Le centrali
nucleari cosiddette “di terza generazione” (EPR) --- il govefrno
italiano ne vorrebbe costfruire quettro in Italia --- hanno una potenza
di circa 1600 megawatt ciascuna; ne esistono due, una finlandese ad
Olkiluoto, a metà del suo cammino costruttivo, una in Francia a
Flamanville, che dovrebbe essere completata entro alcuni anni.
Si tratta di
centrali che producono elettricità col calore che si libera in seguito
alla fissione, mediante urto di neutroni, rallentati per passaggio
attraverso acqua, dei nuclei di uranio-235 con formazione di vari
sottoprodotti fra cui plutonio e numerosi nuclei più piccoli, tutti
radioattivi. Il calore che si libera viene trasferito ad una massa di
acqua sotto pressione a circa 150 atmosfere e circa 300 gradi che
circola in un circuito “primario” di tubazioni, e viene poi trasferito
ad altra acqua (circuito “secondario”) che si trasforma a sua volta in
vapore e fa girare le turbine del generatore di elettricità. Un flusso
di acqua di raffreddamento (circa 70 metri cubi al secondo) trasforma
di nuovo il vapore in uscita dalle turbine in acqua liquida che torna
nella caldaia del circuito secondario. In queste centrali l’acqua del
circuito primario del reattore, radioattiva, non viene a contatto con
l’acqua del circuito secondario.
I reattori di terza
generazione scoppiano come quello di Chernobyl ? Quasi certamente no
perché sono circondati da un doppio involucro di protezione di cemento
armato e sono dotati di speciali accorgimenti di raccolta del fluido
del reattore, nel caso si verificasse una frattura nella zona
contenente la radioattività.
Dove potrebbero
essere messi ? Già le poche cose dette indicano che il reattore, il
circuito delle turbine, gli impianti di presa e di circolazione
dell’acqua di raffreddamento, sono grosse strutture, del volume di
circa un milione di metri cubi, che contengono una massa di cemento,
acciaio e materiali vari di circa un milione di tonnellate. La centrale
deve essere installata in una zona dove è disponibile molta acqua di
raffreddamento (dato lo stato e la portata dei nostri fiumi, l’unica
soluzione è data dall’uso dell’acqua di mare), su suolo geologicamente
stabile e senza rischi di terremoti: i due reattori in costruzione,
quello finlandese e quello francese, sono in due promontori di rocce
granitiche in riva al mare.
L’eventuale
centrale dovrebbe essere vicino ad un grande porto perché una parte dei
macchinari deve essere importato via mare; il contenitore del reattore
finlandese è stato costruito in Giappone. Qui comincia il lavoro degli
analisti del territorio; si tratta di percorrere le coste italiane e
vedere se si trova una zona adatta per una o per “il gruppo” di
centrali annunciate. Ci sono naturalmente molti altri vincoli; ai tempi
della precedente avventura nucleare italiana, dal 1975 al 1986, sono
state fatte numerose indagini territoriali e fu elaborata una “carta
dei siti” ritenuti idonei alla localizzazione delle (quattro) centrali
nucleari allora previste, che erano più piccole e con minori vincoli di
localizzazione. Allora le norme internazionali indicavano la necessità
di avere, intorno alle centrali nucleari, una zona di rispetto del
raggio di circa 15 chilometri nella quale non dovevano trovarsi città o
paesi, strade di grande comunicazione e ferrovie, aeroporti, impianti
industriali, depositi di esplosivi, installazioni militari.
La varie località
proposte, in Piemonte, a San Benedetto Po in Lombardia, ad Avetrana in
Puglia dovettero essere scartate dopo indagini territoriali più
accurate, e l’idea di costruire centrali nucleari in Italia fu
finalmente abbandonata dopo la catastrofe al reattore di Chernobyl.
Anche se la, o le,
localizzazioni delle nuove centrali saranno coperte dal segreto di
Stato, ci sarà pure un giorno in cui i cittadini di una qualche zona
d’Italia vedranno arrivare sonde e geologi e ruspe e recinzioni e gli
amministratori locali dovranno fare i conti con autorizzazioni e
espropri. Sarà quello il tempo in cui gli abitanti delle zone
interessate vorranno interrogarsi su quello che sta succedendo, sulla
propria sicurezza futura, sul destino delle acque sotterranee e delle
spiagge e coste.
Non sarà il segreto
o il controllo militare a impedire ai cittadini di informarsi, di
leggere le carte geologiche e la frequenza dei terremoti, le norme
internazionali di sicurezza delle centrali. A parte il fatto che le
centrali nucleari non producono energia a costi competitivi e che è
irrisolto il problema dello smaltimento delle scorie radioattive,
apparirà allora che non c’è neanche nessun posto in cui insediarle, nel
rispetto dell’ambiente, in un paese come il nostro geologicamente
fragile, esposto a terremoti e frane, con coste già sovraffollate,
spiagge erose e mari inquinati.