie.
Oltre agli interventi "economici" direttamente sulle spiagge, che
alterano il ricambio delle sabbie portate dal mare, l'altra importante causa
dell'arretramento delle spiagge è rappresentata dagli interventi sui fiumi, come
la creazione di sbarramenti artificiali che trattengono le sabbie e ne
impediscono l'arrivo sulla costa, o l'escavazione dal greto dei fiumi della
sabbia occorrente per le costruzioni di edifici e strade o per la produzione di
materiali industriali. Grandi sforzi di cervelli e di soldi vengono investiti
per cercare di frenare l'erosione delle spiagge o, meglio, di ricostruire le
spiagge mediante "ripascimento". I principali tentativi consistono nella
creazione di barriere artificiali nel mare per frenare la parte dell'erosione
che è dovuta al moto ondoso.
Talvolta le barriere vengono create
depositando mucchi di grosse pietre paralleli alla costa; chi percorre in treno
la costa adriatica da Foggia a Rimini vede numerosi esempi di tali barriere che
non creano nuove spiagge, ma spostano un po' di sabbia da una parte all'altra
della costa. Altri hanno proposto delle barriere sommerse, parallele alla costa
a qualche diecina di metri dalla riva; per tali barriere alcuni hanno proposto
di riempire dei sacchi di plastica con ciottoli e pietrisco, con l'effetto che
il mare ha stracciato i sacchi di plastica e la spiaggia ha continuati ad
arretrare, con i ciottoli sparsi sul fondo del mare. Altri hanno proposto delle
barriere di massi di pietra perpendicolari alla costa, con l'effetto che la
spiaggia è cresciuta da un lato delle barriere a spese della spiaggia dalla
parte opposta. Non penso che l'ingegneria idraulica aiuti gran che.
Forse
la vera soluzione sarebbe una svolta nella politica degli insediamenti. Nel 1985
fu emanata una legge, che porta il nome dello storico Giuseppe Galasso
(sottosegretario ai beni culturali nel I e II governo Craxi) che ha fissato un
divieto di costruzioni entro una fascia di trecento metri dalla riva del mare e
dei fiumi. Guardatevi in giro e osservate come questa legge è stata
sistematicamente violata; non possiamo allora lamentarci se l'Italia si
restringe, con l'assalto edilizio delle coste che c'è stato sempre più arrogante
e sempre più condonato.